SULLE ORME DI SAM PECK – AUSTRALIA (PARTE – 4)

di GIANCARLO LUPO 

Australia, Nella terra dei sogni, Dreamtime (quarta parte)

Sveglia alle 6, dopo una notte tormentata dal freddo.

Siamo diretti al Kata Tjuta che, nel linguaggio degli anangu, significa: “molte teste”, si tratta infatti di 36 formazioni rocciose di arenaria (oggi si sono ridotte a 28), visibili da lontano.

Kata Tjuta

La formazione rocciosa è diversa da quella di Uluru. Gli aborigeni credevano che queste grandi rocce fossero case per l’energia spirituale del “Dreaming time” o Tjukurpa o Aboriginal Law.

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Il nome alternativo, The Olgas, proviene dalla vetta più alta, il monte Olga che, per volere del barone Ferdinand von Mueller, fu nominato nel 1872 da Ernst Giles, in onore della regina Olga, figlia dello zar Nicola I. Kata Tjuta si trova a poca distanza da Uluru (25 km) e si estende per oltre 21 km quadrati.

Sia il Wataarka sia il Kata Tjuta sono stati scoperti da Ernst Giles, un esploratore che nel 1874, viaggiava con uno dei suoi uomini, Alfred Gibson, esplorando le vicinanze.

A un certo punto, nel bel mezzo del deserto, morì il cavallo di Gibson e Giles gli diede il proprio, con l’ordine di ripercorrere la strada al contrario, per cercare assistenza a Fort McKellar. Gibson si perse nel vuoto e non fu mai più visto (l’area adesso è chiamata il deserto di Gibson). Giles invece vagò per giorni traversando cumuli di sabbia, con poche scorte di viveri e ancor meno acqua, finché terminò tutto. Mentre si trovava in questo stato disperato, tormentato dalle mosche e mezzo morto di fame e sete, ormai allo stremo delle forze, notò un piccolo wallaby, una specie di canguro nano caduto dal marsupio della madre. Vi si gettò sopra, divorandolo crudo, pelliccia, pelle e tutto il resto. Nella sua memoria rimase il miglior pasto della sua vita. Riuscì a tornare infine al forte, a piedi in otto giorni, quasi completamente esausto.

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Josh dice che la formazione rocciosa è costituita da un misto di tre distinti materiali: granito, basalto e scisto. Mostra alcuni alberi, per esempio il bush coconut, dalla cui corteccia è possibile ottenere un decotto contro il mal di gola; oppure il killing tree, le cui foglie trattengono acqua, mentre le spine si usano per togliere bubboni dal naso; il blood wood è usato dalle vespe per mettere le larve nei frutti. Nell’albero ci sono anche i nidi dello zebra finch, un pettirosso. L’albero ha un aspetto sinistro, spettrale, coi rami secchi contorti. La corteccia è appiccicaticcia e vischiosa. Di solito il blood wood è sempre vicino a fonti d’acqua. Con i decotti ottenuti dalla corteccia si curano mal di testa e infezioni.

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Continuiamo a camminare, velocemente, mentre il vento si gonfia e soffia forte. Percorriamo salite e discese di rocce e sabbia rossa, stampate su un cielo blu finché arriviamo alla valle dei venti con una vista mozzafiato sulle gole.

Visitiamo la grotta del sacrificio. Un certo numero di leggende circonda il grande re serpente Wanambi, che si dice viva sulla vetta del Kata Tjuṯa e scenda a valle solo durante la stagione secca.  La tribù dei liru (in anangu serpente velenoso) era in conflitto con la tribù dei mala (in anangu significa wallaby, una sorta di piccolo canguro). Si diceva che il respiro di Wanambi fosse in grado di trasformare una brezza in un uragano per punire la tribù dei mala.

Wanambi

Josh ci dice che la maggior parte della mitologia non è rivelata agli estranei, oppure semplicemente non vuole sprecare lo spazio della sua mente per ricordare storie inutili e poco pratiche. Spiega che per gli anangu minyma è la donna con bambini, wati è l’uomo all’interno della tribù. Donne e uomini passano attraverso i “riti di passaggio” e imparano i loro rituali specifici di genere. I wati devono apprendere una grande quantità di canzoni, storie e balli, visitando, luoghi speciali di potere. Le minyma sono escluse da tale conoscenza, se per caso dovessero venire a conoscenza degli affari degli uomini, sarebbero vittima di attacchi violenti e potrebbero essere condannate persino a morte. Arrivati alla base del Kata Tjuta ripercorriamo le solite strade deserte sul bus. Noto che Josh, ogni volta che incontra qualche auto, continua a tirar fuori tre dita per salutare. Ovviamente ciò non avviene spesso. Credo di scorgere, lungo la strada che conduce al parco, Uluru, ma Josh mi dice che si tratta di monte Conner, un altro monolite che dista 88 km da Uluru.

