1921 – 2021 Centenario degli Arditi del Popolo. Il voltagabbana.

Una pagina nera della Sinistra civitavecchiese.

di ENRICO CIANCARINI

LA PATRIA – Organo della Federazione Laziale del Partito Nazionale Fascista

Periodico Settimanale – Anno I – N. 10 – Roma – 9 settembre 1922 – In quarta pagina:

Civitavecchia – Un professore che rinsavisce. Civitavecchia, 7.

Il sig. Umberto Brauzzi, professore delle Scuole tecniche, fino ad oggi in Civitavecchia è stato se non il maggiore, per lo meno uno dei maggiori responsabili dell’attuale stato d’animo antifascista di quei lavoratori e della educazione comunista dei giovani e degli adulti civitavecchiesi.

Nella scuola, nelle conferenze, nei comizi, nella quotidiana propaganda spicciola catechizzava l’uditorio nella dottrina negatrice di ogni diritto della patria.

Oggi, spontaneamente, non pregato, non richiesto manda la seguente dichiarazione che integralmente pubblichiamo acciocché gli illusi che ancora in Civitavecchia attendono dai malvagi pastori conforto ed esempio apprendano:

“Dichiaro di essere patriota nel vero senso della parola in quanto ho sempre difeso il mio paese, sono stato volontario in guerra nonché il primo ufficiale disceso a Trieste il 3 settembre dal cacciatorpediniere ‘Audace’.

Dichiaro altresì di non avere più corrisposto all’Avanti! e di non corrispondere più con il detto giornale.

Così pure manifestamente il mio pensiero e la mia azione sono stati sempre ispirati all’intento di rendere più morale il popolo, di combattere l’egoismo umano ovunque esso si annidi, di sostenere il vero ed il bello in qualsiasi occasione, di avere sempre combattuto il socialismo ventruto di tanti.

Dichiaro anche di non avere responsabilità attive come socialista in quanto non ricopro cariche pubbliche, e di ritornare al partito socialista la tessera”.

Firmato: Umberto Brauzzi – Orbetello, 4 settembre 1922.

Per i vertici fascisti del Lazio l’abiura pubblica del professore Brauzzi è un insperato (forse) e prezioso contributo alla loro opera di assedio, conquista e demolizione della maggiore roccaforte bolscevica del Lazio: Civitavecchia. I partiti e movimenti operai della città portuale sono in quei giorni in grande affanno, schiacciati emotivamente dalla disperata resistenza alle squadracce fasciste giunte dalla Toscana e dal Lazio, che circondano Civitavecchia da ogni lato in attesa dell’ordine che deve essere impartito dai gerarchi romani e milanesi per scatenare l’assalto finale all’ultimo baluardo rosso sulla strada per Roma.

La terza pagina del giornale fascista si gloria di affermare che “Il fascismo supera le ultime resistenze sovversive e riadduce il vecchio Lazio alla Patria” e sotto precisa che “L’offensiva fascista su Civitavecchia si è iniziata. La battaglia contro i nemici d’Italia non si arresterà che a piena e completa vittoria raggiunta”.  L’articolo incalza: “La più grande battaglia che il fascismo laziale intende combattere contro il sovversivismo rosso, rifugiatosi entro le mura che circondano Civitavecchia, si è iniziata […] Tutti i fasci del Lazio dando prova di meraviglioso spirito di disciplina, di sacrificio e di solidarietà con i commilitoni di Civitavecchia, hanno fornito i loro contingenti di giovani ed audaci camicie nere”.

“Le ultime notizie” giungono da Civitavecchia datate il 5 settembre, e danno conto delle trattative che si svolgono in città fra i capi delle due fazioni impegnati nell’evitare lo scontro che potrebbe provocare molte vittime in entrambi gli schieramenti:

“Ieri nel pomeriggio giungeva a Civitavecchia Gino Calza Bini, segretario della Federazione fascista laziale. Ieri sera stessa al Grand Hotel ha avuto luogo un lungo colloquio fra Calza Bini ed i dirigenti la Cooperativa del Porto, alla presenza del sotto-prefetto. Stamane poi si sono presentati a Calza Bini il pro-sindaco Paolucci ed i consiglieri comunali. Subito dopo è avvenuto un colloquio con vari rappresentanti altre categorie di lavoratori. Nulla si sa di questi colloqui”.

