Aumentare gli stipendi è possibile?

di ROBERTO FIORENTINI 

Secondo il Jp Salary Outlook, rapporto dell’Osservatorio di JobPricing, lo scorso anno lo stipendio medio in Italia è stato pari a 28.977 euro lordi all’anno, a cui corrispondono circa 20.306 euro netti all’anno, 1.560 euro netti al mese. Nel rapporto è stata evidenziata “una differenza notevole in base al ruolo ricoperto e al livello contrattuale”. Un esempio? Ci vogliono oltre 11 stipendi di un operaio per pagare quello di un amministratore delegato. In particolare, per quanto concerne le differenze retributive, i dirigenti guadagnano mediamente 107.000 euro lordi all’anno; i quadri poco meno di 54.000 euro; gli impiegati 31.000 euro; gli operai circa 24.000 euro. Secondo i dati OCSE, l’Italia è nella top ten delle retribuzioni in Europa, ma si trova al nono posto, molto al di sotto di Francia, Germania, Lussemburgo, Svizzera e persino dell’Irlanda. La classifica è la seguente:

  1. Lussemburgo – 52.902 euro
  2. Olanda – 48.109 euro
  3. Belgio – 46.810 euro
  4. Germania – 45.170 euro
  5. Finlandia – 42.493 euro
  6. Austria – 41.693 euro
  7. Francia 36.980 euro
  8. Irlanda – 32.381 euro
  9. Italia – 28.977 euro
  10. Spagna – 26.027 euro.

I dati confermano ancora una diversità di retribuzione in base al genere (il divario è pari al 7,2%), con le retribuzioni femminili più basse rispetto a quelle maschili. Differenze significative ci sono anche sulla appartenenza geografica, con differenze assai significative ( pari anche quasi al 20%) tra gli stipendi del nord e quelli del sud. Guardiamo da vicino questi stipendi. In realtà, secondo i calcoli dell’Ocse ,  fatto 100 il costo del lavoro, in Italia è sottoposto a un cuneo fiscale del 47,8%. Come si compone questa percentuale? Il 16,4% è sotto forma di imposte personali sul reddito, mente il resto (31,4%) sono contributi previdenziali, in parte a suo carico (7,2%) e in parte a carico del suo datore di lavoro (24,2%). In pratica significa che, tolte tasse e contributi previdenziali, in busta paga i lavoratori si ritrovano meno della metà di quanto ognuno di loro costa all’azienda che gli paga lo stipendio. Come siamo messi, rispetto agli altri Paesi? L’Italia è al quinto posto tra i Paesi avanzati, in una graduatoria capeggiata dal Belgio con un cuneo fiscale del 54%, davanti a Germania (49,4%), Ungheria (48,2%) e Francia (48,1%).  La Spagna è quindicesima con il 39,5%, gli Usa 25esimi con 31,7% e precedono Canada e Gran Bretagna (30,8%). Però, abbassando l’incidenza di tasse e contributi, siamo davvero certi che il differenziale andrebbe a finire nelle tasse dei lavoratori o finirebbe per diventare un risparmio per gli imprenditori ? Cominciamo col dire che non esiste uno strumento che garantisca che – diciamo così – uno sconto sul cuneo fiscale finisca nelle tasche dei lavoratori. Un abbassamento delle aliquote, in realtà, praticato dall’oggi al domani, otterrebbe teoricamente quel risultato. Infatti a parità di stipendio lordo, un costo di tasse e contributi minore , produrrebbe uno stipendio netto maggiore. Siamo sicuri, però, che i datori di lavoro, specie della piccola e media impresa, non ne approfitterebbero per intascare tutto o parte del risparmio, riducendo gli stipendi dello stesso importo del risparmio fiscale ? Non ci sono leggi che glielo impedirebbero. Tutti gli studi più importanti, però, sono concordi nel dire che un aumento del reddito disponibile dei lavoratori è il reale must di qualsiasi politica economica. La Francia, ad esempio, ha un cuneo fiscale simile a quello dell’Italia ( leggermente maggiore, a dire il vero) e uno stipendio medio superiore del 27% rispetto a quello italiano. Come si spiega ? Non è facile dare una risposta a questa domanda. Ma sono certo che questi temi non sono fra i più frequentati dalla politica. Analizzando i dati , infatti, si scopre che non è del tutto vero che i nostri stipendi sono bassi perché è alto il cuneo fiscale. In Germania i costi fiscali sono di due punti superiori ai nostri , mentre gli stipendi sono superiori di quasi il 50% . Un altro dato interessante è che l’Italia è il Paese in cui il costo del lavoro ( dato da cuneo fiscale + stipendi ) è calato di più nell’intera Europa. Quindi potremmo concludere dicendo che i nostri stipendi sono bassi perché i datori di lavoro ci pagano poco? Non ho risposte da fornire e mi limito a mettere in luce temi non sempre approfonditi a dovere. In conclusione mi piace ricordare che , durante lo scorso anno , un aumento reale delle retribuzioni in Italia c’è stato. Ha riguardato 11,3 milioni di soggetti per un ammontare di circa 6,1 miliardi di euro. Sono gli 80 euro mensili  del bonus ( detto di Renzi ), pari a 960 euro annui , che hanno rappresentato un aumento di circa il 5% degli stipendi medi  degli italiani .

ROBERTO FIORENTINI