Conner Mountain

Monte Conner da lontano viene spesso confuso con Uluru, anche se la sua forma è molto più piatta sulla cima. È il monolite più grande al mondo, dopo viene Uluru coi suoi 348 metri, e infine Kata Tjuta. I tre fanno parte di un immenso e unico monolite in gran parte sepolto nella sabbia di dimensioni asteroidali. Secondo alcuni scienziati, questo immenso monolite potrebbe essere in realtà quel che resta di una luna terrestre, assai simile alla marziana Phobos, caduta intorno a 3,5 miliardi di anni fa e conficcatasi nel nascente scudo continentale australiano.Arriviamo finalmente a Uluru (scoperto da William Gosse), dove arrivò anche Giles. Considerato il monolito più singolare della terra, la grande roccia rossa piantato nel mezzo del deserto, chiamato all’inizio Ayers Rock, in onore del governatore dell’Australia del Sud.

sunset

Al tramonto, alla discesa del sole, la formazione rocciosa cambia mano a mano colore finché entra in ombra e diviene una sagoma scura nel mezzo del niente.

Intanto al campo si fa il fuoco. Stavolta ci sono camper, baracche in legno, altre costruzioni che non hanno niente di solido. Per le 10 di notte, dopo cena, mi infilo nel sacco a pelo, poi nello swag e guardo di nuovo le stelle.

UNDER THE STARS

Guardo un cielo con costellazioni diverse, con la croce del sud al posto della stella polare. In questo emisfero c’è la costellazione del lupo.

3 luglio

Alle 6 (6 e 30 secondo mio orologio) mi sveglio.

sunrise

L’Uluru all’alba è ancora più bello, trascolora velocemente da nero, al bronzo, al viola, all’arancione, all’oro, al rosso acceso, fino a divenire color ruggine. Il massiccio è costituito in larga parte di ferro e il suo colore rosso è dovuto all’ossidazione. È visibile da decine di chilometri di distanza e assume velocemente una intensa colorazione rossa, in funzione dell’ora del giorno e della stagione. Gli effetti di colore sono dovuti a minerali come i feldspati, che riflettono particolarmente la luce rossa.

C’è freddo e vento.

Da diversi anni non si può salire sulla cima del monolite. Penso che ciò avvenga per paura di incidenti a causa delle superfici ripide e lisce, un divieto mascherato anche da urgenze spirituali. Quando nel 1985 il governo australiano restituì la proprietà di Uluṟu alla popolazione aborigena, furono poste due condizioni: che per 99 anni Uluru fosse gestito congiuntamente e che durante questo periodo fosse concesso ai turisti di scalare la roccia. È ancora visibile un corrimano usato negli anni scorsi. Josh ci offre altri motivi ben più pratici per non tentare l’ascesa: se tutti salissero in cima, a più di 300 m., molta gente non aspetterebbe di ritornare giù per fare i bisogni.

La superficie che, da lontano, appariva quasi completamente liscia, ora rivela molte sorgenti, pozze, caverne.

La camminata attorno al monolite invece è abbastanza semplice, il periplo si percorre in circa 2 ore e mezza: il mala walk.

Dentro una grotta ci sono antichi dipinti rupestri aborigeni frequentemente rinnovati; fra i vecchi strati di pittura, i più antichi risalgono a migliaia di anni fa. I dipinti ritraggono miti e le leggende del dreamtime che i turisti molto spesso non possono fotografare e talvolta neppure avvicinare.

La maggior parte dei miti su Uluru, sulle sue caverne, le sue pozze, le sue sorgenti o le caratteristiche del paesaggio circostante sono segrete e non vengono rivelate ai piranypa (i non-aborigeni, come noi). Questo risolve un bel po’ di problemi di memoria di Josh.

Lucertola rossa

Racconta i miti più famosi, come quello di Tatji, la Lucertola Rossa, che inventò il kali (il boomerang) e lo piantò nella roccia. Tatji scavò poi la terra alla ricerca del suo kali, lasciando numerosi buchi rotondi sulla superficie della roccia, tuttora visibili. Non riuscì a trovarlo e morì in una caverna. I grossi macigni che vi si trovano oggi sono i resti del suo corpo; un altro mito riguarda due fratelli bellbird, un uccello australiano della famiglia dei passeri, che cacciavano un emù. L’emù fuggì verso Uluru e due uomini lucertola dalla lingua blu, Mita e Lungkata, lo uccisero, lo macellarono e non vollero dare la carne ai fratelli bellbird. Per vendetta, i fratelli bellbird diedero fuoco al riparo degli uomini lucertola. Questi cercarono di fuggire scalando le pareti della roccia, ma caddero e arsero vivi.