Agli incontri con Calza Bini partecipano i vertici socialisti della città che dal 1920 amministrano la città e hanno il controllo della Cooperativa fra i Lavoratori del Porto e dei vari stabilimenti industriali che sorgono in città attraverso la Camera del Lavoro. Il Battaglione civitavecchiese degli Arditi del popolo (AdP) è lo strumento paramilitare preposto alla difesa di quanto raggiunto dalla Sinistra cittadina negli anni del Biennio rosso.

“Se non il maggiore, per lo meno uno dei maggiori responsabili” della Sinistra civitavecchiese, così nelle prime righe dell’articolo è presentato il professore Brauzzi.

La città vanta una grande tradizione di Sinistra: socialisti e anarchici sono i primi attori, poi i repubblicani e i radicali in seconda fila, dal gennaio 1921 si sono aggiunti i comunisti ma ancora non si sono radicati, alle elezioni politiche dello stesso anno risultano l’ultimo partito della città. Potente la Cooperativa dei lavoratori del Porto, ben radicato il sindacato con la Camera del Lavoro; la massoneria non disdegna di occuparsi di politica.

In quei tempi così crudeli e violenti che l’Italia e Civitavecchia sono costretti a vivere, i “malvagi pastori” sono i dirigenti di fede socialista od anarchica: l’avvocato Luigi Sabbatini, ex sindaco e ora consigliere provinciale, anche su di lui Umanità Nova, organo anarchico, getta il sospetto di un presunto passaggio nelle file fasciste; Primo Paolucci, prosindaco e responsabile della Camera del Lavoro che ha sostituito da giugno l’avvocato Pietro Scala, il sindaco cacciato dai suoi stessi compagni; Ettore Gagliardi, il sempreverde presidente della Cooperativa dei Lavoratori del porto che dirige dal 1906 fino al 1936, finanziatore del locale Battaglione degli AdP, lesto nell’iscriversi al PNF dopo la marcia su Roma; Vincenzo Benedetti, membro del Comitato centrale e presidente della locale sezione della Lega Proletaria fra i reduci, ritenuto dalla polizia l’effettivo capo del Battaglione degli AdP; Furio Pace, tipografo romano e sindacalista rivoluzionario e girovago, influente esponente della Lega e in città segretario dell’Università popolare ma non abbiamo la certezza che in quei giorni sia nei paraggi; il portuale anarchico Vincenzo De Fazi, membro del direttorio nazionale degli AdP, in cui ha sostituito Argo Secondari, il fondatore del movimento. Il direttivo del Battaglione civitavecchiese è formato da Giuseppe Fioretti, Benedetto Salerni e lo stesso Vincenzo Benedetti; a loro fianco Augusto Milo agitatore libertario e corrispondente locale dell’anarchica Umanità Nova, a lui va il merito di aver riportato le gesta del Battaglione ardito.

Ad essi si aggiunge non ultimo il professore Umberto Brauzzi, colui che è responsabile “della educazione comunista dei giovani e degli adulti civitavecchiesi” e che “nella scuola, nelle conferenze, nei comizi, nella quotidiana propaganda spicciola catechizzava l’uditorio nella dottrina negatrice di ogni diritto della patria”. Colui che ha firmato la deprimente dichiarazione di abiura.

La sua ricca biografia politica, culturale e spirituale merita un rigoroso ed approfondito studio. Le ricerche che sono alla base di questo mio breve saggio sono frutto del solo girovagare su internet. La pandemia che affligge il mondo in questi mesi, vieta la frequentazione di archivi e biblioteche. Ringrazio la Biblioteca di Storia Moderna e Contemporanea di Roma che ha fornito il numero di “La Patria” e la Fondazione Feltrinelli di Milano per la copia dell’opuscolo “La questione sociale”.

