RELAZIONE SUL RAPPORTO TRA I COMUNI DELLA TUSCIA COSIDDETTA “ROMANA” E L’AREA METROPOLITANA DI ROMA ATTRAVERSO LA LETTURA STORICA DEL TERRITORIO E L’ANALISI DEI COSTI E BENEFICI ATTUALI
di FRANCESCO CORRENTI ♦
Nota introduttiva
Ripropongo in queste pagine, con alcuni aggiornamenti, la relazione elaborata per il Comune di Trevignano Romano in data 13 dicembre 2014, al fine di dare un supporto e valide motivazioni di natura storica alla volontà “politica” (ma non partitica) di quella amministrazione di evitare il pericoloso inserimento nell’ambito della Città metropolitana di Roma Capitale di territori da sempre contraddistinti da caratteri peculiari autonomi e distinti, anche quando impropriamente separati dagli altri del tutto consimili (il territorio della Tuscia) e artificiosamente annessi alla Provincia di Roma.
La relazione non ha impedito la nuova annessione, ormai decisa senza possibilità di espressioni democratiche contrarie per l’interessata miopia di quanti potevano trarne vantaggi personali. Gli sviluppi e le modalità di gestione della Città metropolitana di Roma Capitale, con il ruolo egemonico assunto dalla presidenza romana, hanno visto i centri dell’area braccianese-tolfetana e quelli costieri, in particolare Civitavecchia, fortemente penalizzati dal loro inserimento coatto, con le innumerevoli conseguenze che si sono dovute constatare in questi anni. Peraltro, in aggiunta ai ruoli subalterni ormai imposti da Roma e subiti da un secolo e mezzo da questi comuni, anziché far parte con le altre zone d’una regione dell’Etruria o della Tuscia che ha antichissime origini storiche e risente, come l’intero comprensorio, del resto, della marginalità e del sottosviluppo indotto dal centralismo politico-amministrativo (e finanziario), rispecchiato dalle direttrici territoriali risalenti agli assetti della colonizzazione e dalla stesso nome improprio di “Alto Lazio”.
Ma questa relazione torna certamente di attualità (ed anche in termini di urgenza), in relazione all’istituzione da parte del Ministero per i Beni e le Attività Culturali e per il Turismo del Distretto Turistico dell’Etruria Meridionale e dopo la recentissima iniziativa del Ministro Franceschini di istituire la nuova Soprintendenza dell’Etruria Meridionale con sede a Viterbo e separata dall’area romana. “La nuova articolazione periferica del ministero – ha commentato lo stesso ministro – viene rafforzata riequilibrando il rapporto tra centro e periferia a favore della seconda, aumentando i presidii di tutela e razionalizzando con parametri certi la geografia delle strutture territoriali per garantire servizi efficaci ed efficienti ai cittadini”. Il territorio di competenza del nuovo organismo include, oltre ai comuni della Provincia di Viterbo, i seguenti comuni della provincia di Roma: Civitavecchia, Santa Marinella, Cerveteri, Ladispoli, Allumiere, Tolfa; Canale Monterano, Manziana, Bracciano, Anguillara Sabazia, Trevignano Romano; Mazzano Romano, Campagnano di Roma, Formello; Magliano Romano, Sacrofano, Rignano Flaminio, Morlupo, Castelnuovo di Porto, Riano, Sant’Oreste, Civitella San Paolo, Fiano Romano, Capena, Ponzano Romano, Filacciano, Nazzano, Torrita Tiberina; le delegazioni di Isola, Farnese, Cesano nel Comune di Roma (quali parti del territorio dell’antica Veio); la porzione del Comune di Fiumicino a nord del fiume Arrone.
Si tratta esattamente del territorio rappresentato in questa relazione, che comprende un ambito (nel nostro caso interregionale) quasi del tutto coincidente con quello del nostro P.R.U.S.S.T. “Patrimonio di San Pietro in Tuscia ovvero il Territorio degli Etruschi”, approvato e finanziato dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti e costituito da quel centinaio di comuni ed enti pubblici che hanno operato dal 1999 attraverso l’Ufficio Consortile Interregionale della Tuscia. È necessario, però, a questo punto, evitare nuove marginalizzazioni e subordinazioni che sarebbero peggiori delle precedenti, dato che queste nuove iniziative dello Stato hanno iniziato la loro fase attuativa, ma non risulta che né il Comune di Civitavecchia né gli altri vi abbiano il ruolo decisionale che gli spetta per le loro funzioni strategiche e la loro importanza logistica e ponderale. Tale irrinunciabile opportunità, andrà meglio definita in una conferenza di servizi con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con il Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo, oltre che con le tre Regioni interessate, partendo oltretutto – per la credibilità – da adeguati finanziamenti.
Premessa
L’Amministrazione comunale di Trevignano Romano riteneva che l’inclusione del proprio comune nell’Area Metropolitana di Roma non corrispondesse alle caratteristiche storiche e geografiche del territorio, agli interessi socio-economici della popolazione ed alle esigenze di uno sviluppo coerente, ordinato ed armonico delle diverse componenti. Ha espresso tale convincimento nella deliberazione del Consiglio Comunale n° 20 del 10 settembre 2014, trasmessa il successivo 15 settembre via Pec alla Direzione politiche sociali, autonomie, sicurezza e sport della Regione Lazio (acquisita agli atti regionali il 23.09.14 con prot. n° 523238).
Con nota n° 560268 del 9 settembre u.s., la Direzione regionale ha comunicato di non poter esprimere un parere in merito, in quanto la deliberazione trasmessa «appare carente nel suo contenuto di molteplici indicazioni statali e regionali» ed inoltre non esplicita con chiarezza la decisione a favore della «aggregazione ad altra provincia limitrofa già costituita» ovvero di altre indicazioni in proposito. Viene poi richiamata la legge 7 aprile 2014, n° 56, che ha innovato la normativa e, in particolare, ha introdotto una «nuova disciplina statale relativa all’espressione del parere regionale». Infine, la nota ricorda di tenere conto che, «secondo l’art. 21, comma 3, del TUEL “ciascun territorio provinciale deve corrispondere alla zona entro la quale si svolge la maggior parte dei rapporti sociali, economici e culturali della popolazione residente” (lettera a) e che “ciascun territorio provinciale deve avere dimensione tale, per ampiezza, entità demografica, nonché per le attività produttive esistenti o possibili, da consentire una programmazione dello sviluppo che possa favorire il riequilibrio economico, sociale e culturale del territorio provinciale e regionale” (lettera b).» Per inciso, viene anche ricordato che la deliberazione comunale deve essere approvata, comunque, a maggioranza assoluta.
