TRE MANIFESTI A EBBING, MISSOURI

a cura di PIERO PACCHIAROTTI 
ITFF grazie alla preziosa collaborazione con “Recensioni FILM”  presenta la recensione del film:      TRE MANIFESTI A EBBING, MISSOURI

 

Written by MACHINEGUNB

Ebbing, Missouri, Midred è la madre di una ragazza bruciata e violentata che affitta tre cartelloni sui quali fa scrivere una gigantesca accusa di negligenza al capo della polizia che ancora, dopo 7 mesi, non ha trovato il colpevole di questo brutale omicidio. Questo è il film, ed è molto lontano da voler raccontare il prima o il dopo, l’omicidio o l’indagine, si concentra su questa pesante denuncia e su cosa scatena fra gli animi della cittadina (fittizia) di Ebbing.

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Tre Manifesti rinuncia a voler identificare i giusti, a voler decretare buoni e cattivi, la scrittura, perfettamente equilibrata e godibile, distribuisce senza distizioni colpe e meriti; la madre sofferente ed arrabbiata (una sublime Frances McDormand) non è una figura positiva, le sue pazzie e le sue ire non sono giustificate dallo shock per il lutto, lei era così anche prima e quella reazione non è quella di una madre che prima era tutta torte ed attenzioni e poi si è reinventata combattente per una giusta causa ma è quella di una provinciale un po’ stramba e beona che afferma le sue idee nell’unico modo che conosce, parallelamente lo sceriffo Willoughby (Woody Harrelson) non è un farabutto nullafacente, è un uomo stimato e malato che però ha davvero seguito poco il caso, se ne dispiace ed è vicino alla tragedia di Mildred ma comunque si sente accusato ferocemente da lei.

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La polizia, in particolare l’agente Dixon (Sam Rockwell), darà il suo peggio dimostrandosi razzista, violenta, disorganizzata ed inconcludente ma Mildred non si dimostrerà migliore. Il rapporto di totale onestà tra Willoughby e Mildred è probabilmente la cosa più bella del film, i due si rispettano e sono entrambi arrabbiati con l’ingiustizia e con la morte, se Mildred combatte con prepotenza Willoughby si arrende, ma entrambi, anche nei momenti di massima tensione tra loro trovano sempre spazio per la pietà e la comprensione reciproca.

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Questo film è concepito benissimo, è ben scritto e interpretato ancora meglio, racconta la provincia, l’indifferenza ed il grottesco, attinge un po’ dai Coen, un po’ da True Detective, un po’ da Tarantino, insomma l’ambito è quello del Pulp ma c’è più spazio per le riflessioni e per i dialoghi pungenti che per le scazzottate e l’estetica della cruda violenza tipica del filone. Bellissima la sequenza quasi onirica del daino vicino ai manifesti, messaggio di pace, di speranza e di bellezza…di vita in mezzo a tutta quella morte! Questo film racconta quanto sia importante la denuncia, quanto sia forte la verità anche quando è scomoda, difficile e lascia dietro di sé dei guai; denunciare è un atto di dignità, è un gesto di memoria, serve a non dimenticare, a riscrivere le regole del presente.

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Il film ci sorprenderà con delle strane redezioni, con uno strano perdono e soprattutto con degli importanti interrogativi riguardo alla rabbia, sentimento distruttivo ed inconcludente, che porta lontano da ciò che è davvero importante e, in questo caso come quasi sempre, l’importante è non dimenticare; ricordare è un momento di riflessione che serve ad elaborare il limite e a far sì che certe cose non accadano più.

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