ASSOLUZIONE PER ALEX SCHWAZER

di STEFANO CERVARELLI

Dal 18 febbraio Alex Schwazer è libero. Libero di alzare la testa, libero di guardare i suoi figli negli occhi.

Il gip di Bolzano Walter Pellino, infatti, con una lunga, dettagliata  ordinanza di archiviazione, “assolto per non aver commesso il fatto” lo ha scagionato dalla pesante accusa di aver fatto uso di sostanze dopanti, e con lui viene riabilitato il suo allenatore Sandro Donati particolarmente preso di mira dai capi dell’atletica mondiale per le sue continue denunce di oscure manovre.

Ma non solo, nelle 87 pagine dell’ordinanza il giudice non tralascia di lanciare, come poi vedremo, pesanti accuse sia alla IAAF che al Wada, denunciando il loro comportamento chiaramente finalizzato a gettare discredito sul nostro campione, tant’è che si è riservato di aprire un procedimento allo scopo di far luce su quanto realmente accaduto.

In precedenti scritti avevo auspicato, intravedendone i motivi, il riconoscimento dell’innocenza di Schwazer, davanti alla giustizia penale, mentre purtroppo per quella sportiva ritengo che i margini di assoluzione siano abbastanza stretti. E‘ chiaro quindi, che grande è la mia soddisfazione, al pari di quella, mi auguro, di tutti gli italiani, nell’apprendere la sentenza assolutoria del Gip del tribunale di Bolzano.

Una sentenza, dunque, che scagiona il nostro atleta da una accusa che aveva gettato discredito su di lui e il suo allenatore Sandro Donati.

La storia è notoria  ed è una storia che sebbene si sia risolta positivamente, escludendo ogni reato penale, lascia ugualmente l’amaro in bocca dato che ad Alex Schwazer gli anni persi, non gli restituirà nessuno, né tantomeno le vittorie che certo non sarebbero mancate né le borse di studio che avrebbe ricevuto sia dal CONI che dalla Federazione, oltre alla restituzione delle medaglie vinte.

 Ma ancor più lascia l’amaro in bocca perché a fronte di un’assoluzione ribadisco importante nella vita di una persona, come quella penale, rimane in piedi l’accusa sportiva che essendo già stata confermata in terzo grado difficilmente permetterà al nostro campione di partecipare alle prossime Olimpiadi di Tokio, sempre che si svolgano. Bisognerà vedere come e con quali mezzi a disposizione si muoveranno CONI e FIDAL. Resta l’amaro in bocca, infine,  tutto ciò è la conseguenza di una delle più grandi porcate della storia dello sport.

Una porcata che ha stroncato la carriera di un atleta esponendolo per lunghi cinque anni al discredito dei colpevolisti, rovinandone, oltre l’immagine,  la vita personale, fino nei suoi affetti più intimi, mettendo in dubbio la sua onorabilità fino al momento della sentenza d’assoluzione: ma dopo cinque lunghi infernali anni, vissuti con il conforto di avere accanto un tecnico, Sandro Donati, che ha creduto sempre in lui, spronandolo ad allenarsi per farsi trovare pronto al giorno in cui sarebbe emersa la verità. 

E  quel giorno è arrivato: il 18 Febbraio 2021.

Ma come e perché è cominciata  questa storia?

Dobbiamo risalire alle Olimpiadi di Londra 2012 allorché durante un controllo antidoping, Schwazer venne trovato positivo.

L’atleta ammise la sua colpa e venne squalificato per tre anni.

Certo ha sbagliato, ma perché doparsi, può chiedere qualcuno? Questo lo vedremo dopo.

Alex sconta la sua pena e continua ad allenarsi, confidando nel rientro alle gare e avendo ben presente un obiettivo: le Olimpiadi di Rio di Janeiro. Si avvicina a don Ciotti e nel 2015 sceglie come allenatore Sandro Donati, tecnico famoso per le sue battaglie contro il doping che aveva dedicato la sua vita a svergognare l’uso chimico nello sport, denunciando allo stesso tempo le malefatte dei dirigenti  preposti alla guida dell’atletica mondiale. 

L’atleta azzurro torna  in forma e riprende a marciare più forte degli altri tanto da vincere- ecco, detto in  senso ironico la sua grande colpa-una prova di selezione per le Olimpiadi di Rio  proiettando così la sua ombra sulla conquista della medaglia d’oro.

Ai vertici dell’atletismo mondiale questo non piace. I guardiani del “puro” della ortodossia sportiva  non possono permettere che un ex dopato, per giunta riconosciutosi tale, possa infangare  la nobiltà dell’alloro olimpico, la sua presenza, ma ancor più la sua probabile vittoria, risulterebbero imbarazzanti  per il membro del comitato olimpico incaricato a dargli la medaglia di campione olimpico; “no, non si può, quell’italiano va fermato, ne va del nostro prestigio. E come?  Volete che non troviamo il modo? Non dimentichiamoci che i dirigenti delle agenzie antidoping sono nostri amici……..e poi. E poi non è stato lui a testimoniare contro due medici federali accusati di aver indirizzato due atleti a doparsi?” (Medici condannati in  primo grado, ma poi, assolti in appello, dopo, guarda caso, il pronunciamento di condanna nei confronti di Alex, che ovviamente screditava la sua precedente testimonianza).

Detto fatto, parte la macchina che doveva stritolare il nostro marciatore.