Umberto Brauzzi nasce nel 1887 sull’Isola del Giglio, forse quando scrive la lettera datata Orbetello è in attesa del traghetto che lo riporti sull’isola natia, alla ricerca di un sicuro rifugio.

Il padre Ormisda è un funzionario del Ministero della Marina a Roma dove il figlio frequenta l’università per laurearsi in lettere. Inizia a collaborare a diversi periodici e nel 1906 fonda la rivista “Fiaccola letteraria artistica” che esce per solo quattro numeri.

Il suo battesimo politico è connesso allo stretto rapporto di amicizia che coltiva con don Romolo Murri, il sacerdote e deputato marchigiano promotore della Lega Democratica Nazionale, partito di ispirazione cattolica ma aconfessionale, aspramente boicottato dalla gerarchia cattolica fino alla scomunica che Pio X scaglia contro il sacerdote. All’interno della Lega Democratica, Brauzzi compie le prime e formative esperienze da dirigente politico: è consigliere del circolo romano della Lega e in questo ruolo lo ricorda l’Avanti! che il 15 marzo 1905 lo inserisce nel gruppo dei “democristi” di Roma capitanati da Murri che sembrano ribellarsi a quanto sentenzia il papa. Il giovane studente, nel settembre 1906 ha solo 19 anni, partecipa attivamente al congresso nazionale della Lega che si svolge a Milano, riuscendo eletto nel nuovo Consiglio direttivo. Il 24 giugno 1907 l’Avanti! riporta che la sera del 18 corrente i democristi murriani si sono riuniti sotto la presidenza del giovane studente Umberto Brauzzi, molti i discorsi pronunciati contro gli ordini del papa e del cardinale segretario di stato.

Impegno politico e vivacità culturale si uniscono nel suo primo romanzo I Luciferi pubblicato nel 1910. Consultando il catalogo unico delle biblioteche italiane si rintracciano solo tre copie serbate del libro, dato oggettivo che denuncia la scarsa fortuna dell’opera. La recensione che pubblica l’Avanti! in prima pagina il 18 luglio 1910 è a cura di Guglielmo Quadrotta, che ne denuncia pregi: “ha pagine di grande bellezza e di forza; non è arrischiato affermare che dopo quelle del D’Annunzio non si erano più lette pagine così belle su Roma”; e difetti: “Ho detto che la trama è ampia, troppo ampia, lo svolgimento difettoso, frammentario; vi è in questo romanzo materia per due; il Brauzzi si è lasciato sedurre dalla sua visione ed ha scritto seicento pagine, mentre il romanzo avrebbe assai più acquistato dalla compattezza e brevità”. La Civiltà cattolica, organo dei gesuiti, cita il Brauzzi fra gli esponenti romani del Modernismo, che Pio X ha severamente condannato nel 1907.

Che I Luciferi sia il “romanzo della democrazia cristiana e del modernismo e della romanità” lo chiarisce Romolo Murri nella sua rivista Il Commento, nel 1911: “Trama del romanzo il rapido fiorire e l’estenuarsi del movimento democratico cristiano nel periodo in cui, ritiratosi il Murri da Roma, esso fu diretto da alcuni giovani laici, fra i quali il Brauzzi. S’era già fatto, quel movimento, ghibellino e anticlericale; ma con il clericalismo aveva ancora contatti intimi e rapporti frequenti, era da esso adescato insieme e combattuto e alcuni lo conducevano sino a lasciarsi un poco alla volta tagliare fuori intieramente, altri si lasciavano ripigliare”. Che alluda all’autore?   

