Essere o non essere: l’essenza della vita.
di ANTONIO MAFFEI ♦
WILLIAM SHAKESPEARE mette sulla bocca di Amleto il fondamentale interrogativo che si pone l’umanità sin dall’alba dei tempi: seguitare a vivere nelle avversità proprie dell’esistenza o avviarsi verso la morte e lasciarsi cadere nel nulla?
Il dubbio amletico è molto attuale anche nel nostro tempo e molti giovani e non più giovani sono colpiti dalla sindrome di hikikomori.
Con il termine hikikomori si tende a delineare una sindrome, un peculiare stato mentale che colpisce molte persone, che si mettono in disparte e tendono a isolarsi con un totale ritiro sociale e una intenzionale reclusione dall’ambito esterno e con una distaccata rinuncia alle emozioni. Sono “esseri” umani che per restare umani rinunciano all’ “essere”. Sono esseri viventi che non sono e che non si aprono a se stessi, ne seguono la regola socratica del “conosci te stesso”.
Da essere umano mi sono chiesto molte volte io stesso se è più dignitoso sostenere il passaggio nel mare dell’esistenza lottando o accettando la sorte eroicamente giungendo fino all’annientamento?
Considerando i ragionamenti emersi su alcuni articoli di SpazioLiberoBlog, in questi giorni di iorestoacasa, sperando che siano gli ultimi, passo le mattinate a meditare su molti aspetti della vita.
Non mi comporto come molti amici che già nelle prime ore del mattino cercano delle interessanti novità su internet. Da quando avevo quattro anni sono abituato a svegliarmi alle ore 7, dopo aver fatto colazione esco nel mio giardino che è in parte al sole e in parte all’ombra. Abito in estrema periferia e sono circondato da campi in gran parte coltivati ad orto.
Per circa mezzora mi espongo al sole per assorbire i suoi benefici raggi, poi mi metto seduto all’ombra dei miei alberi e osservo come le piante di nespolo, di alloro, di olivo da piccoli arbusti sono cresciuti alti e robusti. Solamente l’olmo è rimasto piccolino, ma sta crescendo adesso che riceve più luce per il varco che ho aperto nelle foglie degli altri alberi.
Ad un tratto, come a un segnale convenuto, iniziano ad arrivare gli uccelli e si posano sull’albero di olivo, il più frondoso. A quel richiamo prendo una scatoletta di bocconcini per i gatti e la verso sopra il ripiano del forno a legna.
Le cornacchie, le più audaci, sono le prime a raggiungere il cibo, poi è il turno delle tortore ed infine arrivano festosi gli uccelli più piccoli. A volte anche i gaimoni vengono a mangiare gli avanzi del cibo per i gatti. Più volte ho sorpreso una coppia di gaimoni che si baciava teneramente con grande amore.
Sono convinto che gli animali hanno un rapporto migliore degli uomini con l’essenza della vita.
Una leggera brezza fa muovere appena le foglie degli alberi. Circondato dall’armonia della natura, di cui anche io sento di essere parte integrante, accendo il mio computer portatile ed inizio a pensare all’archeologia e al proseguimento delle mie ricerche.
L’archeologia e le scienze ad essa correlate, favoriscono un esame molto approfondito del comportamento umano, che dall’alba dei tempi è rimasto immutato, nonostante il “progresso” dei nostri giorni.
Non c’è più l’interesse erudito per le traccie del passato, ma si cerca d’individuare gli aspetti della vita quotidiana, dalla lingua alla letteratura, dalla religione alla vita privata, dai costumi alle istituzioni, con lo scopo principale di precisare origini e motivazioni di usanze, riti, modi di dire ancora esistenti, nell’ambito di una continuità tra il presente e il passato.
L’uomo primitivo viveva costantemente a contatto con la natura. Era una vita non facile e molto faticosa perché dall’ambiente l’uomo doveva ricavare il suo nutrimento e non era in ogni caso semplice avere successo in questa azione.