Per praticità, le diverse disposizioni citate sono riportate in allegato alla relazione originale, nell’Appendice normativa, ma non sono state inserite in questa edizione per SpazioLiberoBlog.
A seguito della nota regionale, l’Amministrazione comunale di Trevignano Romano ha dato incarico al sottoscritto di porre in evidenza i motivi e le situazioni che sono all’origine della sua scelta e che determinano la volontà – condivisa da gran parte degli abitanti e da altre Amministrazioni dei comuni limitrofi – di far parte di un altro ambito territoriale, con cui esistono omogeneità storico-geografica, affinità secolari, connessioni consolidate e più opportune ragioni di aggregazione.
Quale introduzione all’argomento e sintesi delle circostanze del momento, riporto dal recente studio Città metropolitane. Individuazione dell’area metropolitana. Stato dell’opera nelle varie Regioni, a cura di G. Campilongo, le considerazioni riguardanti la situazione di Roma.
«(…) Il 20/12/1995, la Regione Lazio, la Provincia di Roma e il Comune di Roma, hanno costituito l’Ufficio per la pianificazione territoriale dell’Area Metropolitana di Roma, con lo scopo di avviarne il processo di copianificazione. L’ufficio aveva prodotto un “programma di lavoro” che anticipava i contenuti del Piano Territoriale Metropolitano. Successivamente, con la L.R. 4/1997, la Regione Lazio emanava norme per l’individuazione dell’area metropolitana e istituiva, presso la provincia di Roma, la Conferenza Metropolitana, cui compete formulare proposte per l’individuazione dell’area.
Con deliberazione del Consiglio Comunale n° 21 del 18/1/2001, successivamente modificata con deliberazione del Commissario Straordinario n° 113 del 25/5/2001 il Comune di Roma ha iniziato la procedura prevista dal secondo comma dell’art. 22 del D.Lgs. 18/8/2000, n° 267, manifestando la propria volontà a partecipare alla costituzione dell’area metropolitana di Roma, proponendo alla Regione Lazio di procedere alla delimitazione territoriale dell’area, che dovrà coincidere con i territori dei comuni che assumeranno analoga determinazione;
Il Consiglio Comunale ha inoltre deliberato:
- di proporre alla Regione Lazio, ai sensi dell’art. 24 del D.Lgs. 18/8/2000, n° 267, di definire, anche prima della delimitazione territoriale dell’area metropolitana, un ambito sovracomunale, coincidente con il territorio dei comuni che hanno deliberato l’adesione all’area metropolitana, per l’esercizio coordinato delle seguenti funzioni:
- pianificazione territoriale metropolitana;
- reti infrastrutturali e servizi a rete;
- piani di traffico intercomunali;
- tutela e valorizzazione dell’ambiente e rilevamento dell’inquinamento acustico e atmosferico;
- interventi di difesa del suolo e di tutela idrogeologica;
- raccolta, distribuzione e depurazione delle acque;
- smaltimento dei rifiuti;
- grande distribuzione commerciale.
- di costituire il Consiglio Metropolitano di Roma, composto da 10 consiglieri eletti da ciascun consiglio comunale e da 3 consiglieri eletti da ciascun consiglio circoscrizionale di Roma, con compiti di indirizzo e controllo sulle funzioni esercitate in forma coordinata e sul processo di costituzione della città metropolitana;
- di costituire il Coordinamento Metropolitano, composto dal Sindaco di ciascun comune e dal Presidente di ciascuna circoscrizione del comune di Roma. Il Coordinamento Metropolitano si riunirà per promuovere l’efficace assolvimento delle funzioni esercitate in forma coordinata, nonché ulteriori forme di collaborazione tra i comuni, nella prospettiva della costituzione della città metropolitana, in particolare nei settori dei servizi culturali, educativi e sociali.
Con deliberazione del Consiglio Comunale n° 22 del 19/01/2001 il comune di Roma ha trasformato le attuali Circoscrizioni in Municipi, contribuendo così a demotivare atteggiamenti di rifiuto dovuti alla paura di un ruolo egemonico della città centrale rispetto agli altri comuni interessati a far parte della futura Città Metropolitana. La città di Roma risulterà quindi articolata in diciannove municipalità, alle quali sono stati conferite tutte le competenze relative al governo del territorio: la gestione dei servizi sociali, delle manutenzioni ordinarie e straordinarie di strade e edifici, del rilascio delle autorizzazioni commerciali, delle affissioni e pubblicità, dei servizi anagrafici e della riscossione dei tributi, degli interventi sul traffico e la segnaletica, dei lavori pubblici, nella coerente attuazione, anche a livello comunale, del principio di sussidiarietà.
I nuovi municipi avranno inoltre un’autonomia finanziaria, in termini di entrate e di uscite, che non ha riscontro in nessun’altra grande città italiana.
Le vicende dell’area metropolitana di Roma s’intrecciano poi con quelle relative al suo ruolo di Capitale dello Stato Italiano e di conseguenza con l’eventuale riconoscimento di uno stato giuridico specifico, che potrebbe comportare un assetto e delle funzioni diverse per l’area metropolitana.
A tal proposito si registrano varie proposte di legge che propongono un ordinamento speciale per Roma Capitale, tendenti ad equiparare la Città di Roma ad una regione. (Camagni e Lombardo, 1999 – Romagnoli, 2003)»
Ambito territoriale dell’area presa in esame
L’assetto dell’Area Metropolitana di Roma, quale si va configurando, non risponde alle caratteristiche che l’Amministrazione di Trevignano Romano ed altre della Tuscia cosiddetta “romana” ritengono debba avere il futuro comprensorio – si usa qui un termine volutamente generico – di cui tali centri possano far parte vantaggiosamente.
