ULTIMISSIME DAL MEDIOEVO. III. RISPOSTE QUALIFICANTI DAL 1974 AL ’78
di FRANCESCO CORRENTI ♦
Nella “cartella sospesa” in cui conservo le minute e gli scritti del periodo tra il 1970 ed il 1980, ho ritrovato il dattiloscritto d’una mia relazione o di un mio intervento, che però non ha riferimenti ad un provvedimento specifico o a qualche convegno. Non porta una data esatta, anche se la sua collocazione temporale è appunto – senza dubbio – quella della sua posizione nella cartella, tra documenti del ’74 e del ’78.
Potrebbe anche essere un promemoria per una conferenza-stampa o per qualche dichiarazione programmatica dell’amministrazione. Attraverso i riscontri con altri dati potrei rintracciarne con più esattezza le coordinate ma mi sembra inutile, perché il documento è eloquente di per sé. Già l’esordio è emblematico. L’aggettivo qualificativo “qualificante” era in quel periodo tipico di certi ambienti “qualificati”, con una sfumatura di significato particolare e forse lievemente impropria. Oggi lo trovo un po’ ingenuo ma non mi provoca reazioni allergiche come, ad esempio, “nella misura in cui”, che diventerà il noioso e ultra-abusato intercalare dei discorsi di lì a poco.
Le sue finalità sono esplicite e gli argomenti non banali, considerando il clima teso di quegli anni (Brigate Rosse, Piazza della Loggia, referendum sul divorzio) e quali erano, comunque, le opinioni ancora espresse in consiglio comunale da parte degli esponenti di alcuni partiti. Infatti, il contesto politico, o per meglio dire “politico”, è reso evidente dalle immagini che ho collegato al testo.
Da una parte, la proposta di un “bollettino di informazioni” (il primo numero uscirà poi nel 1979), che avevo preparato insieme a Gianni M. Amicizia (lui, come addetto stampa, si era occupato dei costi, contattando le varie tipografie), esprimeva la volontà di “aprire” al pubblico le stanze del Comune, di introdurre quei concetti di “amministrazione trasparente” che nei siti degli enti pubblici formano oggi i titoli di link o di pagine, ma nei quali vi è raramente qualche dispositivo per consentire l’effettiva partecipazione democratica dei cittadini alle scelte che dovrebbero compiersi.
Dall’altra, quel titolo della pagina locale del “Messaggero” del 29 novembre 1974 dimostra quali fossero le reazioni ai tentativi di equilibri diversi, “più avanzati”, sperimentati in quei mesi. Affidati a persone ingenue, forse in buona fede, forse sprovvedute, i metodi sono quelli consueti della diffamazione, ma non ancora in forme materialmente violente. Le accuse sono ridicole e vuote, prive di qualsiasi veridicità e lanciate senza criterio e senso delle proporzioni. Una importante lezione di vita, per me, abituato al mondo dell’università e degli studi professionali dei miei stessi docenti, che avevo frequentato o dove avevo lavorato (Ludovico Quaroni, Luigi Piccinato, Vittoria Calzolari, Federico Gorio, Paolo Portoghesi, Plinio Marconi, Vincenzo Fasolo), un mondo apparentemente distaccato anni luce dalla quotidianità e dalle polemiche di quel tipo. Non che non avessi già avuto modo, sempre al Comune di Civitavecchia, di trovarmi involontariamente a far da “piccione” o da “piattello” in esercitazioni di tiro a segno da parte di un paio di personaggi stravaganti (le cui farneticazioni furono dichiarate «totalmente false», rispettivamente, da una Commissione d’inchiesta consiliare e dalla Commissione deontologica dell’Ordine degli Architetti), ma in questo caso mi stupirono le circostanze e l’assurdità palese delle accuse: non avevo alcun ruolo nella vita politica comunale e mi si attribuivano decisioni sul Piano regolatore generale, adottate nei luoghi deputati dagli organi competenti quando ero ancora uno studente di architettura senza alcun contatto con Civitavecchia. A parte l’accostamento nelle accuse al partito di opposizione che, a livello nazionale, stava per raggiungere il 33,4 per cento dell’elettorato, a fronte del 35,3 per cento del partito di maggioranza (molto) relativa, il che poteva farmi montare la testa, devo dire che inoltre mi giunsero nel momento affettivamente ed esistenzialmente molto delicato della perdita di mio padre, avvenuta da pochissimi giorni.
Riportarono immediatamente la tranquillità nel “Palazzo del Pincio” la serena prontezza della risposta del capo dell’Amministrazione e (per le sciocchezze che mi riguardavano) l’immediata puntualizzazione di fatti e realtà da parte di personalità esterne ben note per la loro correttezza e dirittura: mi riferisco all’ingegner Antonio Amaturo ed all’ingegner Ireneo Angelini, che effettivamente avevano avuto un ruolo professionale in quelle decisioni e lo ribadirono tranquillamente in una lettera ai giornali.