Ma l’uomo aveva una capacità che lo caratterizzava e lo distingueva dagli altri animali, poteva fare ragionamenti profondi e domandarsi: chi sono? da dove vengo? dove vado? che senso ha la mia vita? che cosa c’è dopo la morte? E’ dalla coscienza che proviene la potenza reale dell’umanità!
Sono interrogativi di grande interesse per ogni uomo, dubbi che avevano bisogno di essere affrontati e risolti.
L’uomo non sapeva nulla delle proprie origini, della propria esistenza, e l’osservazione continua della natura che lo circondava, portò a “deificare” i fenomeni naturali difficilmente spiegabili, riflessioni che portarono alle prime manifestazioni della religiosità dell’uomo primitivo, religiosità generata come esigenza interiore dell’intelletto umano.
Nelle nostre zone le prime testimonianze che provano una grande religiosità e il desiderio di continuare a “vivere” oltre la morte insieme agli altri componenti della famiglia, è fornita nelle necropoli ad incinerazione dalle “tomba doppie o plurime”.
Gli esami antropologici, hanno messo in evidenza che le urne cinerarie contengono all’interno i resti di due e a volte di tre individui, conformemente a un’usanza testimoniata anche dalle opere letterarie omeriche. Un’ulteriore conferma viene dall’analisi dei reperti archeologici, costituiti da corredi funerari di epoche diverse, dalle analisi antropologiche e osteologiche dei resti ossei e dal complesso stesso degli elementi delle tombe.
Come testimonia Amleto è la capacità umana di ragionare che frena l’individuo nell’istante dell’azione, inducendolo a subire e a soffrire le critiche, le irrisioni e le beffe della vita terrena, i torti del despota, gli insulti degli arroganti, i dispiaceri dell’amore non appagato. Tutto questo perché l’uomo teme l’ignoto dopo la morte.
Carlo Alberto Falzetti, ha dedicato un suo articolo Alla memoria di Giordano Bruno “nato” il 17 febbraio 1600 in Campo dei Fiori sotto il segno del Fuoco, facendo il preciso riferimento alla data e al luogo della sua morte sul rogo per eresia per volontà della “cattolica” Santa Inquisizione.
Secondo Giordano Bruno la via per fondersi con l’infinito è l’eternità dopo la morte, che costituisce la vera Forza Intelligente, finora occultata dalla composizione della materia che costituisce l’universo a noi noto.
L’eresia di Giordano Bruno è relativa alle “parti scure delle idee”, le ripercussioni di concetti predominanti a cui tutti prestano fede senza riscontri concreti. Molti ritengono Giordano Bruno un antesignano delle attuali teorie scientifiche; altri riconoscono in lui un rivelatore dell’ordinamento della natura; altri ancora lo definiscono l’ideatore della moderna filosofia e un martire del pensiero audace e libero.
L’eresia di Giordano Bruno è relativa alle “ombre delle idee”, le conseguenze di idee dominanti a cui tutti credono senza verifiche. Non si può avere una “fede religiosa” senza poterla dimostrare in modo tangibile
Giordano Bruno si “drogava” con i suoi stessi pensieri. Come religioso fu sollecito a fronteggiare l’inevitabile scontro fra fede e ragione. Con il suo comportamento coerente ed eroico respinse qualsiasi compromesso sino ad essere bruciato sul rogo come eretico per sostenere le proprie idee.
Un altro grande personaggio, Socrate, morì a causa delle sue idee. Dopo aver manifestato la sua cotrarietà all’ingiusta condanna a morte degli strateghi della battaglia delle Arginuse, nel 399 a.C. accusato di irreligiosità e di corruzione dei giovani dalla nuova “democrazia” ateneniese, appena insediata, che aveva una paura tremenda del suo libero modo di pensare, fu condannato a bere la cicuta.
Analizzando questi due avvenimenti è necessario sottolineare che quella di Socrate e di Giordano Bruno fu una contestazione estremistica. L’estremismo non è mai positivo.
