POPULISMO E POPULISTI (XIV)

di NICOLA R. PORRO 

Al voto senza bussola? O ci sono ancora le ideologie? 

Nella fase di trattative che ha preceduto la formazione del governo gialloverde si è affacciata di tanto in tanto, per essere immediatamente accantonata come impropria e obsoleta, la questione delle appartenenze politico-culturali e della conseguente congruità delle possibili alleanze. Il M5s, e con particolare disinvoltura il suo “capo politico”, hanno imposto un’agenda pragmatica, aperta a qualunque possibile esito fra contraenti di diverse possibili provenienze e programmaticamente estranea a logiche ideali o valoriali. Il partito di maggioranza relativa, impegnato a rinverdire la strategia dei due forni cara alla deprecata Prima repubblica, ha cercato così di smarcarsi da una questione potenzialmente insidiosa.

Discendono da qui il ricorso alla formula commercialistica del “contratto”, privo di qualunque riferimento a valori condivisi, e l’insistenza dei leader cinquestelle sull’esaurimento definitivo di rappresentazioni ideologiche della politica, definitivamente archiviate come retaggio obsoleto del Novecento. Le tradizionali opposizioni destra-sinistra, conservatori-progressisti (e persino fascismo-antifascismo, come avrebbe dimostrato poche settimane dopo la sconcertante vicenda dell’intitolazione di una via di Roma alla memoria di Giorgio Almirante) venivano consegnate agli archivi della memoria lasciando il posto alla non meno antica dialettica populista basata sulle opposizioni alto e basso, élite e “popolo”. Opzione privilegiata per un nuovo partito pigliatutto che si proponga di mietere consensi a 360 gradi. E soprattutto necessaria a condurre in porto il contratto “in assenza di alleanza” con una forza, la Lega di Salvini, ufficialmente collocata nel centro-destra italiano e appartenente al fronte sovranista e xenofobo dell’estrema destra europea. L’operazione non ha incontrato, almeno pubblicamente, obiezioni o riserve di sorta in campo cinquestelle né sembra aver sollevato reazioni significative negli elettorati delle due nuove forze di governo.

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La vicenda, del tutto inedita nel panorama europeo, segna dunque un passaggio d’epoca, confermando la vocazione dell’Italia a rappresentare il laboratorio della sperimentazione politica continentale? La formazione del governo gialloverde certifica il definitivo venir meno di quella dicotomia destra-sinistra attorno alla quale abbiamo pensato la politica della modernità? Oppure stiamo più semplicemente assistendo a una ridefinizione dei contenuti associati alle vecchie identità?

La Swg ha avuto il merito di trasferire questa riflessione un po’ astratta nella concretezza della ricerca sul campo. Lo ha fatto conducendo con metodo longitudinale una sequenza di indagini svolte fra il settembre 2017 e l’aprile 2018 su un campione rappresentativo di elettori (cfr. P. Isernia, M. Pessato, G. Piccolino e A. Scavo, “Cinque stelle o millefoglie?”, Il Mulinoonline, 28 maggio 2018). Ai rispondenti è stato chiesto di auto-collocarsi lungo una gamma di classiche posizioni politico-ideologiche e di esprimere la propria opinione in merito alle questioni giudicate salienti nel periodo che ha preceduto e seguito le elezioni politiche del 4 marzo 2018. Le tematiche sottoposte ala valutazione dei rispondenti riguardavano (i) reddito di cittadinanza e abolizione della legge Fornero; (ii) le politiche migratorie e (iii) la fiducia nell’euro. Incrociando le appartenenze ideologiche dichiarate e gli orientamenti rispetto alle questioni giudicate più rilevanti e divisive, è stato possibile procedere a un aggiornamento interessante del nostro atlante politico.

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In relazione ai contenuti di questo articolo, ci si varrà solo dei dati relativi ai tre partiti maggiori (M5s, Pd e Lega), scomponendo però l’elettorato cinquestelle in quattro sotto-aree: (i) quella che si colloca nella sinistra o nel centro-sinistra: (ii) quella che si definisce di centro; (iii) quella che si posiziona idealmente nella destra o nel centro-destra; (iv) quella che rifiuta qualunque collocazione.