RISPOSTE QUALIFICANTI E SVILUPPO COERENTE DEL COMPRENSORIO
Le risposte qualificanti ai temi che abbiamo indicato come fondamentali per la definizione dei criteri informatori del programma di riassetto del territorio, dovranno tener conto di istanze ed esigenze sociali, che non possono più essere trascurate e che devono anzi rappresentare l’essenza, il contenuto sostanziale degli obiettivi da raggiungere.
Prima ed insopprimibile istanza è la riqualificazione dell’habitat nelle sue vaste articolazioni a diversi livelli, dalla tutela ecologica dell’ambiente al risanamento igienico dell’abitato, dalla ricostituzione del patrimonio naturale al risarcimento dei danni provocati dallo sviluppo edilizio, dal reperimento di spazi collettivi alla creazione d’un contesto urbano e territoriale rispondente a requisiti di fruibilità adeguati allo sviluppo sociale.
Il che significa principalmente, in questo momento, recupero dell’esistente, inteso come riutilizzo delle opere costruite valide (monumenti ed edifici storici, da rivalutare e reinserire funzionalmente e culturalmente nella fruizione urbana; edifici minori, di contorno ai precedenti, da recuperare ad usi attuali, come “contenitori” di attività e servizi) e come riutilizzo delle aree interne all’abitato inedificate o adibite ad usi impropri (cortili, aree per depositi, magazzini, locali per attività e lavorazioni non compatibili con le funzioni residenziali, ecc.), che attraverso un’attenta opera di ristrutturazione potrebbero essere attrezzate per collegamenti pedonali, nuclei di verde e gioco, servizi di vicinato o integrazione delle residenze. Una tale politica che limiti l’espansione della città e la progressiva distruzione del territorio, che rivolga la sua attenzione alla valorizzazione sociale ed al completamento (concepito come riqualificazione od integrazione infrastrutturale e non come saturazione edilizia) del costruito e che rappresenti un momento collettivo di consapevole impegno, permetterà di concentrare l’intervento pubblico e di utilizzare i fondi per le opere di urbanizzazione in ambiti funzionali, senza disperderli in ogni direzione.
Inquadrato in questa nuova politica, il problema del centro storico, pur continuando a presentare indubbie difficoltà di intervento per gli aspetti finanziari, può trovare possibilità di soluzione. Esso, infatti, costituisce un “serbatoio”, fino ad oggi ignorato o sottovalutato, di spazi pubblici per l’istruzione, il tempo libero e la cultura, per attività amministrative, politiche e sociali, per iniziative turistico-ricettive, commerciali e artigianali attentamente calibrate. Per acquisire elementi conoscitivi in proposito, l’Amministrazione ha stabilito dei contatti con le Sovrintendenze e con gli altri organi statali competenti, con la Regione e con la Provincia, perché rendano noti i loro programmi e la disponibilità per finanziamenti e contributi. Le risorse offerte dal territorio e le peculiari caratteristiche della regione circostante, sono validissime premesse: fattori climatici, mare, attrezzature portuali, sorgenti termali, resti archeologici e monumenti storici, al centro di un comprensorio geografico ricco delle maggiori attrattive storiche e paesistiche dell’Etruria antica e della Tuscia medievale e rinascimentale, rendono possibile il reale recupero del territorio.
Il territorio di Civitavecchia è al centro d’un comprensorio che trova a nord le aree archeologiche di Tarquinia e Vulci, a sud quelle di Cerveteri e di Pyrgi, verso l’entroterra i Monti della Tolfa, insieme storico e naturalistico di rilevante interesse. Completano le caratteristiche di tale comprensorio le affermate vocazioni turistiche della fascia costiera, i diversi centri termali esistenti o da sviluppare e – non ultimo – l’essere la testa di ponte più importante della Sardegna, in una posizione strategica nel Tirreno.
In questo quadro, Civitavecchia ha svolto fino ad oggi un ruolo legato al suo carattere di centro terziario, quale polo delle vie di comunicazioni marittime, ferroviarie ed automobilistiche che collegano il comprensorio al resto del paese.
Tale situazione, quale si è andata sviluppando dal dopoguerra ad oggi, di fronte ad altri problemi socio-economici, ha posto in secondo piano l’aspetto dei valori e delle vocazioni della città stessa e del suo territorio comunale, che è invece ricco di interessi paesistici, di preesistenze archeologiche, di monumenti storici, anche se martoriato e impoverito dalle distruzioni belliche e dal saccheggio multiforme successivo. Da tempo l’Amministrazione comunale si è posta il problema del recupero e della valorizzazione di questo patrimonio, promuovendo interventi da parte degli enti competenti ed assumendo diverse iniziative, anche con il benemerito contributo della Provincia e con la cordiale collaborazione delle Soprintendenze.
FRANCESCO CORRENTI