INTERSEX: DOVE GAREGGIARE?

di STEFANO CERVARELLI

Ancora sport femminile alla ribalta. Non è che io voglia intenzionalmente trascurare le imprese dei maschietti, ma si dà il caso che in questo scorcio d’estate l’attenzione sia maggiormente rivolta allo sport femminile sia per l’imprese puramente sportive- leggi mondiali di calcio, mondiali di nuoto, conquista della partecipazione alle Olimpiadi – sia per una questione che, seppure nella sostanza incide molto sui risultati tecnici, tira in ballo aspetti di notevole importanza in quanto mette in dubbio la completa femminilità delle protagoniste.
Mi riferisco alle atlete cosiddette intersex e di questo voglio parlare rifacendomi all’ultimo caso, quello più eclatante esploso recentemente, perché riguarda la più famosa tra queste: Caster Semenya, sudafricana di 28 anni campionessa di atletica leggera, vincitrice di due ori olimpici, tre titoli mondiali negli 800 metri e detentrice del record mondiale sulla stessa distanza.
Di cosa si tratta? Semplificando molto – siamo a Ferragosto – voglio dire che la Caster possiede organi genitali esterni femminili mentre quelli interni sono maschili.
Nata in un paesino poverissimo del Sudafrica, privo di acqua e di elettricità, comincia a gareggiare intorno ai 18 anni vincendo subito, affermandosi nella ribalta internazionale, e scoprendo nel frattempo che il suo fisico produce testosterone alla pari di un uomo.
La sua superiorità è talmente schiacciante nelle corse femminili, che a un certo punto la IAAF (Federazione Atletica Mondiale) in base ai suoi regolamenti, la costringe a scegliere da che parte stare: lei afferma di sentirsi pienamente donna e di voler correre con queste.
Dopo aver scontato una squalifica di 11 mesi, viene riammessa nella comunità sportiva e vince due ori Olimpici (Londra 2012 Rio 2016) e tre titoli mondiali (Berlino 2009, Taegu 2011, Londra 2017)
Intorno a lei, ovviamente, non può mancare di crescere la protesta delle rivali che asseriscono che in confronto a loro lei, la Caster, appartiene ad un altro pianeta. Ma quale?
Tra il suo genere non ha rivali tanto che realizza una serie di 31 vittorie consecutive, ma tra i maschi, nonostante la “sua forza” verrebbe battuta anche da uno junior.
A questo punto la IAAF e il TAS – Tribunale Arbitrale dello Sport con sede a Losanna – le impongono una cura farmacologica per far scendere il tasso di testosterone ai livelli accettabili per le rivali. Siamo davanti al primo caso di atleta che si deve” dopare” per andare più piano!!
Semeneya non accetta e presenta ricorso davanti al Tribunale Federale Svizzero contro la decisione che impone all’atleta sudafricana” di ridurre, attraverso cure ormonali, i propri livelli endogeni di testosterone fino a 5 nanomali per litro di sangue al fine di poter gareggiare tra le donne in gara comprese tra i 400 m piani ed il miglio”, mentre resta libera la sua partecipazione alle corse veloci. Assurdità questa che la costringerebbe a quasi venti anni a rivedere tutta la sua preparazione e quindi non praticabile.
La CASTER, con una sentenza lampo (emessa in 5 giorni) vince il ricorso e torna a gareggiare conquistando recentemente a Palo Alto in California proprio il suo 31° successo consecutivo.
Siamo all’ultimo atto – per ora- di questa storia. Senza inoltrarmi nei meandri giuridici dirò solo che il TAS eccepisce la sentenza del TFS, sostenendo e dimostrano che il ricorso della Carter è infondato.
Di conseguenza pochi giorni fa la Sidley Austin Llp (una delle più antiche ditte di avvocatura mondiale) per mezzo di un suo avvocato che guida un pool creato appositamente per seguire il caso della mezzofondista, ha annunciato che Caster Semenya non può gareggiare con le donne.
Questo alla vigilia dei mondiali che si terranno a Doha, nel Qatar, dal 28 settembre al 6 Ottobre.
La Sudafricana quindi sarà impossibilitata a difendere il suo titolo, ma la circostanza ancora più grave è che per la Caster Semenya di fatto questo rappresenta la fine della sua carriera.
La questione, di quello che molti esperti ritengono essere il caso giuridico sportivo più difficile e complicato della storia, rimane aperta.
È giusto che prevalgano i suoi diritti di donna e di conseguenza continuare a gareggiare tra il suo genere, oppure è giusto che si adegui alle norme IAAf per rendere più accettabile il confronto?
C’è molta diversità di idee nell’opinione pubblica.
I suoi diritti, per chi vive nel mondo dello sport, finiscono dove cominciano i diritti di tutte le altre atlete che vogliono essere tutelate.
Bisogna comunque tener conto, oltre che di quelli sportivi anche dei diritti del buon senso, prima che si arrivi ad una terza paradossale categoria che andrebbe oltre la divisione del mondo in uomini e donne.
Avendo detto che volevo semplificare, spero di esserci riuscito, ma l’argomento è così delicato che anche la scienza è divisa. Sono scesi in campo esperti di ogni ramo, ma questi sono argomenti più scottanti, da affrontare in seguito, per adesso ci basta …scottarci con questo sole!
Buone vacanze.

STEFANO CERVARELLI