Primo gennaio 2016 le Olimpiadi brasiliane sono vicine…… e in un controllo antidoping Alex viene trovato positivo al testosterone.

Niente giochi, è recidivo, squalifica dura, pesante, il tribunale dello sport di Losanna accoglie infatti la richiesta della IAAF  ed infligge all’azzurro  otto anni di squalifica ( fino al 2024 ) che in pratica vogliono dire fine della carriera.

Inizia la sua Via Crucis con sulle spalle l’accusa infamante di un reato mai commesso; combatte la sua battaglia, si proclama vigorosamente innocente, grida al complotto, alla congiura, non ci sta a vivere il ruolo, devastante, di atleta dopato, di uomo traditore, che ha ingannato tutti;  è pienamente  convinto  della propria innocenza. Chiama a correo tutto il marcio esistente nella marcia, e si mette alla guida della lotta al doping.

A  suo carico, non poteva essere diversamente, viene aperto un procedimento penale. ” No, non è possibile,” dice “ è tutto  un incubo ,volete la mia carriera, prendetevela, ma la mia vita no! Davanti ai miei figli non devo abbassare la testa, non devo vergognarmi!”.

Prima di arrivare nella ricostruzione dei fatti, ala parte “più  avvincente” voglio rispondere all’interrogativo riguardante il perché Alex si sia  dopato in occasione di Londra 2012; la spiegazione può essere vista in modi distinti e contradditori  può certo non piacere, ma è fuor di dubbio che apre ad un discorso molto interessante che non si può affrontare in questo scritto.

La risposta è quasi innocente nella sua semplice razionalità: per reggere il ritmo dei marciatori russi che poi  si scoprirà essere più dopati di lui, pratica svolta con la benevolenza di un Presidente  mondiale dell’atletica  finito poi in carcere per corruzione e con la complicità di un dirigente dell’antidoping “ custode” di sostanziose mazzette.

Una risposta-spiegazione che come dicevo prima apre il campo a svariati argomenti di conversazione.

Ma torniamo alla storia di  Alex, dove siamo giunti al capitolo prove.

Nell’ordinanza del Gip che dispone l’archiviazione, si  legge testualmente:”…Si ritiene accertato con alto grado di credibilità razionale che i campioni di urina prelevati ad Alex Schwazer il primo gennaio 2016 siano stati alterati allo scopo di farli risultare positivi e dunque ottenere la squalifica e il discredito dell’atleta come pure del suo allenatore Sandro Donati…” inoltre la sentenza, oltre a lamentare la scarsa collaborazione di WADA e IAAF sottolinea, come dicevo all’inizio,  il comportamento ambiguo tenuto dalle due istituzioni:….”Siamo in presenza di un castello di carte costruito per ingannare.”. Ancora “…. Si sono costruite prove e documenti falsi per insabbiare il fatto che il campione di urine era stato manipolato per farlo risultare positivo alla presenza di testosterone…”.

Infatti, i campioni non erano né anonimi, né sigillati e sarebbero rimasti nel laboratorio di Colonia per alcune ore alla portata di tutti. Inoltre, sarebbe stato trovato nelle urine un livello altissimo di testosterone anomalo  anche in una persona di sana robusta ed forte costituzione, come può essere quella di un atleta , un livello che solo Superman o l’incredibile  Hulk    potevano avere.

Ma non è finita: c’è prova dell’esistenza di mail hackerata  di Fancy Bear, un gruppo di hacker russi, tra cui il capo dell’antidoping IAAF e il legale della Federatletica, dove si parla espressamente di complotto verso A.S. di cui il laboratorio di Colonia è a conoscenza.

Insomma, Alex è stato vittima di   un complotto architettato ad alti livelli del sistema sportivo mondiale  che oltre a lui voleva anche colpire il suo allenatore colpevole, a sua volta, di essere la persona che più di tutti nel nostro paese si è spesa per la lotta al doping.

A questo punto c’è d vedere, come dicevo, cosa potranno fare e come potranno muoversi CONI e FIDAL, il cui sostegno all’atleta azzurro non  è mai mancato, affinché Alex possa tornare a gareggiare.  La durezza con la quale Wada e Word Athletic (ex IAAF) hanno risposto alla  sentenza  lascia pensare che sarà una battaglia molto dura.

Il punto di svolta, il nodo, rimane sempre quello: quanto confinano  giustizia ordinaria e giustizia sportiva?

Secondo me non molto. Ci sono stati altri casi in cui si sono prese strade diverse, dove una va da una parte e una dall’altra. Dimezzo c’è l’onore della prova che nella giustizia sportiva viene ribaltata. Ma se il buon giorno si vede  dal mattino…la Word Athletic ha già espresso la sua intenzione di rifiutare ogni “intento di minare o annullare la decisione del TAS. Schwazer rimane inibito da ogni gara fino al 2024.” Strada verso Tokio dunque sbarrata? Di certo l’ordinanza del tribunale di Bolzano  con i suoi pesanti contenuti non potrà essere facilmente liquidata.

Staremo a vedere.

Concludo con un pensiero, fra i tanti, di Sandro Donati, che esprime la situazione morale in cui si sono venuti a trovare lui ed Alex.

“Ci siamo sentiti come quella donna che, dopo essere stata stuprata, viene nuovamente stuprata con le occhiate. I mezzi sorrisi, le frasi ambigue. Sensazione orribile”.

STEFANO CERVARELLI