Evidentemente, gli elementi che si riscontrano in questi comuni e che suggeriscono la loro estraneità al territorio individuato come Area Metropolitana di Roma non sono esclusivi di questa entità geografico-amministrativa. Essi, invece, si ritrovano in un ambito più vasto e che comprende altre entità, che si caratterizzano, appunto, per un insieme di fattori comuni, risalenti all’antica situazione della zona e mantenutisi nonostante le modificazioni culturali, amministrative, politiche intervenute e l’influenza esercitata dalla città di Roma su un ampio hinterland che ha risentito grandemente della “pressione demografica” e di numerosi altri fattori di condizionamento.
Le gravissime trasformazioni antropiche dell’ambiente, l’abnorme consumo di suolo agricolo, la forte domanda di residenza a costi contenuti che ha stravolto i centri urbani minori, i fenomeni del pendolarismo dei lavoratori con situazioni delle infrastrutture e dei trasporti fortemente carenti, la crescita di seconde case – avvenuta per decenni e ancora non esaurita benché non più rispondente alla domanda ma prodotta da investimenti non sempre leciti e realizzata con materiali scadenti e in aree geomorfologicamente inadatte –, sono alcuni eloquenti esempi dell’influenza negativa di Roma.
Per individuare l’ambito territoriale che ricomprende il comune di Trevignano Romano e gli altri comuni che presentano le medesime caratteristiche, prenderemo in esame alcune aggregazioni già definite formalmente dalla Regione Lazio.
Con la L.R. 22 dicembre 1999 n° 40 “Programmazione integrata per la valorizzazione ambientale, culturale e turistica del territorio” sono state istituite le Aree di Programmazione integrata nella nostra regione. Si tratta di comprensori sovraccomunali omogenei sotto il profilo storico, ambientale e culturale, porzioni di territorio in grado di presentarsi con una proposta unitaria di offerta culturale e turistica. Oggi rappresentano uno strumento della programmazione regionale atto a favorire lo sviluppo locale e rafforzare l’identità del territorio attraverso la valorizzazione di tutti i suoi elementi naturali, antropici, culturali, storici e tradizionali.
Ciascuna area riconosciuta come tale dalla Regione elabora un programma integrato di sviluppo nel quale vengono messi a sistema gli interventi di riqualificazione, miglioramento della fruibilità e promozione del patrimonio culturale e ambientale insieme a quelli riguardanti gli elementi e servizi della filiera turistica. Così si esprime il sito dell’Assessorato alla Cultura e Politiche Giovanili della Regione Lazio nella pagina dedicata alle Aree di Programmazione integrata.
I Comuni di Civitavecchia, Allumiere, Tolfa, Santa Marinella, Cerveteri e Ladispoli costituiscono, nell’ordine dato – da nord a sud – dalla loro posizione geografica sulla fascia costiera dell’Alto Lazio, la parte ricadente nella Provincia di Roma del cosiddetto “Litorale Nord” che è stato oggetto del Piano Territoriale Paesistico (PTP) n° 2/A approvato dalla Regione Lazio nell’ambito dei provvedimenti di pianificazione paesistica e tutela dei beni e delle aree sottoposte a vincolo paesistico di cui alle leggi regionali n° 24 e n° 25 del 6 luglio 1998. Già tale comune appartenenza ad un ambito pianificatorio basato sulla omogeneità di alcune caratteristiche territoriali dimostra che l’intendimento delle predette amministrazioni di proporre la propria candidatura ad “area di programmazione integrata” si fondava non solo sulle antiche e ben note interconnessioni e affinità derivanti da un processo plurisecolare che risale alle origini dell’insediamento umano nella zona e ai suoi sviluppi politici, amministrativi, culturali, artistici e ambientali, ma anche su recenti delimitazioni e raggruppamenti che sono stati oggetto di studi e provvedimenti coordinati da parte della stessa Regione. È noto, del resto, che una precedente iniziativa dello stesso Assessorato regionale Politiche per la promozione della Cultura, dello Spettacolo e del Turismo, mirata all’organizzazione sistemica dei servizi culturali e turistici nell’area Cerite-Tolfetana, individuata nel territorio degli stessi Comuni, è stata avviata nel corso del 1996 e non è pervenuta a concrete iniziative di programmazione integrata per motivi contingenti oggi superati.
I Comuni di Anguillara Sabazia, Barbarano Romano, Bassano Romano, Blera, Bracciano, Canale Monterano, Manziana, Oriolo Romano, Trevignano Romano, Vejano, Villa San Giovanni in Tuscia fanno parte dell’Area integrata della “Tuscia Romana” (aree elette con D.G.R. n° 1300/2004). In questo caso, risulta evidente l’inadeguatezza dei termini e delle diciture, dato che proprio le parole “Tuscia Romana” rappresentano una contraddizione in termini, sia pure largamente utilizzata da almeno mezzo secolo. Avere inserito nel gruppo di undici Comuni ben sei Comuni della Provincia di Viterbo (di cui tre, peraltro, corredati dell’attributo di Romano), all’ingresso dei quali campeggia il cartellone di «Comune della Tuscia Viterbese», esprime l’approssimazione e la superficialità che hanno caratterizzato anche l’impostazione di provvedimenti di sviluppo economico, di governo del territorio e di organizzazione delle risorse che avrebbero richiesto ben più meditate analisi e conseguenti scelte e decisioni.
Sempre nell’ambito delle iniziative connesse alla L.R. 22 dicembre 1999 n° 40, gli uffici regionali hanno emanato il documento Idee progettuali per una valorizzazione integrata dei beni territoriali per il tema Etruschi riguardante le Aree Integrate Litorale Nord –Terre di Vejo – Tuscia Romana. Tale documento chiariva quanto segue:
«È importante sottolineare che il tema Etruschi non è da intendersi in modo rigido e vincolante, legato unicamente alla presenza sul territorio di siti e reperti archeologici riferiti a questa civiltà. Al contrario, in quanto radice culturale dei territori considerati, rappresenta la base concettuale e il filo conduttore attraverso cui valorizzare molteplici aspetti del territorio stesso. Qualche esempio: hanno radici etrusche sia le attività estrattive e l’allevamento brado, due punti di attrazione dell’attuale paesaggio culturale e ambientale dei Monti della Tolfa, sia le pratiche agricole, che caratterizzano gran parte dei territori in oggetto con numerosi spunti tematici (l’area agricola come ambiente naturale per animali di elevato interesse, prodotti tipici locali di antica tradizione, cultura contadina, feste e culti tradizionali, ecc); nella zona del Lago di Bracciano, circuiti di visita volti alla conoscenza del paesaggio vulcanico comprenderanno l’elemento “acqua” (lago, sorgenti, torrenti, ecc) con valorizzazione anche della storia ed evoluzione del suo sfruttamento da parte dell’uomo, dalle opere idrauliche dell’antichità alle vecchie mole.»
