Perché una città camminabile?
di GIULIO BIZZAGLIA ♦
In un tempo in cui la crisi del sistema induce a profondi ripensamenti riguardo al nostro quotidiano, ai nostri consumi, ai nostri stili di vita, parlare di camminare in città può apparire riduttivo o magari generare equivoci, e non possiamo permettere che ciò avvenga. Perché si può intendere il camminare come proposta di attività specifica, bella e salutare da organizzare una o più volte l’anno, in modo magari ricorrente, ma “occasione”, appunto, che non cambia il modo di intendere la città. Oppure si può declinarlo come esperienza di pratica motoria destrutturata, aperta a tutti, da tutti fruibile, però solo in particolari giornate e/o lungo particolari percorsi. Ma la ragione del progetto culturale sotteso all’idea di città camminabile risiede proprio nell’assumere quanto appena detto (camminare è bello, salutare, socializzante, sportivo – nel senso più lato possibile), declinandolo in un quadro più ampio, la cornice del quale è la città, tutta la città.
La dimensione temporale del camminare, il tempo nel quale si realizza quest’esperienza non è solo quello rapsodico dell’”occasione”, della festa: nella prospettiva culturale che si sostiene il tempo del cammino coincide con il tempo quotidiano, quello del sempre. I soggetti coinvolti non sono riducibili a categorie di cittadini (i bambini, gli anziani…) ma possono-devono essere (perché realmente il cammino è per tutti, quindi per ciascuno) tutti i cittadini, nella loro assoluta totalità.
Rovesciando ogni visione millenaristica circa la deriva delle nostre città, strette da problemi apparentemente insormontabili, intendiamo lavorare perché la città diventi una risorsa per chi la abita, per chi la vive; per questo intendiamo unire gli interessi, oggi scomposti, senza dividere, senza parteggiare, chiarendo che porre i pedoni vs gli automobilisti è un modo sbagliato di trattare la questione, perché tutti noi siamo, di volta in volta, questo o quello, automobilisti o pedoni (o ciclisti, o utenti del servizio pubblico). Dobbiamo chiamare tutti i soggetti – e sono, siamo tutti stakeholder– alla responsabilità, altrimenti ci aspetta il naufragio.
Detto questo sosteniamo però un preciso punto di vista: non è più tollerabile che ci siano impedimenti, limiti, intralci alla naturale espressività del corpo che cammina, del diritto a camminare in sicurezza. In questa prospettiva camminare costituisce la giusta misura, il parametro per definire il grado di attenzione che la città dedica alle persone, l’amministrazione ai cittadini, la politica alla polis, alla comunità. In questa prospettiva il corpo di chiunque, quindi i corpi dei cittadini, fungono da strumento analizzatore (sensibilissimo!) del grado di avanzamento o di regressione civile di una città.
Rendere camminabile una città è un obiettivo alto, un orizzonte di riferimento; un programma vasto, ambizioso, eppure obbligato, se si vuole ridefinire i modi di vivere la città in chiave di sostenibilità, ambientale e civile. Accogliendo finalmente anche il principio della sostenibilità della pratica motoria in relazione al corpo delle persone nel loro stato, nelle diverse stagioni della loro esistenza. Allora il nesso che unisce ambiente urbano, socialità, soggettività, sembra configurarsi come una prospettiva sincretica capace di offrire accoglienza davvero a tutti. A partire dalle persone più fragili, con i loro corpi che devono essere restituiti all’azione; nelle comunità che scaturiscono dalle relazioni che si instaurano grazie agli insperati spazi di socialità che sorgono intorno alla pratica del cammino.A ben vedere si tratta di un fatto curioso e straordinario: nel luogo più culturale che si possa immaginare, nella città, la primigenia natura del camminare viene riscoperta in chiave postmoderna, cioè avanzatissima, offrendo una inaspettata quantità di cemento sociale, ovvero del materiale migliore per fare cittadinanza.
Allora camminare favorisce la dilatazione degli spazi utili, significativi nelle vita delle persone, fino a comprendere, oltre l’abitazione, la casa, l’intero spazio pubblico che la città può offrire. Camminando si effettua una ricucitura dello strappo causato dal dilagare automobilistico, durato oltre un secolo.
Sulla scorta di queste acquisizioni, possiamo constatare che davanti a noi abbiamo un percorso nuovo, moderno e antico allo stesso tempo, il cui tracciato però non è sempre chiarissimo. Un percorso che dobbiamo riaprire, camminando. Sapendo bene che, per chi cammina, nella fine di un percorso vi è sempre l’inizio di un altro.