Diciamo subito che il campione di cittadini intervistati non ha avuto alcuna difficoltà a collocarsi ideologicamente lungo il tradizionale asse destra-sinistra. Più vario e articolato è invece il panorama delle opzioni associate alle collocazioni politico-ideologiche, dal quale sembra di cogliere non tanto una liquidazione delle appartenenze tradizionali quanto piuttosto un bisogno di ridisegnarne il profilo valoriale e i contenuti. La questione non è per nulla nuova. In Paesi come la Francia e la stessa Italia, ad esempio, la valorizzazione dell’appartenenza nazionale e la cultura del patriottismo sono correntemente associati soprattutto al pensiero politico della destra. Si tratta però di un portato relativamente recente, indotto dai regimi nazionalistici del primo Novecento. In origine, l’appartenenza nazionale, il patriottismo e i loro corredi simbolici erano associati all’identità e ai diritti del popolo in opposizione al potere e ai privilegi delle monarchie. Le quali costituivano dinastie cosmopolitiche, imparentate fra loro e non sempre capaci di usare correntemente la lingua del Paese su cui regnavano. Il giacobinismo repubblicano francese, come il movimento garibaldino in Italia, combinavano nella loro visione ideologica radicalismo democratico e appassionato patriottismo. In entrambi i Paesi, la resistenza antifascista e antinazista nella Seconda guerra mondiale, si nutrirà di un immaginario nazional-patriottico combinato con ideologie di trasformazione dell’ordine sociale. Per un esempio di segno opposto si può richiamare il rapporto della destra con le politiche economiche. Per tutto l’Ottocento i conservatori furono sostenitori dell’intervento pubblico e di un rigoroso governo statale dell’economia e dei servizi. Solo nel Novecento la destra si andrà progressivamente identificando, al contrario, con le teorie liberiste e la filosofia del “meno Stato”.

Esempi di metamorfosi potrebbero continuare a lungo, a dimostrazione di come nessun sistema ideologico possa considerarsi dato una volta per sempre e immodificabile. Le issuecambiano e con esse muta necessariamente la configurazione delle identità politiche e ideologiche.

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Le tre figure sotto riprodotte riguardano l’autocollocazione lungo l’asse destra-sinistra di cittadini che manifestavano propensione al voto per il Pd, il M5s e la Lega.

Si è qui deliberatamente accostato il profilo dell’elettorato Pd e di quello cinquestelle (figura 1 e figura 2) per favorire una visualizzazione immediata della loro diversa composizione. Si può osservare come l’elettorato Pd si identifichi massicciamente (per circa l’85%) nell’area di centro-sinistra e di sinistra (in rosso). Tale collocazione tende a crescere nella fase di mobilitazione emozionale che precede e segue il voto politico di marzo. Si restringe invece fin quasi a scomparire l’area dei “non collocati” e si mantiene su valori modesti (meno del 15%) la somma degli elettori Pd orientati al centro, alla destra o al centro-destra.

Anche per i votanti M5s l’area dei non collocati si restringe con l’avvicinarsi alla scadenza elettorale, mentre la quota che si identifica con sinistra e centro-sinistra aumenta a ridosso del voto e subito dopo, raggiungendo un terzo dell’insieme. Più stabile, meno influenzata dalle vicende politiche contingenti ma non irrilevante (un quarto circa dell’elettorato), la percentuale di elettori cinquestelle che si collocano al centro o a destra.

5_Pd_M5s_collocazione Del tutto infondata sembra invece la rappresentazione, veicolata da molti opinionisti, di una forte trasversalità ideologica presente anche nell’elettorato leghista. La figura 3 segnala come due terzi di quell’elettorato si percepisca come appartenente all’area di destra o centro-destra, mentre molto modesta è la collocazione al centro e a sinistra (che pure conosce una leggera crescita proprio nella fase elettorale). Anche per la Lega i non collocati si ridimensionano di diversi punti percentuali con l’avvicinarsi del voto.

Il quadro d’insieme è dunque quello di una sostanziale coerenza fra collocazione ideologica e orientamento di voto, fatta salva la relativa eterogeneità dell’elettorato cinquestelle, dove tuttavia l’area cumulata della destra estrema, del centro o del centro-destra appare minoritaria rispetto alla componente che si colloca a sinistra o nel centro-sinistra. Questo potrebbe spiegare indirettamente la maggiore permeabilità di parte dell’elettorato della sinistra all’appello cinquestelle, fornendo utili elementi di riflessione per l’azione futura dei partiti.

