LO SPORT É CAMBIATO
di GIULIO BIZZAGLIA ♦
Quali parole sono ora necessarie?
Con queste righe intendo affrontare una riflessione, caratterizzata dalla massima leggerezza possibile, intorno ad alcune parole che risuonano nel mondo dello sport – degli sports – e del movimento, includendo ovviamente nella riflessione quell’area declinata da ormai un trentennio come “sport di cittadinanza”. L’obiettivo è quello di sollecitare un confronto sulle diverse attribuzioni di significato, per realizzare una sorta di ecologia delle parole, cioè un riconoscimento condiviso dei contenuti sottesi ai termini, alle definizioni, ai sostantivi. Operazione a mio avviso oggi assolutamente necessaria, se solo si pensi a quanti rivolgimenti conosca, ormai da un trentennio, lo sport (quello novecentesco, per intenderci, con tutte le sue caratteristiche); perché è abbastanza evidente che il cambiamento epocale che ha investito il fenomeno sport si può inscrivere nelle trasformazioni determinate in ogni campo dalle dinamiche della globalizzazione. Trasformazioni che nello sport interessano le pratiche, gli ambiti, le appartenenze; che denunciano una profonda ridefinizione dell’immaginario collettivo oltreché delle modalità di partecipazione, intesa nei suoi due corni, quello dello spettatore dello show sportivo (nei diversi spazi di rappresentazione) e l’altro, quello che raccoglie la sfida dello sportpertutti, vale a dire della partecipazione attiva, giocata in prima persona, come pratica culturale prima che fisica. Il risultato di questa autentica rivoluzione lo si intende facilmente: in questi stessi anni durante i quali potenti cambiamenti demografici, culturali, economici, ambientali, determinano un forte rimescolamento dei termini che per decenni abbiamo dato per scontati, lo sport cambia tutto, a partire dalla sua identità, che si definisce puntualmente in parallelo ai modi di produzione (si pensi ad esempio alla galassia oscura, trans continentale delle scommesse).
Diventa ormai indispensabile ripensare le definizioni sottese alle parole: sport, regole, prestazione, record, campione/campionismo, performance. E ancora vittoria e sconfitta, primato, classifica, doping: un lascito prezioso che il Novecento ci ha consegnato, importante, ben definito nel senso comune e nell’immaginario collettivo, grazie alla consonanza con gli stilemi della società industriale-industrialista che lo produceva.
Oggi bisogna adeguare tutto questo all’idea di rete, all’età digitale, alla molteplicità dei modelli, alla moltiplicazione delle pratiche. Oggi (in senso storico) il panorama degli sports e delle pratiche motorie si è enormemente dilatato, è uscito da tempo dai luoghi canonici, fortemente strutturati, debordando nelle città e nell’ambiente naturale e/o urbano, contaminando la quotidianità di moltissime persone, proponendosi come terreno nel quale coltivare la cittadinanza, la socialità, il benessere, la partecipazione, la solidarietà. Siamo ora in presenza di una galassia di espressioni che pone nuove domande alla scienza politica e al legislatore, agli amministratori non meno che agli urbanisti; all’economia, alla cultura. Che suggerisce nuove opzioni nella gestione del tempo, che offre alternative tra i percorsi possibili della sostenibilità ambientale, che accende una forte luce sulla qualità dei consumi culturali.
Una galassia in movimento della quale dobbiamo capire ancora molto ma che sappiamo essere capace di influire sui modi di produzione della vita quotidiana, in modi non sempre commendevoli. L’opzione spettacolare ad esempio, polarizza troppe scelte nella prospettiva della passività del consumo sedentario.
Per chi ha cura dello sportpertutti sollecitare una riflessione corale su questi temi è essenziale; può consentirci di uscire dalle secche dell’incomprensione, dell’equivoco sempre dietro l’angolo, ogni volta che si parla, per esempio, di attività fisica o di attività motoria o di promozione o di competizione. Nessuno, da solo, è depositario del sapere. Però un collettivo, un insieme di attori come quello costituito dal mondo dello sportpertutti può affrontare con serena consapevolezza un compito tanto impegnativo quanto stimolante, tanto da costituirsi come un produttore di senso, ormai storicamente legittimato.
