80 ANNI DALLA AGGRESSIONE ALLA JUGOSLAVIA

di FRANCESCA MEGNA

Il prossimo 6 aprile ricorreranno 80 anni dalla aggressione alla Jugoslavia. Armate italiane, tedesche, bulgare e ungheresi invasero un pacifico paese e in pochi giorni  lo occuparono militarmente. I tedeschi  proseguirono attaccando anche la Grecia togliendo così gli italiani da una situazione drammatica conseguenza  della bruciante  sconfitta riportata  nel tentativo di invadere quel paese.

Ricordare questi avvenimenti non significa solo non perdere memoria delle  politiche  di aggressione perseguite nei vari anni dal regime fascista e dal suo alleato nazista ma significa anche  ricordare  la  repressione e  le rappresaglia da parte degli occupanti contro  le popolazioni locali.

È bene ricordare che l’aggressione e la conquista della repubblica balcanica  venne operata delle forze dell’Asse  per  motivi di  espansione territoriale con l’obbiettivo di depredare quel paese delle risorse naturali  necessarie ai vari fronti di guerra. Infatti i tedeschi, in quel periodo, dopo aver invaso mezza Europa e continuando, insieme agli italiani, la guerra all’Inghilterra stavano preparando per il successivo  mese  di giugno l’operazione “Barbarossa” cioè l’attacco alla Unione Sovietica.

Con l’occupazione   la Jugoslavia venne divisa tra le forze occupanti salvo la Serbia  affidata dai tedeschi   al generale collaborazionista   Milan Nedic  e  le attuali  Croazia e Bosnia-Erzegovina che  vennero assegnate al  governo fantoccio degli Ustascia guidati dal fanatico fascista Ante Pavelic.   L’Italia occupo vaste zone del paese dove   iniziò una forzata “italianizzazione”  con esodi imposti ad  intere popolazioni slave, con distruzioni di villaggi, con campi di concentramento e con azioni di repressione che causarono migliaia di morti tra i civili. In tale contesto  è bene ricordare una lettera di Mussolini ai soldati della forza di occupazione  italiana in cui tra l’altro si afferma: “  So che a casa siete dei buoni padri di famiglia ma qui non sarete mai abbastanza  ladri, stupratori, assassini.”

Nel marzo del 1942 fino al febbraio del 1943 il comando delle truppe di occupazione italiane venne assunto dal generale Mario Roatta il quale diramò la famigerata circolare 3C con la quale si pianificarono misure di controguerriglia che equivalsero ad una dichiarazione di guerra  contro la popolazione civile. Tale circolare fu equivalente a quelle adottate dai tedeschi nei territori da loro occupati.   L’ordine era  la sua     applicazione “ senza falsa pietà” e di utilizzare  il criterio non del “dente per dente” ma del “testa per dente”. Roatta, per le sue disposizioni, venne soprannominato degli slavi la “ bestia nera” per i crimini che tale disposizione rese possibili. Nella richiesta di estradizione fatta del Governo Jugoslavo nel dopoguerra Roatta fu considerato il principale  responsabile della fucilazione di 1.000 ostaggi, dell’uccisione di 8.000 persone, dell’incendio di 3.000 case, dell’internamento  di 35.000  persone, della distruzione di 800 villaggi, per la morte per fame  nel campo di concentramento di Arbe di 4.500  internati.

 In questo contesto anche   la resistenza armata contro gli occupanti divenne  ancora più dura  e crudele . Tra le forze partigiane  i comunisti di Tito furono tra i più attivi ed organizzati e la loro lotta più volte mise in difficoltà i tedeschi e gli italiani al punto che interi  settori del paese vennero liberati. Gli scontri tra le parti furono furiosi e privi di ogni umana pietà. Anche tra i partigiani Jugoslavi nei confronti di prigionieri si perpetrarono brutalità, eccidi, torture. Si infierì  sui caduti anche attraverso mutilazioni e sfregi.

Fu in questo clima di odio e di sopraffazione   che venne condotta la guerra nella Jugoslavia e maturarono le azioni drammatiche degli anni successivi cioè del dopo 8 settembre del 1943, con l’armistizio e la disgregazione dell’esercito italiano e l’occupazione tedesca dell’intero paese comprese parti del territorio italiano. Poi nel 1945 quando l’esercito titino cacciò i nazisti e  occupò Trieste.  Soprattutto in quei periodo e non solo dopo l’8 settembre  si verificarono fatti drammatici che portarono all’uccisione di molti italiani, al terribile uso delle foibe  e, successivamente, all’esodo di circa 300.000 cittadini sloveni di lingua italiana.

E’ trascorso  quasi un secolo da quegli avvenimenti, dopo tentativi in parte riusciti di oscurare  quei terribili avvenimenti, oggi finalmente si comincia a discuterne e a rendere omaggio tutte le vittime di quei  drammi. Incontri ufficiali tra rappresentanti del nostro paese e autorità della Slovenia esprimono da una parte una  adeguata attenzione a riscontri oggettivi di fatti e situazioni e al tempo stesso una tensione  politica e morale per ricordare quanto  accaduto affinchè non  debba  più accadere.

Con l’istituzione della  “Giornata del Ricordo” nel 2014  il presidente Adelio Ciampi che la legge promulgò   si volle tributare un riconoscimento alle vittime italiane di quel periodo. È una legge importante che forse è arrivata  in ritardo ma comunque utile e necessaria sempre che non si utilizzi  a  speculazioni politiche di parte.

Infatti mentre da parte degli antifascisti si sta superando una imbarazzante  ritrosia a parlare di  ciò, infatti l’Anpi partecipa alle manifestazioni del 10 febbraio, in alcuni settori della destra  si cerca di fare di quella data, il 10 febbraio, una sorta di “contro 25 aprile”:

Ciò è storicamente ed eticamente  sbagliato. il 25 aprile segna la sconfitta del nazifascismo e la liberazione dell’Italia  alla quale le forze partigiane diedero un forte contributo. La” giornata del ricordo” rende il doveroso omaggio a tanti italiani vittime degli accessi dei partigiani Jugoslavi che nonostante i drammi  ed errori e in molti casi gli orrori combatterono per la liberazione del loro paese.

Ricordare quelle vittime e l’esodo di  tanti italiani molti dei quali abitavano quelle terre da generazioni  desta un sentimento   di compassione e di solidarietà;  dimenticare che l’origine di quei drammi va ricondotto   a quel 6 aprile  1941 cioè all’invasione italiana di quelle terre ed in generale dalla politica imperialistica del regime mussoliniano risulta essere solo un tentativo propagandistico di rimuovere la storia e di distorcerla nelle   sue complesse  implicazioni.

Al tempo stesso ricordare  i drammi causati in Jugoslavia dall’occupazione italiana è un dovere determinato dalla consapevolezza di ciò di cui ci siamo resi colpevoli e che non vogliamo tornare ad essere mai più.   

FRANCESCA MEGNA

foto di copertina: fonte wikipedia