DEADPOOL2
Written by MACHINEGUNB
Accidenti, mi sono accorto di aver cominciato con il blog dopo la visione del primo capitolo di Deadpool (2016, Tim Miller), tuttavia fidatevi, mi era piaciuto tantissimo. Quel film aveva risvegliato (risvegliato?in realtà è sempre presentissima) la mia parte “scanzonata”, parolacce, gag scorrette, azione un po’ splatter e soprattutto il dialogo diretto con lo spettatore, per non parlare di quanto ho cercato l’orologio di Adventure Time del protagonista.
Ora per questo Deadpool 2 sono tornato al cinema e ho ritrovato il mercenario Wade Wilson, alias Deadpool (Ryan Reynolds), alle prese con la missione di proteggere un ragazzino mutante da un soldato bionico, Cable (Josh Brolin), che è arrivato dal futuro con lo scopo di ucciderlo. Per sconfiggere Cable, Deadpool finirà con il creare una squadra, l’X-Force.
La sorprendente scelta del tono metatestuale del primo film è stata ancor più enfatizzata in questo secondo capitolo, anche perché questa volta il nostro antieroe ricorre al suo solito sarcasmoper esorcizzare la sofferenza così, ascoltando i suoi continui flussi di coscienza, percorriamo insieme a lui il suo lento cammino verso riflessioni più mature sulle responsabilità e sul concetto di famiglia. Deadpool 2 è il sequel perfetto, quello che tutti volevano: fedele alla linea del primo, senza grandi stravolgimenti, con la stessa ironia e la stessa irriverenza, talmente coerente però da risultare un po’ troppo simile al lavoro precedente.
Alcuni sostengono che, grazie alla regia di Leitch (John Wick, 2014ed Atomica Bionda, 2017), il film abbia guadagnato in termini di action, a mio avviso invece quest’esplosione di combattimenti e di lotta, ha giocato a sfavore di un impianto narrativo che invece due anni fa sembrava solido e strutturato. La forza di Leitch, che nei suoi lavori precedenti si è mosso nei territori dell’action puro, è stata quella di saper “fumettizzare” i combattimenti, rendendoli un po’ improbabili se vogliamo, con arti che si piegano in direzioni in cui non dovrebbero piegarsi, corpi strappati, teste girate al contrario eccetera, questo suo lavoro sui corpi mi ha fatto tornare in mente, anche se in chiave gore, uno dei miei film preferiti di sempre, The Mask (C. Russel, 1994).