COVID-19…… DILETTANTI ALLO SBARAGLIO
di STEFANO CERVARELLI ♦
E’ fuori discussione che in questi tempi a catturare maggiormente l’attenzione dei tifosi di calcio è il problema inerente la riapertura della stagione (questione al momento in cui scrivo non ancora risolta), ma se tutti guardano, con diversi stati d’animo e da posizioni differenti a quando si rialzerà la saracinesca della vetrina del campionato non bisogna assolutamente dimenticare che esiste un altro mondo del calcio, con le sue difficoltà che vanno tenute nella giusta considerazione e le cui già logore saracinesche rischiano di non rialzarsi più e le poco lucenti vetrine di rimanere al buio.
E’ il calcio dilettantistico, quello delle periferie, dei paesi, dei piccoli centri, dove spesso la squadra di calcio rappresenta l’orgoglio della comunità e dove, accanto a queste modeste realtà, soggiornano anche importanti club cd “decaduti”.
Un mondo, quello dilettantistico, che nella sua già esistente fragilità si trova ora a fare i conti con questa pandemia, che rischia, se non di distruggerlo completamente, di lasciare segni profondi nelle sue strutture; un mondo secondo i dati forniti dalla LND ( Lega Nazionale Dilettanti ) abitato da 1.000.000 di tesserati divisi in 65.000 società – 3.000 delle quali sono a rischio chiusura immediata- mentre altre 20.000 andrebbero incontro allo stesso destino se l’economia del Paese non dovesse riprendersi in tempi rapidi.
In questi tempi dunque dove l’attenzione massima è rivolta alla vetta della piramide, sarebbe anche il caso di interessarsi maggiormente di ciò che avviene alla base e di quello che lo sgretolamento di questa potrebbe causare.
E’ l’altra faccia del calcio italiano, quello giocato all’ombra dei campanili, su campi spesso fatti di terra, quello che si alimenta organizzando, proprio in questo periodo dell’anno, tornei ad ogni livello, dove a margine dell’evento sportivo vengono organizzate manifestazioni, feste ed eventi vari duranti i quali si tengono aperti il più possibile bar e strutture degli impianti, , al fine di guadagnare somme – modeste – che poi aiuteranno a mantenere l’attività nei mesi invernali.
Si tratta, come del resto è facile capire, di piccole società, tenute in piedi quasi esclusivamente dalla passione dei tifosi e di chi dedica ad esse il proprio tempo; società che finanziariamente fanno leva principalmente su due cose: modesti sponsor locali (di cui parlerò dopo) e le rette dei settori giovanili e delle scuole calcio. Attività che oltre ad avere naturalmente contenuti tecnici, rappresentano un’occasione, forse una tra le poche, per far vivere ai ragazzi un momento di socialità. Quindi osservando la situazione da questa visuale c’è da considerare anche il danno che deriverà a quasi tutte le società dalla mancata realizzazione delle leve calcistiche e dei campi estivi.
Nel bilancio dei danni provocati dalla pandemia – nella speranza che si mantengano limitati nel tempo – non dobbiamo dimenticarci poi quelli che saranno provocati dal distanziamento sociale.
Parliamo infatti di società che dispongono di piccoli impianti, per lo più ricevuti in gestione dai comuni, con capienza limitata e che, se a causa del distanziamento dovrà essere ancor più ridotta, costituirà un brutto colpo per le casse societarie per le quali anche quel poco di guadagno dovuto alla vendita dei biglietti rappresenta sempre un aiuto finanziario.
Dicevo prima che in queste serie dilettantistiche militano nobili club che stanno attraversando un momento di crisi, come Palermo, Messina, Foggia Taranto ed altre. È evidente che queste società, dotate di stadi veri e propri, risentiranno di meno delle regole sul distanziamento e quindi della riduzione degli spettatori.
Ed eccoci agli sponsor. È notorio che senza un minimo di aiuto finanziario le sole forze economiche che le società sono in grado di esprimere non bastano a sostenere le spese di una stagione.
Da qui l’importanza di piccole aziende, imprese, attività di vario genere le quali offrono, sotto varie forme, il loro contributo, in cambio di modeste forme di pubblicità visto il limitato comprensorio nel quale si svolgono questi campionati.
Vedendo la situazione, alla luce di una realtà economica, dal futuro non propriamente roseo, si fatica ad essere indotti all’ottimismo anzi. Chi può garantire che le tante piccole imprese locali e sponsor, legati al territorio, assaliti dai morsi della crisi, potranno essere in grado di fornire quell’aiuto elargito fin qui? Ed allora eccoci alle domande conclusive. In chi sperare? Cosa sperare? Semplice: negli aiuti di Stato.
