Giallissimi/ finale. Nel piccolo schermo.

di SILVIO SERANGELI

Prima della pandemia lunghe file di crocieristi con trolley percorrevano il viale della Stazione, anni prima lunghe teorie di pendolari percorrevano lo stesso viale, magari con meno spirito vacanziero: tutti diretti ai ministeri,  ai cantieri, all’Università in quel di Roma. Fra questa carovana mattiniera, allora molto numerosa, spiccava Raffaele, a passo svelto, col basco in tutte le stagioni, sempre sorridente e con un saluto per tutti, con la sua valigetta. Uno scrigno prezioso che conteneva i ferri del mestiere, perché Raffaele Cristini era un rinomato e ambito truccatore cinematografico e televisivo. Non che raccontasse molto del mondo dorato che frequentava nell’oretta di viaggio che ti capitava di fare nello stesso scompartimento, perché Raffaele era modesto per natura. Solo anni dopo con l’amico Maurizio Colaiacomo, che lo conosceva bene, riuscimmo a convincerlo a registrare un Album di TRC. Passammo un bel pomeriggio, perché Raffaele portò con sé la sua valigetta da lavoro con le foto con  dedica dei suoi  “clienti” famosi. Ricordo, fra le altre, quella di Charlton Heston, indimenticabile Ben Hur con  accanto il suo truccatore di fiducia, e poi Dustin Hoffman, Stefania Sandrelli, Burt Lancaster, Monica Vitti, una bellissima Virna Lisi nelle vesti di una ballerina Anni Trenta, e un ricordo autografato con il tenente Sheridan-Ubaldo Lay. Raffaele Cristini, la sua valigetta magica ricca di ricordi e di aneddoti di una lunga carriera da truccatore mi sono tornati in mente quando, giostrando con il telecomando per fare notte, mi sono imbattuto nella serie dei gialli archiviati da Rai Play. Così ho ritrovato il tenente Sheridan, truccato da Raffaele Cristini. Attenzione a differenza dei film e telefilm di questi tempi, in cui nei titoli di coda compaiono perfino i guardiani e gli autisti, non troverete il nome del nostro eroe perché ci si limitava a citare il regista gli attori le musiche e l’arredamento. Che mondo era quello del Giallo Rai? Era un teatro ripreso con grande professionalità dalle telecamere, girato quasi completamente in studio con l’eccezione  di filmati realizzati in esterno. Giallo club è il lievito madre di tanti successi. Ha iniziato ad andare in onda nel 1959 con il pubblico in sala, il conduttore Paolo Ferrari che introduce il giallo che viene interrotto prima del finale che dovranno indovinare i tre concorrenti. Il protagonista è Ezechiele (Ezzy) Sheridan, tenente della polizia di San Francisco con l’inconfondibile impermeabile bianco alla Humphrey Bogart, la fondina con pistola a bretella, tutto made in Usa tranne che nel carattere e nei modi che riescono a colmare l’assenza dell’azione tipica del prodotto originale. Un’icona, il Montalbano degli Anni 60 e oltre, perché, come scopro da Ray Play, sull’onda del successo negli anni si moltiplicarono le serie. Leggo nei titoli di testa Ritorna il tenente Sheridan, Sheridan squadra omicidi, Le donne del tenente Sheridan. Una visione piacevole che mette in risalto le diversità, senza nostalgie o richiami al bel tempo che fu.

TV3

Il gioco mi piace, seduto in poltrona, nel silenzio della notte con cuffia anti disturbo, vado avanti e trovo Le inchieste del commissario Maigret, che ricordo meglio per averne viste alcune. Che dire di Gino Cervi che piacque molto a Simenon, del tutto o quasi girato in studio con grande maestria? Soltanto qualche ripresa cinematografica in esterna con Maigret-Cervi impegnato a degustare nel vero senso della parola crostacei al mercato, a bere birra nei bistrot, a fumare la pipa nel lungo Senna. Una lunga serie di grande successo con Andreina Pagnani paziente e affettuosa signora Maigret e Mario Landi regista.

