MI CHIAMO SVEN NILSSON E SONO NATO IL 30 FEBBRAIO 1712.

di BRUNO PRONUNZIO

Trenta giorni ha novembre

con april, giugno e settembre.                                                                                     

Di ventotto ce n’è uno,

tutti gli altri ne han trentuno

recita la celebre filastrocca per ricordare a grandi e piccini che non tutti i mesi hanno la stessa durata. Ma il calendario, come lo conosciamo oggi, non è sempre stato così e non in tutto il mondo è stato lo stesso.

Ma andiamo con ordine.

Il calendario utilizzato in quasi tutti i Paesi del mondo è quello cosiddetto gregoriano che inizia dalla data presunta della nascita di Gesù Cristo: gli anni successivi sono denominati “dopo Cristo”, quelli precedenti “avanti Cristo”. Non viene considerato l’anno zero, pertanto l’anno 1 d.C. segue l’anno 1 a.C.

In alcuni Stati, al calendario gregoriano vengono affiancati altri calendari. E così per i Paesi islamici il calendario ha inizio dall’Egira, la fuga del profeta Maometto verso Medina nel 622 d.C., mentre per gli ebrei il calendario ha inizio con la presunta data della creazione del mondo, avvenuta nel 3761 a.C.

E così, mentre noi siamo nel novembre 2020, gli islamici sono nel 1442. Ma 2020 – 622 = 1398 e allora perché sono nel 1442? Perché il calendario islamico non è un calendario solare come il nostro, che misura un anno nella rivoluzione della Terra intorno al Sole, ma un calendario lunare, per cui l’anno dura 354 o 355 giorni.

Per gli ebrei, invece, siamo nel 5781. E questo perché la data di creazione del mondo risalirebbe al 6 ottobre (giorno del mio onomastico, quale onore!) 3761 a.C. Quello ebraico è un calendario lunisolare, con anni di 12 mesi più brevi dell’anno solare e anni di 13 mesi che compensano la differenza.

Nel 46 a.C. Giulio Cesare introdusse il calendario che prese il suo nome. Il calendario giuliano, elaborato dall’astronomo egizio Sosigene di Alessandria, prevedeva la durata dell’anno solare in 365 giorni e un quarto, e così per tre anni la durata sarebbe stata di 365 giorni mentre il quarto anno avrebbe avuto un giorno in più. Il nome bisestile deriva dal fatto che il giorno in più andava aggiunto dopo il 24 febbraio (sexto die ante Calendas Martias, sei erano i giorni tra il 24 e il 1° marzo compreso) e così il 24 febbraio – sexto die – sarebbe diventato septimo die. Ma considerato che septimo die era il 23 febbraio, negli anni con 366 giorni il 24 febbraio sarebbe diventato bis sexto die       .

Con il passare del tempo, però, ci si accorse che l’inizio delle stagioni si spostava all’indietro. In particolare, nel mondo cristiano, l’inizio della primavera era fondamentale per determinare tutte le feste mobili, come la Pasqua (prima domenica dopo il primo plenilunio di primavera) e la Pentecoste (50 giorni dopo Pasqua). Fu Papa Gregorio XIII che istituì una commissione incaricata di modificare il calendario sulla base di una misurazione più accurata dell’anno solare: 365 giorni, 5 ore e 48 minuti circa.

Il calendario gregoriano, che utilizziamo tuttora, prevede che siano anni bisestili – e quindi abbiano una durata di 366 giorni – tutti quelli divisibili per 4, tranne gli anni di fine secolo che non siano divisibili per 400. E così, mentre il 2000 è stato bisestile, non lo è stato il 1900 né il 1800 o il 1700.

Con l’avvento del nuovo metodo di calcolo degli anni bisestili bisognava però riallineare il nuovo calendario gregoriano (1582) con l’effettiva posizione della Terra lungo l’orbita. Venne deciso di recuperare dieci giorni – tanti erano quelli di differenza – passando direttamente dal 4 ottobre 1582 al 15 ottobre 1582.

Tale modifica non venne accolta immediatamente in tutti i Paesi cristiani. Nel 1582 il nuovo calendario entrò in vigore, oltre che in Italia, in Francia, Spagna, Portogallo, Polonia-Lituania e Belgio-Paesi Bassi-Lussemburgo. Negli altri Paesi cattolici fu adottato in date diverse nell’arco dei cinque anni successivi (Austria a fine 1583, Boemia e Moravia e cantoni cattolici della Svizzera a inizio 1584). In Toscana, tuttavia, l’anno non iniziava il 1° gennaio, ma il 25 marzo (ab Incarnatione Domini – giorno del concepimento di Gesù). Tale modalità restò in vigore fino al 1749.

I Paesi europei non cattolici si adeguarono al calendario gregoriano in tempi diversi. Gli stati luterani e calvinisti nel 1700, quelli anglicani nel 1752, quelli ortodossi ancora dopo. In Russia, nel 1917, vigeva ancora il calendario giuliano e la famosa “Rivoluzione d’ottobre” ebbe luogo quando nel resto del mondo era già novembre. Oggi resistono ancora le chiese ortodosse, che festeggiano il Natale con 13 giorni di ritardo rispetto a noi.

Ma l’aspetto più singolare di tutta questa vicenda accadde in Svezia.  Questo Paese decise di passare al calendario gregoriano nel 1699 e, per recuperare i 10 giorni di differenza con quello giuliano, si stabilì di eliminare tutti gli anni bisestili dal 1700 al 1740: in tal modo si sarebbe recuperato un giorno ogni 4 anni. Venne quindi eliminato il 29 febbraio 1700, ma, negli anni successivi, si dimenticarono di applicare il piano, anche perché il re Carlo XII, che l’aveva voluto, era impegnato nella guerra con la Russia. Così sia il 1704 sia il 1708 furono bisestili.

Riconosciuto l’errore, decisero di tornare al calendario giuliano. Per recuperare il giorno saltato nel 1700 si stabilì quindi che nel 1712 venisse aggiunto a febbraio un ulteriore giorno, oltre a quello dovuto perché quell’anno era bisestile.

Così, nel calendario svedese del 1712, febbraio ebbe 30 giorni.

BRUNO PRONUNZIO

Immagine di copertina tratta da Wikipedia.