Evoluzione legislativa e caratteristiche morfologiche del territorio
L’attuale suddivisione amministrativa del Lazio risulta per molti aspetti artificiosa, essendo il risultato dell’assetto postunitario, modificato in epoca fascista e poi con l’avvento della Repubblica (a volte per chiari intenti politici da parte dei partiti al potere) e, infine, con l’istituzione delle Regioni nel 1970, anche se con spostamenti di confini molto limitati.
Già nel 1814, con il ritorno a Roma, terminata la parentesi napoleonica e in seguito alla completa riconsegna nelle mani del potere pontificio di tutti i territori della penisola italiana che avevano composto lo Stato della Chiesa, Pio VII ed il segretario di Stato cardinale Ercole Consalvi elaborarono una nuova suddivisione amministrativa per i territori pontifici: il 6 luglio 1816 venne così emanato il motu proprio Quando per ammirabile disposizione “sulla organizzazione dell’amministrazione pubblica”. La precedente ripartizione in 11 province dello Stato fu sostituta da 17 delegazioni, cui si aggiungeva quella speciale della Comarca di Roma. La riforma era influenzata dal modello francese di Stato amministrativo, che l’Italia aveva conosciuto durante il dominio napoleonico. La delegazione aveva poteri esecutivi. Dopo l’Unità d’Italia, le delegazioni pontificie costituirono, nelle regioni di appartenenza, la base territoriale dei nuovi enti locali dell’Italia unita, anche se non sempre furono mantenute nella loro conformazione e non tutte ebbero la stessa sorte. Nel corso degli anni, vi furono iniziative e tentativi di modificare l’appartenenza di comuni a regioni e province. Negli anni Novanta, ad esempio, ebbe un certo seguito la proposta di istituire una Provincia di Civitavecchia distaccando da quella di Roma la fascia costiera da Ladispoli in poi.
A monte delle iniziative e degli interventi proposti dalle amministrazioni locali e, da ultimo, del PRUSST, vi è stata una considerazione nuova e più consapevole delle potenzialità complessive del territorio interessato, prima trascurate, anche per il mancato avvio delle precedenti indicazioni legislative e delle previsioni programmatiche regionali.
Nel novembre 1976, il Consiglio Regionale del Lazio aveva istituito i comprensori economico-urbanistici, che avrebbero dovuto sostituire, almeno per il governo del territorio, le province. Il comprensorio n° 4, che faceva capo a Civitavecchia, era esteso ad una superficie di 850 kmq ed era formato da undici comuni della provincia di Roma, con una popolazione complessiva di circa 110 mila unità. L’individuazione del comprensorio in quella consistenza, rappresentò il superamento dei primitivi indirizzi proposti dal Documento per la deliberazione programmatica sull’assetto del territorio regionale del ’74, che assegnava gli undici comuni a due diverse aree sub-regionali, la A4 e la B1.
Si trattava di una proposta che sembrava rispondere perfettamente al clima di fiducia in importanti riforme amministrative connesse ad innovazioni politico-sociali, che avrebbero dovuto preludere, tra l’altro, anche alla riforma urbanistica e ad un nuovo regime dei suoli. In effetti, la legge 28 gennaio 1977, n° 10 (firmata dal ministro dei lavori pubblici Pietro Bucalossi) parve rappresentare un profondo mutamento del concetto di edificabilità dei suoli, ma subì ben presto amputazioni e modifiche tali da snaturarla.
L’istituzione dei comprensori, tuttavia, non è stata seguita da azioni concrete e l’evoluzione teorica e politica del dibattito sull’ordinamento degli enti locali ha poi portato ad altri risultati, in cui si sono sovrapposti via via l’affermazione di ampie autonomie e il mantenimento di dipendenze non superate, criteri di decentramento e limitazioni finanziarie, incertezze sulla dimensione delle aree metropolitane e spinte federaliste, senza ancora individuare i livelli e le modalità di una programmazione coordinata che è ormai ben presente nelle convinzioni di tutti ma che non trova un definitivo assetto istituzionale.
Di norma, ogni livello di pianificazione si riferisce ad entità territoriali già definite o amministrativamente (regione, provincia, comune) o in base ad altri parametri che comunque ripropongono in grandi linee i limiti delle ripartizioni amministrative. Già in questo senso, è possibile considerare come unica entità il territorio che comprende la Provincia di Viterbo e i Comuni della Provincia di Roma a nord-ovest della capitale, che hanno con essa antichi legami e dei quali Civitavecchia è il centro di maggiori dimensioni e con funzioni più complesse.
Infatti, anche l’esame puramente geografico, se da una parte conferma l’estrema varietà del Lazio, per gli aspetti del paesaggio e delle condizioni naturali in genere, dall’altro sembra suggerire un sottofondo comune di questa sua parte che la Valle del Tevere delimita nettamente ad est. Questo territorio, in effetti, presenta diverse zone con caratteristiche orografiche distinte. L’aspetto più appariscente è offerto dai rilievi vulcanici formati dai Monti della Tolfa, dal gruppo dei Ceriti e dai grandi apparati vulcanici dei Vulsini, dei Cimini e dei Sabatini, che poi continuano a sud in quello degli Albani.
In origine, le zone più elevate erano rivestite di boschi (conservati, nel gruppo più alto dei Cimini), di macchie la zona più bassa; poi sono stati in gran parte coltivati, costituendo aree di predilezione del vigneto e dell’uliveto. Soltanto alcune distese coperte da una coltre più dura sono aride e occupate da pascoli. I bordi di questi apparati sono formati da pianori o collinette, solcati da valli e torrenti (Fiora, Marta, Mignone), ancora largamente ricoperti dalla macchia mediterranea. A nord di Civitavecchia e sui versanti di alcune valli si hanno tracce di terrazzi costieri. La costa sabbiosa a sud di Santa Severa si è invece formata in età storica ed è costituita specialmente dalle alluvioni tiberine. Nel suo complesso la costa è tra le sezioni più importuose della penisola: l’unico porto naturale del Lazio è Gaeta, essendo Civitavecchia totalmente artificiale.