Nel 1911 Brauzzi opera a Civitavecchia, dove tiene una conferenza insieme a Carlo Calisse per le celebrazioni dei cinquanta anni del Regno d’Italia. L’anno dopo, l’Annuario del Ministero della Pubblica Istruzione lo cita come professore straordinario di storia, geografia, diritti e doveri alla Regia Scuola Tecnica “Luigi Calamatta”. Si sposa con Adelaide Alessi, probabilmente appartenente ad una famiglia civitavecchiese. È il 1915 quando la “Guida Monaci” lo segnala preside dell’Istituto Tecnico che dopo qualche anno è intitolato a Guido Baccelli. Nello stesso periodo si arruola volontario e rimane sotto le armi quattro anni, raggiungendo il grado di tenente. Nella lettera di abiura, la fretta o qualcos’altro gli fa sbagliare la data di sbarco e di liberazione di Trieste che lui indica avvenuta il 3 settembre, mentre la storica data è il 3 novembre.

Ritorna a Civitavecchia nel 1919. L’11 maggio di quell’anno al Teatro Traiano Brauzzi parla di La questione sociale, conferenza poi pubblicata dalla locale Tipografia economica.

Leggendola possiamo intendere quali idee Brauzzi nutra sul futuro dell’Italia postbellica: la Grande guerra è stato un “uragano purificatore che ha chiarito tante idee, due correnti politiche si presentano dominanti sì da polarizzare intorno ad esse le intermedie energie”. Da una parte le dottrine conservatrici, clericali, nazionalistiche, democratiche e riformiste che tendono a mantenere l’attuale assetto che corre il rischio però di sfociare in una “più o meno palese dittatura militare”. Dall’altra “le forze sovvertitrici della società presente – bolsceviche, anarchiche, comunistiche – che irritate dalla mondiale fame […] si apprestano a sradicare violentemente la proprietà, l’autorità, l’attuale ordine disordinato, l’ingiustizia apparente o nascosta che domina la terra. S’apprestano anch’esse a imporre la propria dittatura”. A queste due correnti di pensiero violente e propense entrambi all’instaurazione di una dittatura, Brauzzi contrappone il Popolo, che raggiunta la maturità con un’educazione sociale e morale – religiosa, si unirà in sindacati ed associazioni per lavorare in armonia la terra e in fabbrica. Non ritiene adatti “i Soviets di Russia” alla realtà italiana ma prospetta un Consiglio di tecnici e di operai che sostituisca l’attuale parlamento. “Paura ed egoismo dominano la terra; ma non la salvano dalla catastrofe. Noi, sicuri del novo cammino, procediamo col grido dell’anima: Amore e coraggio!”

Negli stessi mesi il preside Brauzzi collabora a Bilychnis rivista di studi religiosi edita dal 1912 al 1931 dalla Facoltà della Scuola Teologica Battista di Roma. I titoli dei suoi articoli apparsi nel 1920 sono: II benessere economico (sua relazione con il progresso morale) (giugno 1920), La bufera (Analisi di un solitario della politica) (agosto 1920), La contraddizione di domani (dicembre 1920). 

Una visione cristiano sociale con forti richiami alla spiritualità che lo riporta agli inizi politici e culturali all’interno del movimento democratico cristiano di don Romolo Murri. 

Sorprende perciò che negli stessi mesi, Brauzzi aderisca al Partito socialista tanto da essere lui a parlare il 25 ottobre 1920, nel comizio che si tiene in Piazza del Mercato per festeggiare la vittoria socialista alle elezioni amministrative; sempre lui a dicembre stila e presenta l’ordine del giorno che prevede l’adesione della sezione socialista di Civitavecchia alla Frazione comunista del PSI “con l’integrale applicazione dei ventuno punti della Terza Internazionale e della aggiunta antimassonica”. Non possiamo confermare se sia presente al Congresso socialista di Livorno del gennaio 1921 che formalizza la scissione all’interno dei socialisti e la nascita del Partito comunista d’Italia (PCdI), a cui lui però non aderisce come la maggior parte dei socialisti civitavecchiesi.