Ogni storia ha anche connotazioni geografiche ben precise, molte altre non si possono rivelare.

Facciamo l’ultimo accampamento lungo la via.

Di notte, dopo mangiato, dentro il mio sacco a pelo, guardo le stelle diverse dell’emisfero australe. Dopo la giornata di pioggia intermittente del giorno prima, il cielo è finalmente terso. Mai viste tante stelle, sembra un mare infinito di stelle.

Under stars finale

Ricordo di aver letto una storia su un aborigeno che per la prima volta prende un aereo e, quando atterra a Sydney, pensa che l’aereo voli al contrario arrivando fino alle stelle.

Così tante stelle nel cielo per lui, così tante luci a Sydney.

4 luglio 2013

GIANCARLO LUPO

 

Nota in calce dell’autore Giancarlo Lupo attinente ai racconti sull’Australia

E CONTINUIAMO A PARLARE DI AUSTRALIA…

Traduzione non autorizzata di estratti da Quicksand, di Steve Toltz

Steve Toltz è uno scrittore poco conosciuto in Italia, classe ’72, australiano, ha scritto due libri, e solo il primo è stato tradotto in italiano dall’Einaudi, Una parte del tutto, a mio parere uno dei libri migliori degli ultimi dieci anni.

Nel 2015 è uscito il secondo libro, Quicksand, ma di traduzioni ancora non si ha notizia.

Le storie del libro non possono essere riassunte facilmente: è una sequela di invenzioni imprenditoriali, citazioni ciniche e vicende rocambolesche.

Per mantenere al minimo il livello di spoiler posso dire soltanto che ci sono due protagonisti: Aldo e Liam (la voce narrante). Aldo è un imprenditore senza scrupoli, con una visione cinica e disincantata sulla realtà, con idee pazzesche che si tramutano in pessimi affari.

A un certo punto, per dirne una tra le tante, scrive una sceneggiatura su “gli zombi in Australia alla fine del Settecento” e cerca di girare il film che viene rifiutato dai produttori con questa motivazione: “Non puoi avere gli zombie che mangiano i cervelli degli aborigeni. Va bene se mangiano il cervello dei soldati britannici, va bene se mangiano il cervello dei detenuti britannici, e ci piace quando mangiano il cervello degli esploratori francesi, ma non puoi far loro mangiare il cervello degli aborigeni… Sensibilità culturali. “

Non so quando (e se) questo nuovo libro sarà tradotto in Italia, ma volevo condividere un po’ di estratti, a casaccio, per avere un’idea dello spirito e dell’humour nero che pervade l’opera.

“Con i progressi della scienza medica, all’incirca allo stesso ritmo dei peggioramenti ambientali, lo scenario più probabile è che il mondo diventerà inabitabile nel preciso momento in cui la razza umana diventerà immortale.”

“Lo sai, come le persone dividono il mondo in privilegio dei bianchi e oppressione dei neri, e non menzionano mai asiatici o indiani che sono, tipo, la metà del pianeta?”

“Lo sai, come mentre ci divertiamo a leggere romanzi distopici, per metà della nostra popolazione, questa società è distopia?”

“Lo sai, come nessuno che si lamenta dell’ineguaglianza dei salari, pensa, personalmente, di guadagnare troppo?”

 “Vergognosamente, i medici trascurano di dire ai nuovi genitori che una complicazione postnatale sempre più diffusa è che alcuni bambini diventano antropologi nelle loro case, come se fossero stati concepiti per studiare e poi registrare i terribili fallimenti dei genitori, che non hanno idea di avere invitato questi osservatori dal cuore freddo nelle loro vite. Tutti questi genitori volevano produrre versioni migliori di sé stessi, poveri incoscienti; invece si sono ritrovati un informatore indifferente che non esiterà a segnalarli all’autorità più spregevole – il pubblico. In altre parole, è come disse una volta il poeta Czeslaw Milosz: “Quando uno scrittore nasce in una famiglia, quella famiglia è condannata.”“Tutti dicono sempre: “Finché non hai figli non puoi mai capire com’è”. Questo è solo perché non hanno empatia, non è vero?”“Ricordare il passato è come guardare un film di Hollywood, nel senso che non si vedono mai i personaggi andare in bagno.”“La tragedia evitata di un uomo è la fantasia differita di un altro uomo.”“La storia non è una litania di popoli e civiltà, è una serie di prove cliniche.”

Non sono un traduttore di professione, quindi rimando al libro in originale, facilmente acquistabile on line (per chi legge in inglese), oppure consiglio di recuperare Una parte del tutto..

G.L.