Per certi aspetti paesistici e agricoli si avverte come questo territorio sia piuttosto legato alle zone meridionali della vicina Toscana (Maremma) che non al resto del Lazio. Tale fatto trova riscontro nella evoluzione storica del territorio: in un certo senso si può affermare che l’antica unità dell’Etruria sopravviva ancora.
L’unione di tale zona con il resto dell’attuale Maremma portava ovviamente ad una sua partecipazione più attiva all’economia totale, trovandosi praticamente nel cuore della fascia tra l’Arno ed il Tevere, mentre il sud del Lazio era invece unito alla Campania in un’unica regione geo-politica. Le successive modificazioni che hanno avvicinato agli attuali limiti regionali l’unità amministrativa di queste zone, hanno in qualche modo sovvertito un equilibrio naturale ponendo per di più in posizione periferica località un tempo centrali. Ne è conseguito quindi un diffuso stato di abbandono, essendo venuta a cessare la preesistente continuità di correlazioni, sostituita da una gravitazione su Roma, centro dell’Impero e poi del Papato, caratterizzata da un rapporto tributario e di servizio.
L’ordinamento politico, mantenutosi pressoché costante fino al secolo scorso, non ha favorito uno sviluppo organico, ostacolato per di più dall’estensione del latifondo, da condizioni ambientali allora sfavorevoli e da una organizzazione nella quale l’accentramento aveva solo carattere fiscale e il decentramento era di tipo feudale. Per quella sovrapposizione di effetti che le vicende storiche determinano, è d’altra parte interessante notare che, mentre verso la Toscana i limiti politici hanno ostacolato dei rapporti tra zone naturalmente omogenee, verso l’Umbria hanno favorito degli scambi con un territorio che era invece fortemente diverso da molteplici punti di vista.
Da non dimenticare, infine, la funzione strategica che il porto di Civitavecchia ha rivestito e sempre più riveste attualmente per tutta l’Italia centrale, particolarmente in rapporto alle comunicazioni con la Sardegna, ma più in generale quale polo di gravitazione e smistamento delle diverse componenti dei trasporti per passeggeri e merci e oggi quale primario terminale crocieristico, che detiene ormai da anni, nel Mediterraneo, la leadership del mercato delle crociere, con un numero complessivo di crocieristi pari a 2.538.259 unità che – secondo le previsioni dell’Autorità Portuale – salirà nel 2015 oltre la quota record di 2.700.000 passeggeri. Si tratta, a questo punto, di mettere in atto un insieme di azioni coordinate e innovative perché questo traffico possa alimentare forti flussi turistici diretti ai centri dell’entroterra. Da tutto ciò si deve trarre un primo suggerimento. Poiché la pratica degli interventi non può prescindere da ben delimitate entità amministrative, l’unità del “comprensorio”, nel caso dell’Alto Lazio, può essere ritrovata in quella che potrebbe sembrare motivo di frammentazione, ossia nel considerarlo un insieme eterogeneo. Proprio questa eterogeneità, l’essere questa “regione” partecipe per diversi motivi di quelle limitrofe senza identificarsi del tutto con una di esse, può caratterizzare il suo inserimento in una pianificazione come entità definita: costituire cioè un punto di sutura tra il sud del Lazio, la Toscana, l’Umbria e, considerando la contiguità data dal collegamento marittimo, la stessa Sardegna.
Per quanto riguarda l’individuazione dell’area, le considerazioni valide per il più ampio contesto della Tuscia, valgono ovviamente, a maggior ragione, per sua parte più legata alla conurbazione romana, ma da essa distinta e separata, contrariamente a quanto si verifica per i territori a sud della capitale, tanto sulla direttrice della valle dell’Aniene, quanto sull’asse della Via Latina, verso i Castelli e verso la fascia litoranea servita dalla Pontina. L’area individuata, o meglio confermata, che rispetta – allo stato attuale – i confini provinciali, comprende territori che in larga misura facevano parte, fino ad alcuni decenni addietro, del territorio comunale di Civitavecchia o che, pur al di fuori di tali confini, hanno sempre partecipato alle stesse vicende socioeconomiche.
Condizioni economiche, tendenze dinamiche, possibilità d’incremento
I valori e la situazione dell’area esaminata in questa relazione, in se stessi, non avrebbero il rilievo peculiare e le connessioni positive che sono invece esaltate dalla appartenenza ad un più ampio sistema – quello appunto precedentemente descritto, che ha costituito – come si è detto – il territorio di riferimento del programma di riqualificazione e sviluppo sostenibile finanziato dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti.
Le tradizionali vie di accesso al territorio sono le tre strade statali Cassia, Aurelia, Flaminia, che, dato il peso di Roma, convogliano innanzi tutto i flussi dei trasporti su gomma verso questa città. La costruzione dell’Autostrada del Sole ha tolto ai territori attraversati gran parte di questo traffico di transito che costituiva in qualche modo una fonte economica. Già un primo aspetto del problema è da tempo emerso da questa prima considerazione, in quanto non sono state create le condizioni per approfittare dell’alleggerimento della suddetta viabilità e migliorare e qualificare contemporaneamente quella interna, onde renderla efficiente per i collegamenti locali. L’incremento subito dal traffico veicolare e pesante su tutte le consolari, la brevità del tratto servito dall’autostrada tirrenica e le sue perduranti interruzioni, l’incompletezza della Trasversale Nord e il mancato potenziamento della viabilità minore – per non dire della rete ferroviaria – hanno determinato una situazione insoddisfacente nelle aree interne e sul litorale che ci interessa. Se le migliorie poste in opera, come il nuovo tracciato della Via Aurelia e l’innesto autostradale di Torre in Pietra, danno un esempio delle possibilità di rivalutazione delle aree interessate con interventi infrastrutturali, la loro incompletezza e disorganicità ne evidenziano le gravi insufficienze.