Per sorridere e per fare una pausa, voglio ricordare come durante la grande contestazione del 1968, a Roma all’interno della facoltà di Architettura, sopra un muro apparve la scritta: abbasso i contesticoli.
Galileo Galilei fu anche lui un grande contestatore, ma non arrivò mai all’estremismo pur subendo l’avversione della Santa Inquisizione.
Alle sue idee originali e innovative è dovuta l’impostazione delle moderne ricerche scientifiche.
Oltre alle sue ricerche astronomiche, nel Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, a bordo di un “gran navilio”, Galileo teorizzò le leggi che collegano tra loro le coordinate degli oggetti in moto nei rapporti inerziali, dette trasformazioni di Galileo. Esse evidenziano come si modificano le coordinate spaziali di una massa quando si effettua il passaggio da un riferimento inerziale a un altro, e si fondano sull’idea che il tempo costituisca una estensione universale, ovvero che tutti quanti gli orologi dell’universo, una volta resi sincroni, proseguano a girare con lo stesso passo senza dipendere dalla posizione di riferimento in cui si trovano.
Durante una tempesta tuttavia il comportamento è molto diverso: la nave con il rollio e il beccheggio oscilla a causa delle onde. Vira all’improvviso e i passeggeri possono coscientemente stabilire che la nave si sta muovendo, perfino senza rivolgere lo sguardo fuori dagli oblò. La nave, in questo realistico avvenimento, rappresenta un complesso accelerato, e non inerziale, perché in tale sistema non vale la legge d’inerzia e il percorso della biglia gettata sul tavolato della nave non è rettilineo.
Ben diversa è la posizione di Albert Einstein che formulò la nuova teoria della relatività fondata su due principi. Il primo è che le regole della fisica non mutano nel passaggio da un rapporto inerziale a un altro. Il secondo principio stabilisce che la velocità della luce nel vuoto, indicata con c nella formula E=mc²,di circa 300.000 km/s, non cambia mai, per qualunque osservatore, immobile o in movimento, ed è svincolata dal dinamismo della sorgente, ed è la massima velocità che si può raggiungere in assoluto. Questa teoria ha cambiato radicalmente i nostri concetti di tempo e spazio.
Cambiano il tempo e lo spazio. Dall’equazione di Albert Einstein affiora un evento rivoluzionario: la pausa di tempo calcolata dal crometro dell’osservatore che si muove è diversa da quello misurata dal crometro dell’osservatore fermo. Tale effetto è tanto più evidente quanto più la velocità dell’oggetto in movimento si avvicina alla velocità della luce.
La teoria della relatività ristretta, formulata nel 1905 da Einstein risolve i contrasti tra relatività galileiana e l’elettromagnetismo. Nel 1915, dieci anni dopo, Einstein formula l’equazione di campo, centro della teoria della relatività generale, che chiarisce il conflitto tra la relatività ristretta e la teoria della gravitazione di Newton. Con queste teorie Einstein fa scaturire una nuova concezione della fisica e un modo nuovo di esaminare l’universo.
Dai diagrammi di Feyman alla Teoria delle Stringhe.
Nel 1930 è stato sviluppato un modo nuovo di concepire la materia: la teoria quantistica dei campi. Tale teoria chiamata anche Meccanica Quantistica, associa alle particelle i quanti di energia dei campi d’onda correlati. Da allora sono stati fatte prove con energia sempre più elevata, che evidenziano che la materia è costituita da elettroni, protoni e neutroni (materia ordinaria) e da moltissime altre particelle instabili, con tempi di vita molto brevi, dell’ordine di qualche milionesimo di secondo
Sin dai primi studi apparve chiaramente che la concezione della composizione degli oggetti molto grandi, dalle ciliege, ai pianeti e alle stelle, contrastava con la natura delle particelle molto piccole, cioè con elettroni, protoni e neutroni. In sintesi le teorie della relatività di Albert Einstein non si accordavano con la Meccanica Quantistica.