GIULIO BIZZAGLIA
Condivido l’idea, bisogna anche rieducare la gente a camminare perché fa bene alla salute all’anima ma pricipalmente alla città. Io personalmente, vivendo in questa città sulla piazza principale mi sono abituata al cammino perché prendere l’auto significa poi girare ore per un parcheggio e così tutta la zona compresa tra Borgo Odescalchi la Mediana e porta Tarquinia per me non ha più segreti. Mi irritava all’inverosimile la mia vicina di casa che usava l’auto per andare a prendere il figlio a scuola da Corso Marconi a via XVI settembre.Se venissero create più zone chiuse al traffico la gente si riappropierebbe delle proprie gambe e scoprirebbe aspetti della città insospettabili, le città risolverebbero il problema legato all’inquinamento e ne trarrebbe vantaggio una maggiore socializzazione
"Mi piace""Mi piace"
Proprio così, per migliorare la camminabilità servono più interventi di tipo culturale-comunicativo che grandi lavori di trasformazione; un investimento di risorse estremamente contenute con un ritorno… inestimabile.
"Mi piace""Mi piace"
Vado a lavorare a piedi, molto spesso incontro qualcuno, quelle volte che prendo la macchina nuova non incontro anima viva, neanche il buon giorno a chi da servizio alla porta.
"Mi piace""Mi piace"
Correggo… il T9 ha deciso che la macchina è nuova… in realtà ha passato da rempo la decina.
"Mi piace""Mi piace"
Che poi, una volta sperimentato, la gente lo apprezza. mi racconta mio figlio che, avevano provato a riaprire una strada al traffico, ma la gente e gli operatori commerciali si ribellarono e la strada rimase chiusa. Penso che l’esperienza speso fa cambiare idea alle persone.
"Mi piace""Mi piace"
Questa mattina sono adato in ospedale per le solite analisi, ho deciso di andare a piedi, e mi è venuto in mente questo articolo ragionando su come andare a piedi all’ospedale sia particolarmente difficile già solo se al posto delle scarpe si indossano un paio di sandali. Marciapiedi stretti e particolarmente sconnesssi continui attraversamenti di strada ed ingombri che vanno dalle macchine parcheggiate sul già stretto marciapiede ai rovi che calano dai muri, per nondire delle feci canine. Nel pensare le strade è evidente che sono fatte a misura di macchina sia quella che cammina che quella che parcheggia, e lo è anche nel pensiero visto che il parcheggio è spesso e volentieri selvaggio.
"Mi piace""Mi piace"
Come dice E. Burke, perché il male prevalga è sufficiente che i buoni non facciano nulla. Non si comprende il motivo per cui gli amministratori non mettano mano alla camminabilità della città, opera materiale-strutturale dai benefici immensi sulla qualità della vita delle persone, realizzabile per gradi, con spese assai contenute rispetto ai risultati attesi. Sarà invece una discussione ampia, ben dotata di link culturali, quella che ci porterà (presto) a ripensare il rapporto proprietario che ancora ci lega alla Macchina, all’Automobile. Un lascito novecentesco che dovremo smaltire, reinterpretandolo. Molti giovani stanno già vivendo, rispetto all’auto, un rapporto di nuovo tipo basato sul valore d’uso. Per noi ex giovani la cosa è un po’ più strutturata, ma ci penserà il tempo a grattare via le incrostazioni più pervicaci.
Intanto, buon cammino!
"Mi piace""Mi piace"
Il commento è mio (Giulio Bizzaglia): prima o poi imparerò a gestire meglio lo strumento, prometto!
"Mi piace""Mi piace"
Confermo, i giovani iniziano ad aver un rapporto piuttosto diverso con l’auto… almeno per la mia esperienza… Ad esempio mio figlio grande abita a Roma e non ha la macchina, a seconda delle situazioni utilizza il mezzo pubblico, il car o il bike sharing…. e nel caso il taxi. Fra l’altro alla fine costa meno che comprare e mantenere una macchina propria. Ma tornando alle amministrazioni comunali, in una delle tante campagne elettorali, discutemmo sulla opportunità di chiudere via Centocelle… ma il politico di turno disse che il parcheggio all’Area Feltrinelli era troppo lontano e avrebbero perso un sacco di voti.
"Mi piace""Mi piace"