Le grandi vie di comunicazione traversano il territorio da nord a sud confluendo tutte sulla capitale. Tale situazione di fatto, non modificabile per la conformazione fisica dell’Italia, va quindi integrata e dosata. Conservarla cioè per i collegamenti veloci e su grandi distanze tra i poli interregionali, ma completarla con arterie locali e raccordi autostradali e ferroviari che svolgano la funzione di interconnessione tra i centri di interesse turistico e culturale. Chiaramente conseguente a tutto ciò è la necessità del completamento della Trasversale Civitavecchia-Viterbo-Terni, ma anche di quel fascio infrastrutturale complesso che la programmazione economica ha individuato ormai da anni come spina dorsale di questi territori. Esso quindi si configura come infrastruttura a carattere nazionale in quanto deve collegare con i due mari le regioni interne della penisola e costituire l’indispensabile asse dell’Alto Lazio. La definizione delle caratteristiche di questo “fascio” si pone a questo punto come uno dei problemi fondamentali per la prosecuzione delle iniziative legate al PRUSST.
Il turismo come fenomeno economico rappresenta un fattore d’importanza fondamentale nella soluzione dei problemi di sviluppo d’una economia ancora depressa quale è quella dell’Alto Lazio. In una zona depressa i bassi redditi sono tali anche a causa della forte disoccupazione o dell’occupazione eccessiva di mano d’opera in settori scarsamente remunerativi; da qui discendono i ben noti fenomeni di spopolamento che hanno caratterizzata nei decenni scorsi le zone interne. Lo sviluppo turistico, se effettivo e totale, potrà portare un sostanziale miglioramento di benessere e costi più basi che in altre attività, esistendo in questa zona le necessarie premesse ambientali. Dove si è affermato questo fenomeno economico, si è avuto un arresto dell’emigrazione e uno stimolo alla creazione di locali attività imprenditoriali.
Il patrimonio di attrattive turistiche della Tuscia risulta ricco, vario e spesso assolutamente peculiare: il patrimonio archeologico e monumentale la colloca tra le regioni del mondo di primario interesse storico. Notevoli anche le attrattive di ordine naturale e paesistico per la presenza dei tre classici elementi di richiamo turistico: mari, monti, laghi. Acque minerali, sorgive e termali, completano il quadro delle risorse turistiche.
Il programma di sviluppo di questo settore ha previsto:
- a) la valorizzazione del patrimonio archeologico, monumentale e naturale come fattore di avviamento di nuove correnti turistiche mediante la realizzazione e la riqualificazione di parchi naturali e archeologici, di aree protette, di centri per attività culturali connesse al turismo e alla formazione;
- b) la riorganizzazione dell’industria termale;
- c) l’attrezzatura di località di soggiorno sui laghi e sul mare;
- d) la creazione di centri turistici, infrastrutture e organizzazioni per il completo e unitario sfruttamento del settore.
Alla scala più in generale dei Comuni facenti parte dello stesso sistema da porre a regime con future azioni di programmazione coordinata, la trama lasca degli insediamenti e la dilatazione del territorio suggeriscono una economia estensiva nel senso di considerare il territorio stesso in rapporto alle sue capacità produttive, ovviamente non proporzionali alla superficie.
Si tratta cioè di assumere le varie zone come masse ponderali: una rete efficiente di collegamenti sdrammatizza il fattore distanza. Così anche l’attuale isolamento topografico della zona centrale diviene risolvibile e cardine del sistema appare il collegamento trasversale Civitavecchia-Viterbo-Terni, proposto come vero e proprio asse attrezzato di tutto il territorio, anche materialmente capace di indicare la direttrice di sviluppo.
Accertate dunque le possibilità di successo di una politica di coordinamento, rimane da verificare la viabilità di tale territorio di intervento unitario su vastissima scala. Come si è detto in precedenza, le dilatate situazioni storico-economiche del territorio hanno portato al suo esame unitario ed alla previsione di un sistema di risoluzione comune. In questa fase si è cercato di focalizzare i due aspetti principali di tale programmazione: l’organizzazione generale delle infrastrutture e dei servizi e lo studio dell’asse trasversale visto nelle sue funzioni di arteria a livello interregionale e di spina polivalente nel tratto Civitavecchia-Orte.
Le vicende storiche del territorio come premessa di un assetto strategico ottimale
Nell’ordinamento politico-economico delle antiche popolazioni insediate nell’area di cui si tratta, a mio parere, è possibile riconoscere una forma evoluta di organismo sociale coordinato, che ho definito[1] «comunità comprensoriale», basato, oltre che sull’agricoltura e sull’allevamento, su specifiche forme di industrializzazione e di commercializzazione di materie prime e prodotti, imperniate sulle risorse minerarie dell’area. Essa può allora essere individuata in quella porzione dell’Etruria meridionale che è racchiusa a nord e ad est, verso l’entroterra, dal Mignone, il cui centro è costituito dai maggiori rilievi vulcanici tolfetani (che si protendono verso il Tirreno con lo sperone in direzione del Capo Linaro, abbracciando, ai lati di questo, due litorali pianeggianti) e che a sud si apre verso la foce del Tevere, incontrando però nell’Arrone, emissario del lago di Bracciano, una naturale delimitazione. Altri sistemi analoghi di nuclei sociali gravitanti entro determinati «comprensori» possono essere individuati nei territori circostanti a quello descritto. Successivamente, si verifica una situazione che, come vedremo meglio più avanti, impedisce il concludersi del fenomeno di inurbamento nella zona montana. Mentre in essa persistono manifestazioni culturali di tipo protovillanoviano, alla «periferia» del comprensorio appaiono i sintomi d’un radicale mutamento.