Le cronache dell’Avanti! lo ricordano presente ed attivo negli stabilimenti in sciopero ed occupati dai lavoratori, come il cementificio e la Carbonifera, dove con la parola incoraggia a resistere all’intransigenza della classe padronale. Verosimilmente è lo stesso Brauzzi il corrispondente locale del quotidiano socialista, come scrive nella sua dichiarazione di abiura.

È inoltre l’anima dell’Università popolare di Civitavecchia che il Comune ha istituito per formare e educare la classe operaia della città. L’università inizia le sue attività nel marzo 1921, ad ottobre Brauzzi commemora Dante in occasione dei seicento anni dalla morte “rilevandone la universalità delle concezioni”. A febbraio 1922 la sua conferenza, molto applaudita, è intitolata “Come il popolo ha formato la nostra lingua”. Oltre all’attività di propaganda locale, Brauzzi si afferma anche a livello nazionale: pochi mesi prima dell’abiura, pubblica su Comunismo. Rivista della III Internazionale, rassegna di cultura socialista organo della Direzione del Partito socialista, l’articolo La religione della rivoluzione. La rivista è diretta dal segretario del partito il massimalista Giacinto Menotti Serrati, vi scrivono personaggi del calibro di Amadeo Bordiga, Nicola Bombacci, Bruno Fortichiari, Egidio Gennari, Antonio Gramsci, Angelo Tasca e tanti altri fra cui lo stesso Lenin.

Per rispondere alla recrudescenza della violenza fascista che si dimostra sempre più aggressiva verso Civitavecchia, dato che la dirigenza laziale e nazionale del partito di Mussolini la considera da sempre obiettivo primario, le organizzazioni di Sinistra decidono di dotarsi di un organo collegiale per pianificare la resistenza all’assalto delle squadracce toscane e romane che dal 19 maggio 1921 cercano di conquistare la città portuale.

L’Avanti! lo annuncia il 23 febbraio 1922. Presso la Camera del Lavoro si riuniscono i rappresentanti della Sinistra cittadina che approvano questo ordine del giorno:

“… tenuto conto che la contingenza cittadina reclama pronti ed energici provvedimenti per la difesa e la tutela delle classi lavoratrici locali, particolarmente per quelli in lotta “serrati o scioperanti”; delibera di costituire un fronte unico proletario fra tutte le organizzazioni e aggruppamenti politici d’avanguardia e le organizzazioni economiche confederate o no; nomina un Comitato di difesa proletaria impegnando tutte le organizzazioni rappresentate di essere completamente disciplinate all’azione che di volta in volta riterrà opportuno di suggerire il Comitato stesso a seconda delle contingenze che si determineranno e per lo scopo ed i fini menzionati”.

Anche Umanità Nova nel numero del 22 febbraio pubblica la cronaca del comizio che si tiene nel grande salone della Cooperativa portuale dove Augusto Milo illustra le ragioni che hanno portato le organizzazioni politiche e sindacali a costituire il Comitato di difesa proletaria cittadino: per rispondere “alla spietata reazione padronale, manifestatasi per mezzo di sicari fascisti”. Braccio armato del Comitato è il Battaglione degli Arditi del popolo, forte di oltre seicento membri.

Eros Francescangeli, amico e storico dell’arditismo popolare, scrive che la più forte sezione degli Arditi del popolo nel Lazio, dopo la romana, è quella civitavecchiese, che dispone di buon armamento. Sottolinea come “la gran parte degli arditi del popolo civitavecchiesi sia anche iscritta alla Lega proletaria”, riportando una nota della prefettura di Roma del 21 settembre 1921. Francescangeli prosegue: “non è un caso dunque che tra i principali organizzatori della milizia antifascista vi sia Vincenzo Benedetti, segretario locale e membro del Comitato centrale dell’associazione combattentistica di classe”.