Non è possibile presentare Richard Feynman solamente come uno dei più grandi fisici teorici della storia. Non perché non lo sia stato, anzi, ma perché è una definizione limitata per un personaggio del genere. In qualche modo non gli rende giustizia. È stato anche molto altro. La sua vita è stata caratterizzata da Scienza, Magia e da una curiosità inesauribile.
La nuova teoria delle stringhe (dei lacci, dei cordini, degli elastici)e poi delle superstringhe, o meglio delle stringhe supersimmetriche, costituisce un modo nuovo di descrivere e concepire tutte le particelle e le forze fondamentali della natura in un unico insieme, che di volta in volta quando cambia la loro funzione si diversificano in corpuscoli vibranti che costituiscono le particelle elementari. Denominazione generica dei costituenti ultimi della materia, dell’antimateria e delle radiazioni. Solamente per citarne alcuni, sono rappresentati oltre che dagli elettroni, fotoni, protoni, neutroni e neutrini, da bosoni di gauge, quark e leptoni, dalla vastissima famiglia degli adroni, le particelle subnucleari costituite da quark e soggette a interazione forte, da mesoni e barioni.
Per la teoria delle stringhe stato trovato un quadrilione di soluzioni.
Questa nuova “filosofia” della fisica ha evidenziato che le ciliege, i pianeti, i soli e tutti gli universi conosciuti e non conosciuti, costituiscono appena il 5% dell’insieme cosmico. Il restante 95% è costituito da entità definite come Materia Oscura e Energia Oscura, delle quali non abbiamo nessuna percezione e dei quali ancora non sappiamo i costituenti fondamentali.
Augurandomi di non essere bruciato sul rogo per le mie eresie, propongo che la Materia Oscura si può intravvedere nell’ombra proiettata da un fascio di luce che colpisce un corpo solido.
Un’altra eresia. Come è accaduto con il superamento della barriera costituita dalla natura dell’aria che ha permesso di infrangere il muro del suono, forse il superamento della velocità della luce si otterrà quando si infrangerà la barriera costituita dalla struttura della Materia Oscura.
In natura la velocità della luce viene superata continuamente. L’attrazione gravitazionale di due o più corpi è immediata, la scienza attuale riesce benissimo a valutare questo ed altri eventi simili.
Galileo Galilei ha introdotto il metodo scientifico sperimentale: esso si basa sulla ripetibilità degli esperimenti. Attualmente siamo però coscienti che non è lo stesso esperimento che ripetiamo, ma uno simile. Cambia continuamente la composizione dell’aria, la temperatura, i raggi solari, i raggi cosmici, la gravità e molte altre forze che ancora non conosciamo, che influiscono in modo differente sull’esperimento.
La matematica ci permette di postulare eventi o manifestazioni non tangibili della fisica teorica, però in fisica non si può supporre una soluzione e su questa sentenziare una teoria matematica affascinante. La “Fisica”, come sosteneva Nikola Tesla, non è metafisica, che costituisce il risultato non di una vera ricerca scientifica, ma si presentano solo opinioni o ipotesi matematiche.
La matematica, che è strutturata come tutto l’ordine cosmico, permette solamente di evidenziare i fenomeni rilevati negli esperimenti, cioè fa la “fotografia” di quello che è accaduto, senza spiegare da che cosa è causato.
Quando mangiamo delle olive, una mela, una saporita bistecca, nel nostro corpo avvengono reazioni molteplici. Non solo le reazioni chimiche tradizionali che abbiamo studiato a scuola, ma molte altre più compkesse. Alcuni scienziati hanno ipotizzto addirittura che nel nostro organismo avvengono reazioni “alchemiche”, ovvero siamo capaci di trasmutare un elemento in un altro.
E’ bene evidenziare che la moderna generazione di scienziati, i nuovi “alchimisti”, per sviluppare le attuali teorie sulla composizione del complesso cosmico, è stata fortemente influenzata dagli antichi ragionamenti filosofici occidentali e orientali. E’ tuttavia necessario evidenziare che come la “fede religiosa” anche la “fede scientifica” non trova facile dimostrazione tangibile perché ancora non ne abbiamo i mezzi.