Come esempio di questa rivisitazione linguistica che sollecito, ecco una semplice sollecitazione intorno ai soggetti del confronto di tipo sportivo.
Rivalità – Rivali
Nel confronto sportivo tra più attori, due individui o due squadre, per designare gli attori stessi si parla di competitori ( competitors), di antagonisti, di avversari, di rivali. Tralasciamo per ora i primi tre appellativi, esaminiamo il quarto.
Chi sono i rivali? Sono coloro che, separati dal fiume, stanno sulle due diverse rive dello stesso. Due identità, due appartenenze che si definiscono reciprocamente nella distinzione, nella differenza; rispecchiandoci negli altri, in quelli che non sono noi (ma che sono come noi) abbiamo l’opportunità di conoscere il mondo oltre e altro da noi. La condizione di rivalità, quindi, come opportunità di conoscenza, di estensione delle relazioni, di arricchimento cognitivo. Un conflitto culturale che stimola la crescita di entrambi.
Si potrebbe anche supporre (se non dare per scontato) un reciproco fondamento ostile in relazione alla condizione dei rivali. Invece ci sono solidi motivi storici per ritenere che i rivali, che godono del fiume come mezzo di sussistenza, di scambio, di mobilità- non per caso le grandi civiltà sono fiorite lungo il corso dei fiumi, dalla mesopotamica all’egizia alla cinese all’indiana – hanno sempre avuto un interesse assai robusto a superare la cesura rappresentata dall’acqua, riconoscendo i reciproci vantaggi insiti nell’incontro: commerci, scambi, arricchimento reciproco, forza, potere, progresso. Strumento di tutto questo: la costruzione di un ponte. Tanto è vero questo che presso i Romani la più grande considerazione in assoluto era riservata a chi sapeva costruire ponti: più del re o dell’imperatore, il Pontefice Massimo rappresenta (rappresentava) l’acme della sapienza, dell’illuminazione, della scienza, della grandezza.
Scendendo nel tempo e di grado fino a noi, possiamo affermare (sempre con la leggerezza del caso) che in molteplici situazioni di confronto, magari rischioso, il ponte che unisce gli uni agli altri, i rivali, spesso è costituito dallo sport che permette la miniaturizzazione del conflitto, lo scambio, la relazione, l’arricchimento reciproco. La condizione della rivalità consentita dallo sport-ponte si pone (anche in questo caso) come necessaria non solo all’incontro ma, prima ancora, all’esistenza del fatto sportivo. Senza, si è più poveri. Senza, non c’è gioco, non c’è sport. C’è il niente, l’ignoto, l’altro sconosciuto. Meglio: non-conosciuto perché è mancato l’incontro. Il rischio forte è che l’altro venga percepito soltanto come straniero/nemico ( hostis). Interessante notare come l’acqua giochi in questo caso un duplice ruolo, che si rivela fondamentale anche in campo semantico[1]:
…lo scarto semantico che sta alla base del comune tema etimologico posseduto da due termini apparentemente molto lontani, vale a dire ospite e ostile, dove il senso del primo è una conseguenza modale-cronologica del secondo: l’ ospite è il nemico/straniero ( hostis ) che viene accettato nella comunità dandogli da bere ( hostis potis).
Incontrando il rivale attraverso il ponte-sport immediatamente si realizza un contesto nel quale entrano in gioco i valori più alti, quei valori umani, prima ancora che sportivi, che si sostanziano nel riconoscere all’altro uno status assolutamente identico al nostro. Un contesto che realizza un rapporto paritario, equo, di totale reciprocità, solo e soltanto se riconosciamo al nostro rivale esattamente i medesimi diritti che pretendiamo per noi – e siamo da lui riconosciuti allo stesso, identico modo.
Attenzione, non un’oncia di meno: gli stessi diritti. Perché siamo l’uno l’immagine riflessa dell’altro. In queste condizioni il gioco, lo sport sublimano e diventano espressione di massima civiltà e democrazia. Di umanità. La strada per un rapporto solidale si può tracciare anche così.
GIULIO BIZZAGLIA