La Lega proletaria mutilati, invalidi, reduci, orfani e vedove di guerra è l’organizzazione del Partito socialista e della Confederazione generale del lavoro che punta a riunire la classe operaia e proletaria che ha partecipato allo sforzo bellico per rivendicare quanto promesso dal Governo nel periodo bellico e sorge in risposta all’Associazione nazionale combattenti (Anc) più “borghese”.

La Lega in pochi mesi, dopo il 1918, raggiunge oltre un milione d’iscritti diffusi soprattutto al nord e al centro. Per Civitavecchia ad oggi non abbiamo dati precisi, sappiamo solo che Vincenzo Benedetti, ex sergente e ferito in guerra, è il presidente della locale sezione. 

Lo storico Gianni Isola, prematuramente scomparso, che ha dedicato le sue ricerche alla storia della Lega, nel suo saggio Socialismo e combattentismo (1980) scrive che quando si costituirono gli Arditi del popolo “videro accorrere nelle loro file numerosi reduci, provenienti sia dall’Anc che dalla Lega Proletaria; in alcune zone […] la Lega e le sue sezioni fornirono qualcosa di più dell’appoggio di cui parla Spriano, giungendo in alcuni casi ad identificarsi sul piano organizzativo con quella che è stata definita “la grande occasione mancata dell’antifascismo militante prima della marcia su Roma”.

Al II Congresso nazionale della Lega, tenutosi a Bologna dal 26 al 30 giugno 1920, sono eletti i nuovi membri del Comitato centrale. Fra loro figura Vincenzo Benedetti, forse premiato per il grande numero d’iscritti che ha la sezione civitavecchiese. Del Comitato centrale entrano a far parte anche Angelo Tasca, fra i fondatori del PCdI e il leggendario Guido Picelli di Parma, il promotore degli arditi del popolo nella città emiliana, anima della resistenza antifascista che con le barricate dell’agosto 1922 batté il ras fascista Italo Balbo.

Un anno dopo, l’Avanti! del 2 ottobre 1921 annuncia che “i nostri compagni Benedetti e Brauzzi sono stati nominati, nel Congresso Nazionale tenutosi a Livorno, membri del Comitato Centrale, che d’ora innanzi avrà sede in Roma. Dalla loro propaganda ed energia ci ripromettiamo la rinnovata attività della nostra Lega”. L’ex tenente Umberto Brauzzi, preside dell’Istituto tecnico di Civitavecchia, entra a far parte del massimo organo direttivo della Lega proletaria dei combattenti.

Il III Congresso della Lega, tenutosi a Livorno dal 18 al 21 settembre 1921, vede confrontarsi tre correnti: la socialista, la comunista rappresentata da Umberto Terracini, e l’autonomista guidata da quel Furio Pace, che abbiamo incontrato a Civitavecchia, e che per i primi due giorni svolge il ruolo di presidente del Congresso (era presente anche a Bologna al secondo congresso della Lega).

Al congresso prende la parola l’onorevole Giuseppe Mingrino, leader degli Arditi del popolo. Umanità Nova ne riporta l’intervento: “Vivamente applaudito solo alla tribuna Mingrino, acclamato dai comunisti che hanno sconsigliata la adesione dei loro adepti agli arditi del popolo. Dice: qui si è gridato viva il socialismo e viva il comunismo. Io parlo a nome degli anarchici, dei socialisti, dei sindacalisti, dei comunisti e degli arditi del popolo. Nella Lega Proletaria non vi dovrebbero essere distinzioni, la Lega Proletaria abbraccia tutti i rivoluzionari militaristi”. Mingrino chiude il suo intervento con questa affermazione: “non ostante la proibizione dell’esecutivo [comunista] i plotoni più baldi degli arditi del popolo inquadrano moltissimi giovani comunisti”.

A latere del congresso della Lega, si tiene un “convegno segreto” degli Arditi del Popolo dell’Italia centrale che, come scrive Francescangeli, “deliberò di intensificare l’azione difensiva e offensiva” del movimento verso i fascisti. Il civitavecchiese Vincenzo De Fazi è nominato membro del Direttorio nazionale degli AdP in sostituzione di Argo Secondari, fondatore del movimento antifascista a Roma nel giugno di quell’anno.

