ERA UNA DI QUELLE ANTICHE BELLEZZE.
di CARLO ALBERTO FALZETTI ♦
Era una di quelle antiche bellezze che il presente ha ormai destinato all’oblio. Profumata, altezzosa, sfavillante, ricca di armonie e di attributi simil-carnosi. Si avvertiva la sua presenza da lontano. Quando appariva il desiderio ti divorava i sensi. Un fremito intenso ti prendeva alla gola: dovevi farla tua, all’istante, senza indugio, prima che l’ardente calore svanisse. Assaporarla ed indugiare nel piacere degustarla, introitarla in te, nel profondo.
Ammetto che tutte queste descrizioni siano alquanto generiche, istantanee poco profonde. Ella merita altro. Certo, merita penetrare il mistero, svelare l’oscurità, scrutare i più segreti recessi.
Un fremito mi pervade, ma avanzo, ebbro di piacere, senza indugio a descrivere l’intimo ascoso.
Innanzitutto, sopra tutto, prima di ogni altra cosa è la mazzumaja ad imporsi alla vostra attenzione. Con la stessa cura di quando vi preparate una minestra di pesce così dovete operare per costruire le fondamenta.
Mozzone, Canosa, Lappera, Lucerna, Micciio de re, Scorfanetti, Sparajòne,Verdone,Vopa, e tutto ciò che si può ottenere con lo Sciabbichèllo viene, in un soffritto d’aglio e peperoncino, insaporito e, poi, bollito e ribollito, schiacciato, tritato, oltraggiato, filtrato, ed il ristretto, infine, accolto in una tazza, fatto riposare, custodito, vegliato.
L’anima gentile di colei, la Zuppa, le cui beltà ho descritto innanzi è così uscita dalle mani del creatore!
Or dunque dedichiamo l’attenzione alla corporeità che rivestirà quell’anima.
Spetterà ancora al soffritto accogliere l’entrata in pentola d’una Porpéssa alla quale seguiranno, folla plaudente, l’entrata gioiosa di alcuni agili Porpetti de paranza. Una parte del corpo, dunque, comincia ad assumere forma. E’ l’ora di irrorare il sangue nell’organismo: generoso sia il bicchiere di vino che verserete, genti di vera fede!
Lo sa il popolo, lo sa il comune, lo sa l’Artusi che l’evaporazione è l’atto finale della vita del vino in pentola.
Al sangue segua il cuore palpitante: pomodoro, andante ma non troppo. Per dar odore un ciuffo di erbetta e nulla più.
Ed ora si apra alla serie di pesci che appariranno nel piatto di portata. Cappone, Scorfano, Coccio, qualche presenza di Sparnocchia adagiata in pose drammaticamente sconsolate. Irrorate il tutto con l’anima che avete gelosamente conservato e raggiungete le elevate temperature. Gli ultimi segmenti della corporeità fanno il loro ingresso. L’atto finale si avvicina. Sarago, Fraulino e simili completano l’intero corpo pulsante d’ anima.
Ma è tutto? Proprio tutto? E che ne è, allora, dell’estetica che fa della femmina una donna attraente e che rende il maschio dominante?
Cozze, Vongole, Datteri: il colore, le penne variopinte, la chioma esuberante, il belletto erotico.
La creazione sembra ormai terminata.
Eppure, che sarebbe una zuppa senza quelle fette di pane fritto carezzate dall’aglio a profumarle?
Che sarebbe? Nulla più che un brodetto adriatico, nulla più che un maledetto caciucco irriverente e concorrente!!
Ma, noi gente scaltra, sappiamo bene assestare quel colpo finale: la maliarda è ora qui, di fronte a noi ad inebriare con il suo fascino intenso, a soggiogare il nostro desiderio sempiterno di mare.
Alla Moretta, all’Ideale,al Gobbo e a tanti altri. Alla fama che avevamo, un giorno. Al passato che non torna più, se non con copie svogliate, impasticciate, volgarizzate. A Carlo De Paolis grande cantore della nostra cultura maltrattata.
CARLO ALBERTO FALZETTI
https://piallature.wordpress.com/2021/01/20/numeri-che-contano/
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SLURP…!!!
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Grazie Carlo Alberto di questa splendido “racconto culinario”, scritto con maestria e profonda passione. Mi hai ricordato mia nonna Irllde Villotti che con amore preparava la zuppa di pesce quando ero bambino e mi raccontava la storia della Civitavecchia antica.
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