SPORT E STUDIO

di STEFANO CERVARELLI ♦

Nel mio ultimo articolo dal titolo” Perché lo sport matura  il giovane”  tra le altre cose accennavo al fatto che, purtroppo, nel nostro paese troppo spesso sport e studio non si conciliano, quando addirittura non vanno in contraddizione, costringendo il giovane a una scelta dolorosa. Il risultato di questa inconciliabilità e che giovani, dotati di mezzi fisici e tecnici, sono costretti a lasciare lo sport per potersi dedicare completamente allo studio. Certo nessuno, e nemmeno io, ha la pretesa di dire che lo sport debba prevalere, nella scelta, sullo studio a meno che, e ci sono stati diversi casi, l’atleta non abbia raggiunto alti livelli nel mondo professionistico.

Anche qui, però, per esempio nel calcio, ci sono stati giocatori che, pur affermatisi, non hanno abbandonato gli studi, oppure ripresi, sono arrivati anche a laurearsi.

 A fronte a questa situazione, continuavo dicendo che ci sono realtà sociali dove invece lo sport costituisce un viatico per accedere ad università anche prestigiose: in primis gli Stati Uniti.

Bene, proprio recentemente, su Repubblica è stata pubblicata un’inchiesta dal titolo eloquente:” Gli emigrati dello sport nel mondo dei college”. Ne riporto alcuni contenuti. ” Sono circa 300 i ragazzi che ogni anno volano negli States per entrare nelle università attraverso lo sport oppure, sempre usando lo sport come mezzo, trovare lavoro, fare carriera, cercare una vita migliore”.

Emigrati dello sport. Così vengono definiti e si dice ancora” ……è là che si sta sviluppando la migliore gioventù sportiva italiana”.

A spingere questi atleti verso quella terra infatti c’è anche il desiderio di misurarsi a livelli agonistici più alti e poter quindi acquisire capacità ed esperienza che torneranno utili in seguito, nel caso che l’esperienza americana non desse i risultati sperati. A tutto vantaggio per cui anche dello sport italiano.

Nelle due leghe universitarie, NCAA (National Collegiata Athletic Association) e nella concorrente NAIA (National Association of Intercollegiate Athletics ) il confronto è più alto, internazionale e soprattutto le qualità delle strutture e campionati e decisamente superiore.

Ma come si accede, qual è la strada per arrivare ai college?

L’obiettivo primario è ottenere una borsa di studio per meriti sportivi, i requisiti sono: buona conoscenza della lingua, una media scolastica non necessariamente eccezionale, qualità -ecco il punto-di base in uno dei 25 sport con campionati universitari.

Ma vediamo ancora meglio attraverso le parole di Lucas De Rossi, uno dei soci fondatori di College Life, una delle principali agenzie impegnate nel mettere in comunicazione studenti ed università americane: “Il nostro lavoro consiste nel mettere i ragazzi in condizione di attirare su di loro l’attenzione dei coach.

Organizziamo provini e showcase negli USA. Buona parte degli atleti che si rivolgono a noi non ha ancor terminato il liceo e vorrebbe andare negli USA per migliorarsi nel loro sport. L’obiettivo primario è quello di riuscire ad ottenere borse di studio per meriti sportivi.”

Ma quanto costa tutto questo? La spesa, sempre stando alle parole di De Rossi, non supera le 3.000 euro, a fronte della possibilità, però, di ottenere borse di studio di 10.000 o 20.000 euro l’anno, fino ad arrivare ai 60.000 euro in caso di università di un certo prestigio.

Ogni università stabilisce un numero massimo di borse di studio per ognuno degli sport.

Il numero dei borsisti” sportivi” italiani è il quinto dopo canadesi, britannici, tedeschi e spagnoli.

Questi ragazzi crescono con l’idea che coltivare sport e studio non è impossibile. In più hanno davanti a loro la prospettiva che se lo sport non dovesse dare i risultati sperati, si aprirebbero lo stesso davanti a loro carriere di lavoro di un certo riguardo.

Non ho detto questo perché spinto da una remota speranza di emulazione, no; semplicemente perché il mio auspico- e chissà che un giorno non ci si arrivi- sarebbe quello di vedere le due istituzioni, scuola e sport, impegnate in un dialogo proficuo tale da poter arrivare a non più costringere atleti dotati, ma anche gli altri, a fare scelte dolorose. Sarebbe bello che nei programmi politici si trovasse spazio per questo.

STEFANO CERVARELLI