Appunto le propaggini periferiche del complesso dei Ceriti, in particolare la zona della bassa valle del Mignone e quella all’estremità opposta del litorale, dove agli aspri rilievi si sostituiscono le lunghe vallate che si irradiano dal lago sabatino, vedono nuovi fermenti animare la vita dei villaggi che vi sorgono. Si direbbe che, in tale fase di transizione, queste zone, poste a confine tra i territori di quelle diverse comunità comprensoriali ipotizzate, e costituendo le più agevoli e sicure penetrazioni dalla costa all’entro-terra, assumano nei confronti dell’hinterland una funzione squisitamente terziaria, in una forma specializzata, ignota all’organizzazione primitiva del sistema economico esistente fino a quel momento. Il fenomeno più evidente, che praticamente contraddistingue il delinearsi della civiltà etrusca sulla scena storico-geografica del territorio, è la caratterizzazione in veri e propri centri urbani degli agglomerati insediativi ricadenti entro queste «aree di sviluppo» in posizione strategica, il cui ruolo assume, appunto, funzioni terziarie egemoniche. Precedono e accompagnano il fenomeno, come cause determinanti o concomitanti, eventi complessi, ancora non del tutto chiariti, ma che le stesse antiche leggende etrusche lasciano intravedere, adombrati nelle vicende degli eroi eponimi. Non muta, tuttavia, la sostanza dell’organizzazione territoriale, ampliata e proiettata con relazioni commerciali in più direzioni, ma rimasta – al suo interno – di tipo trasversale.
Le interrelazioni si spingono dalla costa alla valle del Tevere ed oltre, attraverso la fascia collinare, che diviene il cuore della confederazione etrusca, ove convengono i rappresentanti delle città dei due versanti, per le adunanze rituali al Fanum Voltumnae: con le sue selve misteriose, essa è la sintesi del mondo culturale etrusco, mentre i suoi laghi sembrano rappresentare e concentrare il simbolo stesso di quel popolo, che sulle acque del Tirreno e attraverso i guadi tiberini espande i propri commerci, pur non riuscendo a superare il frazionamento delle sue città-stato.
Ad ogni possibilità evolutiva, comunque, pone fine la conquista romana e il nuovo assetto longitudinale che ne consegue. Esso determina la decadenza delle attività produttive, l’abbandono delle risorse locali ed il crollo della precedente economia agricola dei pagi indigeni, prima con l’introduzione del latifondo a manodopera servile, poi con l’importazione delle derrate dalle più ricche provincie dell’impero.
Alla diffusione delle villae rusticae segue, quindi, la costruzione delle grandi residenze signorili, spesso maritimae (quindi a diretto contatto del mare, con vaste peschiere per la piscicoltura), destinate agli otia di personaggi potenti e di facoltose famiglie dell’Urbe: precedenti storici delle attuali lottizzazioni turistiche, pur se esenti – nella loro magnificenza e nell’isolamento elitario in cui sorgono – dallo squallore estetico e dalle conseguenze ambientali di queste.
La stessa costruzione del porto di Centumcellae si colloca, con le altre strutture di carattere militare e commerciale, nel quadro d’un sistema, certamente sapiente per le finalità di Roma, ma che relega a ruoli di servizio le aree e le popolazioni locali: il centro maggiore del comprensorio nasce, così, come atto d’imperio del potere centrale, appunto «cattedrale nel deserto», voluta nel quadro della politica traianea, che tenta di recuperare, con interventi infrastrutturali, la gravissima crisi economica dell’Italia ed in particolare della terra d’Etruria.
Le successive vicende non mutano, nell’ottica storica attuale, il quadro sin qui delineato: ancora deserto ostile nel periodo lunghissimo delle invasioni, plaga malarica e incolta nell’età feudale, territorio da cui trarre risorse nello Stato Pontificio, il comprensorio non trae vantaggi neppure dall’annessione allo Stato unitario e le sue condizioni di sottosviluppo perdurano fino a tempi recenti, aggravate da nuove minacce, anche se, negli ultimi anni, prospettive più concrete sembrano sostituire i discorsi, le promesse e gli auspici per uno sviluppo che l’Alto Lazio attende da secoli.
Come le distinzioni delle Tuscia di cui abbiamo parlato, così lo stesso nome di Alto Lazio costituisce una improprietà storica, negando a questi territori dell’antica Etruria e poi, appunto, della Tuscia, la loro identità. Una identità che non è più etnica, naturalmente, nel contesto di una popolazione italiana che ha visto molteplici migrazioni interne e, dagli anni ’80 del Novecento, un processo migratorio ancora in atto con molteplici provenienze europee ed extraeuropee. Ma che è rappresentata da un insieme di elementi di coesione, quali in primo luogo i luoghi stessi dell’insediamento e le loro caratteristiche ambientali, oltre alle tradizioni locali mantenutesi e divenute patrimonio collettivo delle comunità, come i prodotti agroalimentari tipici, i locali e gli eventi enogastronomici, le innumerevoli forme di imprenditoria “intelligente”, veri e propri fattori di aggregazione culturale, oltre che risorse economiche capaci di attirare consistenti flussi turistici saltuari o permanenti.
Conclusioni
Come conclusione di questo studio, trova conferma l’ipotesi di considerare il territorio dell’area individuata, definito precedentemente su basi geografiche, come una unità d’intervento anche dal punto di vista della programmazione e della pianificazione, a maggior ragione da riferire – dal punto di vista amministrativo – ad una entità che comprenda tutto l’ambito sub regionale a nord-nord-est del confine comunale di Roma, del tutto autonomo rispetto alle funzioni e agli organi dell’Area Metropolitana Romana.
Per riassumerli brevemente, i motivi che portano a tale ipotesi sono di ordine storico, ossia la secolare situazione politico-culturale unitaria dei vari ambiti comunali; di ordine economico, per le molteplici interrelazioni dei vari settori produttivi suscettibili di sviluppo; e di ordine amministrativo, data la tendenza in atto e le agevolazioni legislative da sviluppare, a favore di un coordinamento formale e sostanziale delle azioni degli enti interessati, di cui i programmi innovativi – come appunto il PRUSST ed il progetto CiViTeR – hanno individuato le basi, mettendo a disposizione risorse finanziarie, per la realizzazione di opere pubbliche, non trascurabili.