Nell’età moderna la nostra vita è condizionata da un comportamento esclusivamente razionale, perché se non lo facessimo il nostro ragionamento verrebbe subito cestinato nell’ilarità generale.
Albert Einstein però ha sempre sostenuto che: la logica ti porta facilmente da A a B, ma la fantasia e l’immaginazione ti portano ovunque.
Attraverso una osservazione trasversale che coniuga tra loro diverse discipline è bene individuare nuove frontiere della ricerca.
Sin da epoche antichissime ci sono state delle persone che furono considerate degli asceti per le loro capacità di avere un profondo rapporto con le parti nascoste del nostro intelletto.
Ho conosciuto una di queste persone, che chiamerò – @-, con cui ho dialogato a lungo.
-@- ha un rapporto particolare con il suo Doppio (la conponente eterea del nostro organismo, che in molte religioni corrisponde con l’anima). Secondo lui è collocato in posizione speculare all’iterno del nostro corpo, da cui in certe occasioni esce per fare dei viaggi anche molto lunghi.
Tutti gli esseri viventi, animali e vegetali, hanno il Doppio. A volte la sua “anima” si fonde in comunione con altre anime, formando un’insieme, ma mantenendo la propria individualità.
Con le sue capacità ascetiche –@- sostiene di essersi “infiltrato” per pochi attimi in livelli elevati dell’armonia cosmica. Anche sul “peccato originale” ha le sue idee, sotiene infatti che è da mettere in relazione con la presa di coscienza dell’umanità di essere “Dio in terra”.
-@- è una persona seria, semplice, intellettualmente di grande onestà, anziana, che non ha nessuna voglia di mettersi in mostra per le sue capacità. Secondo lui non è necessario cercare risposte sulla natura dell’armonia cosmica: queste conoscenze le abbiamo già dentro di noi.
L’unico scopo sulla terra degli esseri animati è quelllo di agire serenamente e con amore per facilitare, conservare e riprodurre la vita.
Non viviamo mai; siamo sempre in attesa di vivere.
(Voltaire)
ANTONIO MAFFEI
Una leggera brezza muove la superficie del grande oceano. Quel movimento increspa l’acqua che si fa onda. L’onda si agita per qualche attimo, poi si quieta ritornando nella massa informe del mare. Altre onde, altre forme si agitano di seguito, incessanti. Che fine ha fatto la nostra onda?E’ stata! Ora è ritornata ad essere mare per sempre, come lo era prima.
Un attimo, infinitesimale (settantanni,ottanta anni, novanta?Solo attimi).
E’ devastante tutto ciò?
Il problema ha forse una soluzione: essere consapevoli , in vita (cioè quando si è “in onda”) di essere sempre stati parte del grande oceano e di ritornare un giorno nel grande oceano. Essere consapevoli, cioè, di perdere per sempre la nostra individualità (la forma onda) per riprendere il nostro vero posto nella grande Unità. Il costo di tutto questo?Accettare eroicamente che noi non ci possiamo identificare col nostro io. Noi non siamo la nostra coscienza!
Una visione inquietante questa se la raffrontiamo con la formidabile formula ansiolitica della lieta sopravvivenza dell’anima individuale in eterno come ci è stato ripetuto tanto in gioventù.
Ma questo è ciò che pensa Plotino,Bruno, Spinosa, Einstein ed altri.
Ma in tutto questo c’è un particolare che assicura consolazione: funziona solo se “in vita”sei consapevole di questo. Altrimenti, decaduto il grande sogno della salvezza cristiana,resta solo il disperato adagio di non pensare troppo: pensa alle cose serie, vivi la tua vita e amen.
Senonchè, intorno agli “ottanta”, come tu hai ben fatto, qualcosina frulla nella testa mirando gli alberi , gli uccelli e te stesso.
Siamo vecchi, caro amico!!
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