Su un registro diverso scopro per non averle mai viste Le avventure di Laura Storm, andate in onda nel 1965 con una smagliante Lauretta Masiero, giornalista mondana, detective in cerca di guai, vedo dai filmati senza freni nel distribuire sberle. Un po’ di giallo e tanto humor: da vedere per le ambientazione inventate dagli scenografi. Tutti italiani I racconti del Maresciallo, del 1968, in cui l’autore, Mario Soldati, entra tranquillamente in scena con il piglio delle sue inchieste televisive, a fianco dell’amico, il maresciallo Luigi (Gigi) Arnaudi, interpretato da Turi Ferro, siciliano, mentre nei racconti è piemontese. Storie di gente comune di provincia con il maresciallo buono che comprende e risolve. Irraggiungibile con la sua verve Soldati nel ruolo di se stesso.

TV4

Tutto italiano il maresciallo e tutto inglese lo Sherlock Holmes Rai del 1968, ricco di splendide scene cinematografiche girate negli esterni del british green , in cui si muovono Sherlock-Nando Gazzolo (la voce) e Watson-Gianni Bonagura, impegnati nella Valle della paura e nel Mastino dei Baskerville. Su Rai Play vedo per la prima volta la mantella a quadrettoni, il berretto con la doppia visiera, la lente d’ingrandimento, la pipa in versione italiana. Se Maigret è Gino Cervi, ancor più Nero Wolfe è il pachidermico Tino Buazzelli.

TV 2

In onda dall’inizio del 1969, tutto teatrale come suggerisce la staticità del protagonista che si divide fra lo studio e la serra delle orchidee. Gli fa da spalla lo spiritoso, arguto aiutante Archie Goodwin-Paolo Ferrari. Una serie che si rivede volentieri. Da cancellare il maldestro tentativo con Pannofino-Nero Wolfe, come da dimenticare la Petra Delicado Sky con il pesce lesso Cortellesi e la sua sbiadita Genova. Nelle mie perlustrazioni notturne, usando spesso l’avanti veloce, scopro FBI Francesco Bertolazzi  del 1970, investigatore privato che vive tutto dell’interpretazione di Ugo Tognazzi e poco più nel classico schema giallo-rosa che sa tanto di tempi passati. M’imbatto nel piccoletto, in Renato Rascel che la Rai veste della tonaca di Padre Brown (1971), affiancato da Arnoldo Foà nel ruolo del ladro gentiluomo Flambeau.  L’Inghilterra fa capolino negli esterni girati su pellicola. C’è un grande lavoro di scenografi per portare sul piccolo schermo in bianco e nero l’Italietta fascista del Commissario De Vincenzi  con i ricchissimi interni art-deco e in stile razionalista. Siamo nel 1974, Paolo Stoppa è l’antieroe come il suo autore Augusto De Angelis perseguitato dal regime: lontano dagli schemi made in Usa, tutto italiano anche nella lunga sigla iniziale che è un montaggio d’immagini significative del Ventennio. La cornice è la stessa delle quattro puntate di Quer pasticciaccio brutto de via Merulana con  Flavio Bucci nei panni del commissario Ingravallo. Ma siamo nel 1983. Si è chiusa l’epoca degli originali televisivi e degli sceneggiati girati negli studi con le ingombranti telecamere e le giraffe. Arriva il colore. Nella versione cinematografica del 1959 il romanzo di Gadda diviene Un maledetto imbroglio con Pietro Germi protagonista e regista, e il nostro Raffaele oltre che truccatore vi appare come comparsa, come in altri film.  Lo ritrovo al lavoro con Virna Lisi cantate ballerina  nel ruolo della Canarina, La canarina assassinata del Philo Vance del 1974 con protagonista Giorgio Albertazzi: interni di gran lusso come le  giacche da camera, gli smoking e il monocolo del protagonista. Prova di grande attore. Più povera e poco fortunata la prima serie di Sarti Antonio brigadiere del 1978 dai romanzi di Loriano Macchiavelli che ebbe successo qualche anno dopo, nel 1991, con Gianni Cavina protagonista.

TV5
Nei titoli di coda di una delle cinque puntate dei Giovedì della signora Giulia del 1970 con l’investigatore privato Tom Ponzi nel suo ruolo naturale scopro finalmente fra i titoli di coda: truccatore Raffaele Cristini.

*Le foto ricordo di Raffaele Cristini di cui parlo, che avrei voluto inserire come omaggio, rimangono purtroppo nelle riprese video. Ai tempi non c’erano lo scanner e neppure le fotocamere digitali.

SILVIO SERANGELI