Dunque, nei giorni del congresso della Lega a Livorno, si riscontra una forte presenza di sovversivi civitavecchiesi: Benedetti, Brauzzi, De Fazi e Pace. Forse lo storico della rivoluzione fascista Chiurco quando scrive che: “veniva costituito, con oltre ottocento sovversivi, il Battaglione degli arditi del popolo, formazione rossa presto diffusasi per tutta Italia e che da allora ebbe in Civitavecchia gli organi direttivi” in qualche modo si rifà allo stretto rapporto fra Lega e Arditi che a Civitavecchia è particolarmente stretto e proficuo. Degli ottocento, (o seicento secondo le fonti della polizia) arditi del popolo civitavecchiesi sicuramente fanno parte Benedetti e De Fazi. Possiamo ipotizzare che anche l’ex tenente Brauzzi e l’antimilitarista Pace ne siano membri? Le ricerche negli archivi hanno portato finora ad individuare oltre cento arditi ma la maggior parte ad oggi rimane sconosciuta.

Intanto Umberto Brauzzi assume nuova preminenza all’interno della Lega. Su l’Avanti! del 4 marzo 1922 è pubblicato questo trafiletto: “I lavori del Comitato centrale della Lega proletaria. Si è riunito a Roma il CC della Lega proletaria presenti i compagni Brauzzi e Benedetti. Brauzzi in rapporto alle tendenze politiche che si manifestano nella Lega, egli è d’accordo che queste si debbano manifestare nei limiti stabiliti dal Congresso di Livorno e a questi deliberati egli intende che il C.C. richiami tutti i soci della Lega proletaria per evitare dissensi che ne indebolirebbero la compagine e ne annullerebbero le azioni. Il C.C. approva la proposta del consigliere Lipara di lanciare al paese un manifesto in cui siano riaffermati i principi informatori della Lega ed incarica i compagni Brauzzi, Lipara e Russo di curare la redazione del manifesto”.

Trascorrono i mesi e Civitavecchia si conferma città sovversiva. A giugno è annunciata la visita della regina Elena con le figlie a Civitavecchia. La notizia innesca una serie di polemiche con la crisi dell’amministrazione municipale che vede costretto alle dimissioni il sindaco, l’avvocato Pietro Scala, imposte dai suoi stessi compagni socialisti che lo accusano di aver rivolto un messaggio di saluto e omaggio alle regali ospiti. È l’ultimo trionfo del massimalismo in città.

Anche Umberto Brauzzi è coinvolto in una polemica legata al suo ruolo di preside del Baccelli e causata dalla visita reale. Leggiamo i particolari sull’Avanti! del 15 giugno 1922:

“Il Preside di Civitavecchia minacciato dai nazionalisti. Per la venuta della regina a Civitavecchia taluni giovanetti di questo Istituto Tecnico avevano chiesto al Preside vacanza. Questi, il nostro compagno prof. Umberto Brauzzi, era però stato avvertito dall’autorità a lui preposta che la regina sarebbe arrivata in istretto incognito e non accordò perciò la richiesta vacanza.

Il 12 corrente però il Preside dell’Istituto riceveva la lettera seguente:

ASSOCIAZIONE NAZIONALE ITALIANA – Federazione Laziale – Vicolo Sciarra 64 Tel.10-076

Signor Umberto Brauzzi Preside dell’Istituto Tecnico di Civitavecchia.

Questa Segreteria ha avuto sentore del modo molto poco “italiano” con cui Ella ha cercato di ostacolare la dimostrazione patriottica fatta in occasione dell’arrivo di sua maestà la regina d’Italia.

Non occorre far rilevare che seguitando questo suo metodo non mancheremo di far prendere contro di Lei quei provvedimenti che riterremo opportuni.

