O’ GATTO’
Per essere precisi il termine “monzù” pare indicassero i “capocuoco” francesi che, rimanendo a Napoli anche dopo la caduta del Regno Borobonico, portarono l’alta cucina francese sulle tavole partenopee producendo una fusione culturale all’interno di una società già ricca di influenze straniere. La società napoletana, tutt’altro che chiusa, non faticò a farla propria, magari adattandola alle proprie abitudini.
Dunque, come tanti sformati ed altre preparazioni, anche il “gateau” francese indossò l’abito napoletano diventando il “gattò”.
Non è dato sapere cosa ci fosse nel gateau di patate francese, ma di certo la versione napoletana lo arricchisce di provola e salame. Così ho voluto realizzarlo ma dandogli una “forma”. Parrebbe un controsenso fare uno sformato con la forma, ma l’idea mi è piaciuta e la propongo così. Forse un giorno mi cimenterò anche nella preparazione del “timballo flammand”, forse uno dei capolavori della cucina di corte… ma per ora non credo di essere all’altezza, per il momento evito figuracce!! :-)Torniamo al gattò.
L’idea è quella di realizzare una sorta di “torta” invece di uno sformato, con un pensiero quindi all’estetica del piatto.
Gli ingredienti:
Patate vecchie o patate rosse, comunque non acquose, uova, reggiano grattuggiato, pepe, noce moscata, provola, salame, latte, pan grattato e olio EVO.
Occorre una teglia bassa tonda tipo da pizza, uno schiacciapatate.
Una volta accertato che abbiamo gli ingredienti, mettiamo a lessare le patate. Suggerisco sempre di farlo a vapore, ma in assenza della vaporiera, consiglio di lessare le patate intere con la buccia. E’ fondamentale che non si impregnino d’acqua. Ecco perchè dovrebbero essere patate vecchie oppure rosse, che trovo sempre più asciutte delle altre.
Una volta ben cotte si passano allo schiaccia patate. In una terrina si aggiungono alle purea, il latte, le uova, il reggiano, sale, pepe, noce moscata. Attenzione con il latte, siccome non userò il classico tegame da sformato, l’impasto non potrà essere troppo “lento”, la quantità di latte da usare dipenderà dalla vostra sensibilità.
Una volta ben amalgamato, passiamo a formare il gattò. Utilizziamo un tegame basso e tondo da pizza, Al centro di questo versiamo metà dell’impasto e con una spatola diamogli una forma di torta. Sopra questo strato disponiamo le fette di salame e le fette di provola coprendo quasi tutta la superficie. Per evitare che il formaggio fuoriesca durante la cottura.
Coprire tutto con l’altra metà dell’impasto mantenendo sempre la forma tonda di torta. Per aggiustare la forma si potrà usare una spatola accostata al bordo della torta e, tenendola ferma, si faccia girare la teglia come se si lavorasse un pezzo di ceramica sul piatto rotante.
Aggiustata la forma formiamo dei solchi aiutandoci con i rebbi di una forchetta.
Fatta la scanalatura sulla torta, la si spolvera in modo quanto più uniforme, di pangrattato. Si conclude quindi con un abbondante filo di olio EVO.
La cottura in forno 200/210 gradi sino a raggiungere una buona coloritura del pan grattato, la formazione della classica gustosissima crosticina di ogni piatto gratinato.
Come ogni torta che si rispetti dovrà avere la giusta consistenza per poter ritagliarne delle fette che mantengano la forma, anche da quì la necessità di porre attenzione alla quantità di liquidi e alla necessità di attendere più di qualche minuto perchè la torta, raffreddando, recuperi la consistenza che non avrebbe non appena tolta dal forno.
Buono il gattò della nostra antica cucina, con avanzi di affettati e di formaggi. Buono anche il tuo !
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Devo confessare che qualche volta uso il deb
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