Nelle illustrazioni di queste pagine, è riportato il progetto pilota – formato dalla Regione Lazio con la collaborazione dell’Ufficio Consortile Interregionale della Tuscia – di messa a punto della “Agenda strategica territoriale” nel quadro dell’azione di collaborazione transnazionale Interreg IIIB Medocc Medisdec – Stratmed, Ricerca di convergenza e coerenza nella gestione dello spazio Mediterraneo, finalizzata alla verifica dello Schema di Sviluppo dello Spazio Europeo, delle “Piattaforme territoriali” del Ministero delle Infrastrutture e delle politiche comunitarie definite dalla “Strategia di Lisbona” e dal documento di Göteborg. Il progetto pilota laziale ha puntato sullo sviluppo di una porzione di territorio «al di fuori dell’area metropolitana romana»: l’area di Civitavecchia e del Viterbese che hanno notevoli potenzialità non adeguatamente valorizzate. Il progetto – come è chiaramente espresso nella dettagliata relazione illustrativa – ha agito in un’ottica di riequilibrio e rafforzamento territoriale: un’occasione per costruire un’agenda strategica territoriale di medio-lungo periodo per l’area settentrionale della regione.
Anche questo indiretto riconoscimento, contenuto in documenti di particolare importanza nella pianificazione strategica regionale, contribuisce a confermare la tesi della presente relazione.
Oltre alla illustrazione del frontespizio, che riproduce il logo dell’Ufficio Consortile Interregionale della Tuscia, tratto dal notissimo affresco Tuscia Suburbicaria, del 1581, opera di Egnazio Danti nella Galleria delle Carte Geografiche della Città del Vaticano, con l’aggiunta – a rappresentare il “Litorale Nord della Regione Lazio – di un particolare dell’etrusca Tomba della Nave di Tarquinia, dato il carattere prevalentemente storico della presente relazione, ho inserito nella serie di illustrazioni una carta geografica d’epoca, l’incisione del 1720 di Cornelis Blaeu, Campagna di Roma olim Latium; Tuscia Suburbicaria, et in ea Patrimonium Sti Petri nec non Sabina. Si tratta di una delle numerosissime piante, vedute e rappresentazioni cartografiche del territorio di cui parliamo, che confermano – nella semplice trascrizione di località e nell’apparente astrazione cartografica della immagine – la profonda unitarietà del comprensorio qui individuato ed i suoi legami – al tempo stesso geografici, storici, urbanistici economici e strategici – con le altre parti della regione etrusca.
FRANCESCO CORRENTI
-o-
Bibliografia:
Donatella Ciaffi, Simonetta Corongiu, Francesco Correnti, Maria Grazia Martini, Paola Moretti, Piano di sviluppo dell’Alto Lazio, Università di Roma “La Sapienza”, Facoltà di Architettura, Corso di Urbanistica II (prof. arch. Luigi Piccinato, ass. arch. Federico Malusardi), A.A. 1964-65.
-
Giancarlo Cataldi, La viabilità dell’Alto Lazio dalle origini alla crisi dell’Impero Romano, in “Quaderni di ricerca urbanologica e tecnica della pianificazione”, n° 4, pp. 3-29, 1969.
-
Plinio Marconi, Problemi di sviluppo a lunghissimo termine dell’espansione edilizia e della viabilità della capitale. Relative ipotesi risolutive, loc. cit.
-
Comitato regionale per la programmazione economica del Lazio, Piano di sviluppo economico del Lazio, Roma 1971.
-
VV., Atlante storico-politico del Lazio, Laterza, Roma-Bari, 1996.
-
Francesco Correnti, Chome lo papa uole … Note per una rilettura critica della storia urbanistica di Civitavecchia, Cassa di Risparmio di Civitavecchia, Civitavecchia 1985, 2005, Vol. I, p. 28 e segg., Vol. II, passim.
-
Francesco Correnti, Il PRUSST interregionale «Patrimonio di San Pietro in Tuscia ovvero il Territorio degli Etruschi», in “Urbanistica Informazioni”, rivista bimestrale di cultura urbanistica e ambientale dell’Istituto Nazionale di Urbanistica, a. XXIX, n° 174, novembre-dicembre 2000, pp. 87-89.
-
Flavia Cristaldi (a cura di), Le mille popolazioni metropolitane, un’analisi geografica dell’area romana, Università di Roma “La Sapienza”, Centro interdipartimentale di studi e ricerche sulla popolazione e la società di Roma, Roma 2003.
-
Francesco Correnti, Il Patrimonio di San Pietro in Tuscia ovvero il Territorio degli Etruschi, in Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Programmi di riqualificazione urbana e sviluppo sostenibile del territorio, Roma 2004, pp. 203-205.
-
Francesco Correnti, Per una Tuscia coordinata. L’Ufficio Consortile Interregionale della Tuscia. Una esperienza insolita di collaborazione tra enti locali, partecipazione dell’UCITuscia alla VI Rassegna Urbanistica Nazionale di Matera, Mostra in Palazzo Lanfranchi, nella sezione A3 “Strategie, politiche e programmi (infrastrutture, trasporti, aree protette, energia, politiche abitative)” dell’area tematica “Il Governo del Territorio vasto”, 1-14 marzo 2010; catalogo e CD.
-
Francesco Correnti et alii, Piano preliminare di sviluppo dell’Area di programmazione integrata “Litorale Nord” della Regione Lazio ai sensi della L.R. 22 dicembre 1999, n° 40 per la valorizzazione turistica del patrimonio storico, artistico e culturale, Ufficio Consortile dei Comuni promotori di Civitavecchia [capofila], Allumiere, Cerveteri, Ladispoli, Santa Marinella, Tolfa, con l’obiettivo di integrare tale ambito all’Area “Tuscia Romana” (Comuni di Anguillara Sabazia, Barbarano Romano, Bassano Romano, Blera, Bracciano, Canale Monterano, Manziana, Oriolo Romano, Trevignano Romano, Vejano e Villa S. Giovanni in Tuscia), Roma 2005-2007.
-
VV., Progetto pilota della Regione Lazio di messa a punto della “Agenda strategica territoriale” nel quadro della collaborazione transnazionale Interreg IIIB Medocc Medisdec – Stratmed, Ricerca di convergenza e coerenza nella gestione dello spazio Mediterraneo, Regione Lazio, Roma 2010.
-
Maurizio Battisti e Francesco Correnti (Progettisti incaricati), Variante generale di adeguamento del PRG del Comune di Trevignano Romano, 2007-10.
-
Antonio Paolucci, Giro d’Italia senza uscire dal Vaticano, in “L’Osservatore Romano”, 27-28.09.2010.
-
Manifesto della Lega Autonomie Lazio.