Il Segretario Regionale G. Pino Lecce

Il Preside, appena ricevuta la stupida e malvagia lettera rispondeva con la seguente:

Signor G. Pino Lecce, Segretario Regionale della Federazione Nazionale Laziale – Roma

Cotesta Segreteria non può né deve occuparsi degli affari di questo Istituto Tecnico perché essi non sono di sua competenza.

Inutile è dunque dimostrare quanto errati o malvagi siano i sentori accolti da cotesta Segreteria sul mio contegno di Preside.

Però avverto l’autorità competente – e come uomo e come cittadino italiano e come dirigente il mio istituto – dell’atto illegale e delle minacce inconsulte di codesta Segreteria.

Umberto Brauzzi Preside dell’Istituto Tecnico di Civitavecchia

L’atto dell’Associazione Nazionalista ha prodotto in tutti un senso di riprovazione e di sdegno. Qualcuno anche dei realisti più del re ne è rimasto indignato”.

Questi i fatti, ciò che è documentato. Possiamo ipotizzare che dopo questo duro scambio epistolare, Brauzzi sia entrato nel mirino dei nazionalisti e dei loro alleati fascisti? Che qualcuno abbia rivolto segrete e più pesanti minacce al professore tanto da costringerlo a scrivere la dichiarazione di abiura che pubblica La Patria? E questo interesse per lui è forse motivato dal ruolo che Brauzzi riveste nella Lega, nel Comitato di difesa e forse anche nel Battaglione degli Arditi del popolo?

Stimolanti ed affascinanti ipotesi, rischiamo però di scivolare in quella deformazione della Storia che il professore Emilio Gentile, studioso del fascismo, chiama “astoriologia” cioè una narrazione storica più fantasiosa che basata sulla necessaria ricerca su documenti ed altre fonti.

Insomma, la figura di Umberto Brauzzi, preside dell’Istituto tecnico, membro influente della Lega Proletaria rimane sullo sfondo di quello che accade a Civitavecchia nel settembre del 1922 quando la maggiore roccaforte bolscevica del Lazio deve piegarsi alla prepotenza fascista.

Su l’Avanti! del 14 settembre 1922 un breve ma doloroso comunicato informa i lettori dell’abiura di Brauzzi e della sua contemporanea ed immediata espulsione dalla Lega e dal Partito socialista:

“La Lega proletaria e un voltagabbana. Il Comitato centrale della Lega proletaria ci comunica:

In seguito alla dichiarazione del prof. Brauzzi Umberto di Civitavecchia, pubblicata dal settimanale fascista La Patria del 9 settembre, con la quale dichiarazione detto professore ha fatto ignominiosamente abiura dei principi socialisti apertamente e clamorosamente in precedenza professati, la Giunta esecutiva del Comitato centrale della Lega proletaria, nella quale egli era membro e fiduciario presso l’Internazionale combattenti “Henri Barbousse”, ha deciso alla unanimità la di lui immediata espulsione dalla Lega per indegnità politica.

Il prof. Brauzzi Umberto era un esponente della Sezione socialista di Civitavecchia. Dinnanzi all’offensiva fascista ha battuto indegnamente in ritirata. Il Direttorio della Federazione socialista laziale ha provveduto per la sua espulsione per indegnità politica”.

Su internet, all’interno di un libro dedicato al Modernismo, si legge questo giudizio su Brauzzi: “dimostra la solita mancanza di solidarietà e incapacità di restare fermi nei momenti difficili”.

Il 1° ottobre 1923 è accolta la sua domanda di trasferimento a Ravenna.

ENRICO CIANCARINI

Post-Scriptum: Il 2021 è l’anno in cui si celebra il centenario della nascita degli Arditi del popolo, primo movimento di resistenza antifascista nato in Italia. Civitavecchia si candida ad ospitare parte delle manifestazioni che ricorderanno questo anniversario. Ci auguriamo che la Città sappia rispondere positivamente a quest’occasione per ribadire i propri valori antifascisti e democratici.