6_LegaL’analisi relativa ai temi controversi ci consente invece di isolare gli elementi di congruenza/incongruenza rispetto alle appartenenze dichiarate.

La figura 4 illustra il giudizio circa la proposta del reddito di cittadinanza (cavallo di battaglia elettorale dei cinquestelle) e la cancellazione della legge Fornero (anch’essa compresa nel contratto di governo ma sostenuta soprattutto dalla propaganda leghista). Qui, come per le altre due questioni osservate, gli analisti della Swg hanno disaggregato in sotto-aree l‘elettorato M5s. Scopriamo così che il reddito di cittadinanza è sostenuto senza troppe distinzioni da tutto l’elettorato M5s, mentre è accolto con meno entusiasmo, ma con percentuali fra loro simili (meno della metà di quello raccolto fra i votanti cinquestelle), fra i due elettorati Pd e Lega. Viceversa, l’abolizione della legge Fornero è sostenuta da oltre i quattro quinti tanto dei cinquestelle (senza marcate distinzioni interne) quanto dei leghisti, mentre si scende a poco più della metà fra i votanti Pd.

 7_Cittad_ForneroMolto più interessanti sono le risposte relative alla questione migratoria (figura 5). Alla domanda se si ritengano gli immigrati una potenziale risorsa per il Paese la polarizzazione destra-sinistra è massima: risponde affermativamente il 69% dell’elettorato Pd e appena il 7% di quello leghista. Che il tema sia fortemente discriminante lo dimostra la netta divaricazione in seno ai votanti cinquestelle. Sono pro-immigrazione più della metà degli elettori M5s che si dichiarano di sinistra o centro-sinistra, meno di un terzo di quelli orientati al centro e appena un quinto di quelli che si classificano di destra o centro-destra. I non collocati si pongono a metà strada, vicino alla componente di centro. Sarà bene tenere d’occhio questi valori, e l’incidenza in termini di consenso degli umori segnalati, nell’analizzare i clamorosi sviluppi della politica migratoria imposta da Salvini appena insediatosi alla guida del ministero degli Interni.

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Ancora più nitido il profilo che ci consegnano le risposte al quesito sulla fiducia nell’euro (figura 6), eloquente indicatore della visione pro o anti-europeista delle forze politiche in campo. La distanza fra orientamento degli elettori Pd e leghisti è qui davvero siderale: dal 15% di sfiducia nell’euro dell’elettorato Pd si arriva a un plebiscitario 81% fra i leghisti. L’elettorato cinquestelle si differenzia ancora al proprio interno. La componente di sinistra o centro-sinistra si situa grosso modo a metà strada fra le polarità rappresentate dagli elettorati Pd e Lega; le altre risultano assai più vicine alle posizioni della seconda.

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Questione migratoria e giudizio sull’Europa sembrano insomma costituire i costrutti politico-valoriali che più identificano le appartenenze. Allo stesso tempo, questa dinamica smentisce il presunto superamento delle identificazioni politico-ideologiche. Esse persistono nella percezione soggettiva degli intervistati, ma mutano i contenuti e si definisce una nuova gerarchia di valori. Ciò rappresenta del resto l’esito prevedibile dei poderosi mutamenti sociali, economici e culturali che hanno investito da almeno trent’anni l’universo globalizzato e la “modernità liquida”.  In articoli precedenti si sono illustrati alcuni aspetti particolarmente avvertiti nel contesto italiano e che hanno trovato puntualmente eco nei risultati elettorali del 4 marzo e delle stesse amministrative di giugno. Pd e Lega incarnano a loro modo, ma con significativa coerenza all’interno dei rispettivi elettorati, le identità polari dello spettro ideologico tradizionale. L’elettorato cinquestelle tende viceversa a differenziarsi abbastanza nitidamente fra una componente (stimabile attorno al 40% del totale) più orientata a sinistra e le altre, che nel caso della fiducia sull’euro si avvicinano molto alla visione leghista. Si conferma così come sia in atto più un riposizionamento valoriale all’interno delle classiche appartenenze ideologiche anziché quella fuga dalle ideologie profetizzata da alcuni leader M5s e da non pochi opinionisti. Questione migratoria e atteggiamento pro o contro l’appartenenza europea costituiscono del resto, e non solo in Italia, i territori cruciali della sfida che segnerà la stagione incipiente della politica interna e internazionale.

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NICOLA R. PORRO