LA LEALTA’ NELLO SPORT SECONDO PAPA FRANCESCO

di STEFANO CERVARELLI

Nelle intenzioni della dirigenza della Gazzetta dello Sport  era forte l’idea, la tentazione  quasi timorosa, di proporre al Papa un lavoro organico sullo sport, un’intervista strutturata in modo tale da organizzare e approfondire a tal proposito il pensiero  del Santo Padre, già peraltro espresso nel corso di molti incontri.

Un obiettivo che se, a prima  vista, poteva sembrare già presuntuoso, ne conteneva un altro ancora più ambizioso: fare sì che le riflessioni di Francesco sullo sport divenissero un passaggio importante, quasi una metafora, del suo apostolato. Il Papa, con l’entusiasmo che lo contraddistingue, ha accettato di buon grado  questa idea, non mancando di  fare arrivare il suo personale contributo al lavoro. L’obiettivo è stato raggiunto  grazie anche al contributo di don  Marco Pozza, teologo-sportivo. Con  lui sono state definite le 30 domande dell’intervista .

 Sette di queste, che possono essere considerate  parole-chiave, fissano  il pensiero di Papa Francesco;   sono: lealtà, impegno, sacrificio, inclusione (contro la cultura degli scarti ), spirito di gruppo (fare squadra) ascesi, riscatto e costituiscono la base di quella che è stata ritenuta la prima Enciclica  sullo sport.

 In questo, come nei prossimi articoli, riporterò (approfondiremo) una parola-chiave alla volta;  al  testo integrale  del  Santo Padre seguirà un breve riassunto del commento di don Marco Pozza, questo  senza aggiungere niente di personale che possa essere una ripetizione  e quindi appesantire il discorso e poi perché credo che non ci sia nulla da aggiungere che possa contribuire alla  chiarezza del  pensiero del Papa.

La prima di queste parole è LEALTA’.

Lo sport è lealtà e rispetto delle regole. Anche lotta alle scorciatoie, lotta al doping.

“Prendere le scorciatoie è una delle tentazioni con cui spesso abbiamo a che fare nella vita: pensiamo sia la soluzione immediata e più conveniente ma quasi sempre conduce a degli esiti negativi, è l’arte d’imbrogliare le carte. Penso, ad esempio, a chi va in montagna: la tentazione di cercare scorciatoie per giungere prima in vetta, anziché percorrere sentieri segnati nasconde spesso ed inevitabilmente un lato tragico. Questo capita anche nell’allenamento delle differenti discipline sportive: l’obiettivo di portare la competizione sempre più al limite può condurre a cercare scorciatoie che possono manifestassi attraverso qualcuno che dice:” Conosco una scorciatoia per arrivare prima “. Il gioco e lo sport in genere sono belli quando rispettano le regole: senza regole, infatti, ci sarebbe anarchia, confusione totale. Rispettare le regole è accettare la sfida di battersi con l’avversario in maniera leale.

Per quanto riguarda, poi, la pratica del doping nello sport non è solo un imbroglio, una scorciatoia che annulla la dignità. Ma è anche volere rubare a Dio, quella scintilla che, per i suoi disegni, misteriosi, ha dato ad alcuni in forma speciale e maggiore”.

Nello sport il doping è la scorciatoia maledetta: è l’immagine sbriciolata dell’americano Lance Armstrong, dei sette  Tour de France vinti di prepotenza e poi revocati. Resta l’offesa della passione collettiva, l’insulto all’avversario, l’umiliazione del gesto. Furto in piena regola.

“Non scegliete le scorciatoie che seducono” ha detto Francesco  ai giovani radunati ad Assisi nell’autunno scorso.

“Se il mondo imbroglia, tu accetta di perdere invece di vincere slealmente” per il Papa la replica alla scorciatoia è la lealtà.

La lealtà è un vestito che sta bene con tutto, il furto invece no. L’imbroglio nasce  poi dal menefreghismo; vivere barando è perfido: il solo modo per vivere  alla grande è giocarsela alla pari.

E, naturalmente, non solo  nello sport.

STEFANO CERVARELLI