”Ai primi di aprile- dice Sibilia Presidente della LND-il Ministro Spadafora, parlò di contributi alle società dilettantistiche ma ad oggi, primi di Maggio, questi aiuti ancora non si sono visti e le società sono letteralmente “impantanate” non potendo fare la minima programmazione, di nessun tipo; a questo va aggiunto il fatto che come accennavo prima, circa il 95% delle società si avvale di strutture comunali, versando canoni di locazione.
Un primo importante provvedimento sarebbe quello di concedere agevolazioni nei rapporti con gli enti locali. Una boccata di ossigeno dovrebbe arrivare poi dalla consueta erogazione di una frazione di mutualità dei diritti televisivi della serie A (anche questo punto però in questi giorni al centro di discussioni tra emittenti televisive, Lega calcio e Federazione).
Appare evidente e quindi, in un certo senso, comprensibile che i dilettanti siano tra i primi a tifare per una veloce riapertura del campionato maggiore. Su questo punto la LND va oltre chiedendo che, vista proprio l‘eccezionalità che ha portato alla sospensione dei campionati, sarebbe indispensabile rendere più snello l’iter burocratico che lega l’erogazione del versamento alla presentazione di progetti ad una apposita fondazione, chiamata gestire questi versamenti.
In poche parole- dicono i dirigenti della Lega- sarebbe più opportuno e funzionale girare direttamente alle società le quote della mutualità.
vediamo ora la situazione del calcio nella nostra città.
Sono tre le società che militano nei campionati dilettantistici.
Civitavecchia Calcio 1920 – nata dalla fusione tra Civitavecchiese e CPC- partecipante al campionato di eccellenza; si avvale di un proprio impianto, il Vittorio Tamagnini, ed ha come sponsor principale la Compagnia Portuale.
La CSL Soccer, militante nel campionato di promozione. Ha in affitto il campo presso il DLF; si avvale del contributo economico della CSL logistica.
La terza società è G.S. San Pio X iscritta al campionato di seconda categoria, gioca al Riccucci, impianto di sua proprietà; ha come sponsor Sagratella Carpenterie Metalliche e Oleodinamica. Queste tre società, ovviamente, sono corredate da una folta schiera di squadre giovanili.
A queste va aggiunta infine, la Leocon, società che svolge esclusivamente attività giovanile avvalendosi di un proprio impianto in località San Gordiano
Quando passerà-come tutti speriamo- la tempesta, queste società potranno riprendere il cammino? E soprattutto i loro sponsor saranno in grado di continuare a svolgere la loro benefica opera? O rischiamo davvero una debacle del calcio civitavecchiese?
In attesa di conoscere a tale riguardo le disposizioni contenute nel decreto “Rilancio”
sul sito della Regione Lazio è comparsa la notizia che la stessa ha provveduto a mettere 5,2 milioni a disposizione delle società dilettantistiche, con le seguenti modalità:
-sostegno agli affitti per le associazioni sportive con contributi fino al 40% a fondo perduto per pagamenti affitti;
-abbattimento fino all’80% dei canoni di locazione degli edifici Ater e riduzione sui canoni di concessione delle aree demaniali;
-sostegno straordinario per manifestazioni e attività ordinarie con un contributo fino a 5.000 euro per la ripresa dell’attività;
-buoni sport per le famiglie, destinati a ragazzi e over 65 con redditi familiari fino a 20.000 euro; 8.000 Voucher da 100 euro per garantire la pratica sportiva agli under 26 appartenenti a famiglie in difficoltà economiche.
Sono misure importanti in attesa, comunque, dei piani di attuazione.
STEFANO CERVARELLI
Un ottimo articolo che tratta un argomento bistrattato
da tutti. Il mondo del calcio. Esiste purtroppo una corposa
fetta di persone superficiali che del calcio vede solo, e credo
anche con una punta d’invidia, i compensi milionari delle
poche centinaia di giocatori di serie A. Il calcio rappresenta
la terza industria italiana per fatturato, oltre ad essere lo
sport più praticato ed ha una forte ricaduta economica sul territorio.
Per fare solo un piccolo esempio; la società Napoli paga al proprio
comune 200 milioni solo d’affitto per lo stadio S.Paolo, soldi che
ricadono su tutta la comunità. Purtroppo
credo che anche il calcio, come il resto delle nostre industrie,
possa salvarsi soltanto da solo riprendendo prima possibile tutte
le attività. Inutile prenderci in giro, i soldi non ci sono ed a dimostrarlo
Sono i 600 euro di marzo (e ormai siamo a giugno), la cassa integrazione
idem….. e così via…. l’articolo evidenzia come anche il mondo del calcio
chieda soldi direttamente senza dover passare dalle forche caudine di
Ministeri, uffici, banche, ma forse questo percorso tortuoso è creato proprio
per arrivare ad erogare il minimo di quello che non c’e. Credo che il vero
dramma sociale della nostra nazione non sia ancora palpabile, lo diventerà
in tutta la sua drammaticità a fine estate quando si tireranno le somme e
si vedrà chi realmente è riuscito a ripartire e chi no.
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