Con gli Occhi e per gli Occhi

di BENEDETTO SALERNI

Forse quella che stiamo attraversando è più di una crisi pandemica, per ciò che sta generando sul piano politico nei Paesi democratici occidentali.  Negli USA, ad esempio, non è piaciuta agli americani la gestione dell’emergenza sanitaria, tanto da condurre il Presidente uscente alla sconfitta elettorale, perché colpevole di aver indicato gli effetti della pandemia e gli strumenti per affrontarla quale tema di identità culturale. La sottovalutazione del problema epidemiologico, nel messaggio comunicativo della campagna elettorale di Trump, ha messo in evidenza una retorica populista, lontana dagli interessi generali. Anche nel nostro Paese l’alleanza populista ha assunto il tema della sottovalutazione degli effetti del Covid-19 quasi a simbolo di una propria identità culturale dando vita a una alleanza di forze quotidianamente protagonista di iniziative volte, nei fatti, a colpire gli interessi collettivi della popolazione. Si è cercato di influenzare, soprattutto sul piano della comunicazione, l’insieme dei comportamenti sociali, screditando i moti di solidarietà umana e inficiando le politiche di coesione.
Il rifiuto costante a partecipare, con spirito unitario, alle deliberazioni del Governo utili ad affrontare la drammatica situazione socio-sanitaria, attesta quanto siano incapaci le forze politiche populiste di andare oltre, nel modello democratico occidentale, la pura, sterile e demagogica contrapposizione politica; esse si sono caratterizzate, nel dibattito parlamentare, per una sempre maggiore arroganza, per le loro contraddizioni e per l’inconsistenza delle proposte concrete avanzate. Hanno, inoltre, speculato sulle difficoltà attraversate da una parte minoritaria della popolazione, costretta talvolta alla transitoria rinuncia al superfluo e all’effimero e spinto le generazioni, sopraffatte dalle tensioni contemporanee, verso un conflitto e un punto di rottura. Risultano spregiudicate e di nessun fondamento le informazioni, da loro diffuse, che presentano al popolo italiano le modalità di accesso ai fondi europei, indispensabili per rilanciare lo sviluppo e finalizzati al benessere collettivo, come un gigantesco e incomprensibile meccanismo di difficile lettura e privo di reali e positive ricadute sulla vita delle persone.
Siamo, dunque, di fronte ad una politica dei partiti di opposizione lontana dagli interessi nazionali, che specula sul tema dell’immigrazione e delle difficoltà che attraversa il mondo del lavoro, colpito da una crescita della disoccupazione e del precariato, in un quadro che mostra milioni di persone gettate nell’insicurezza e nella assenza di prospettive.
Il contesto socio-economico di grave difficoltà che abbiamo di fronte non deve sminuire il valore del risultato politico conseguito, in particolare dal Governo italiano, relativo ai fondi europei per il post Covid-19. I populisti di casa nostra sono stati battuti, insieme ai loro amici, Leader dei Paesi cosiddetti “frugali”, che puntavano a mettere in discussione i principi di coesione e solidarietà, propri della Comunità Europea.
Il Governo, nel suo insieme, ha ottenuto la possibilità di accedere a risorse imponenti, tramite nuovi strumenti normativi, essenziali per il rilancio dell’economia italiana, ovviamente nel rispetto delle indicazioni di priorità progettuale indicate dall’Europa.
E, tuttavia, nonostante gli importanti risultati ottenuti, la narrazione e le frequenti divisioni interne alla maggioranza governativa, talvolta non hanno convinto l’opinione pubblica e questo può essere di pregiudizio per la credibilità delle forze progressiste; infatti, troppo spesso, queste si sono presentate con notevoli differenze di visione politica affermando punti di vista personali e diverse valutazioni, su aspetti normativi e legislativi, nel pieno della pandemia. Un comportamento non condivisibile, che ha rischiato di mettere a dura prova persino il modello democratico parlamentare. Naturalmente la questione della crisi democratica ha radici più profonde e deriva essenzialmente dalle diseguaglianze distributive, dalla diffusione della corruzione, dalla evasione fiscale, dalla disoccupazione, dalla riduzione delle politiche di welfare ed altro ancora. Gli incontri tra lo Stato centrale, le Regioni e i Comuni, sull’emergenza sanitaria, rimarranno impresse nei nostri “occhi”, per chissà quanto tempo, a causa delle sterili e inappropriate polemiche su provvedimenti che avrebbero richiesto, per il loro carattere, di essere assunti in modo rapido e tempestivo, a beneficio della salute e della sicurezza pubblica nazionale. Sarà, in questo senso, fondamentale una nuova visione dello Stato che rimetta al centro il Sistema Sanitario, la Scuola, le infrastrutture strategiche, le grandi reti di trasporto e di comunicazione e il sistema di approvvigionamento energetico.
Così, sarà importante superare un dibattito, segnato dalla ideologia e da eccessiva drammatizzazione, attorno  alle opportunità offerte dalle risorse europee legate al MES (Meccanismo Europeo di Stabilità). Le marginali “condizionalità” del finanziamento potrebbero, in definitiva, essere persino utili a   rimuovere le sacche di inefficienza e clientelismo del nostro Paese. Sono soldi che potrebbero aiutare il nostro Sistema Sanitario Nazionale, alimentando una esigenza di maggiore integrazione e sostenendo uno sviluppo della medicina territoriale. Si tratta di costruire un nuovo modello di sanità pubblica nazionale che possa essere persino di sostegno a una politica economica indirizzata verso uno sviluppo socialmente ed ambientalmente sostenibile.
Le forze progressiste se vorranno andare incontro ad un auspicabile maggiore consenso politico dovranno rivolgersi, con azioni concrete, agli strati sociali maggiormente penalizzati dalle vecchie e nuove disuguaglianze, che hanno reso “invisibili” intere famiglie, giovani e anziani portandoli vicino o al di là della soglia di povertà.
Questo auspicio non accetta scorciatoie di stampo populista come, ad esempio, il cedimento che ha portato alla riduzione del numero dei parlamentari; una riforma ingiustificata che ha ridotto la rappresentanza politica dei territori con meno abitanti, delle minoranze linguistiche e ha tolto al popolo sovrano la possibilità di scegliere i propri rappresentanti. L’attuale legge elettorale consente alle segreterie dei partiti di nominare Deputati e Senatori attraverso listini bloccati che risponderanno non più agli elettori del territorio ma al segretario del rispettivo partito. In questo quadro è senza dubbio un errore uscire da un sistema elettorale a vocazione maggioritario.
La pandemia, con brutalità, sta orientando verso nuove modalità di lavoro, verso una diversa cultura della sostenibilità ambientale, della mobilità e consiglia diverse strategie anche per gli insediamenti produttivi nei territori. Sta cambiando il modo di vedere e di pensare le regole del comportamento sociale indicando un nuovo stile di vita che potrebbe dare un futuro migliore alla futura generazione. La nostra città con i suoi insediamenti energetici, il porto e con la sua intrinseca mobilità, non può non rappresentare un “laboratorio politico” sulle trasformazioni sociali come fattore di crescita economica e di compatibilità ambientale anche in vista del prossimo appuntamento elettorale.

BENEDETTO SALERNI