Il tripolarismo.
di DAMIANO LESTINGI ♦
Il tripolarismo. È tutto qui il problema.
Si può discutere sulla legge elettorale, sui voti, sui partiti e sulle diversità di opinioni, sui punti programmatici attuati e su quelli non rispettati, ma resta il fatto che le recenti elezioni del 4 marzo scorso hanno dato un esito chiaro e lampante: nessuno ha vinto.
Questo alla fine è l’unico verdetto inconfutabile. Ma procediamo con ordine.
Nessun partito o coalizione ha raggiunto la soglia che permetterebbe una maggioranza in parlamento o, per farla ancora più semplice, la formazione di un governo stabile (col Rosatellum il 40-41% dei voti basterebbe ad avere la maggioranza).
La coalizione di centro destra con il 37% è la “squadra” di partiti (composta da Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia e Noi con l’Italia) che ha preso più voti dagli Italiani.
In seconda posizione il Movimento 5 Stelle col 32%.
Infine il Partito Democratico, a capo della coalizione di centrosinistra (che comprende anche +Europa di Emma Bonino, Civica Popolare della Lorenzin e la lista Insieme), che col suo 22% ha raggiunto un traguardo storico: mai cosi in basso.
Infatti proprio il PD di Renzi ha registrato un tracollo eclatante con il 18% dei consensi.
Supera di poco la soglia minima (3%) il partito LeU (Liberi e Uguali), dell’ex procuratore capo antimafia e presidente del Senato in carica Pietro Grasso, col 3,6% , che si è presentato da solo alle elezioni.
In poche parole l’Italia si presenta con un ventaglio di tre grandi poli politici in cui nessuno, individualmente, raggiunge il 40% ma che si spartiscono in totale il 91-92% dei voti.
E arriviamo al dunque.
Non è solo la presenza di questi tre grandi protagonisti a destare preoccupazione, ma anche e soprattutto la lontananza ideologica che intercorre tra loro. Siamo davanti a un impasse politico perché, se nel recente passato c’è stato un governo guidato da un’alleanza, almeno in termini numerici, tra PD e Forza Italia, ora le cose sono
profondamente cambiate.
Innanzitutto Forza Italia non è più il leader della coalizione di centrodestra, ma lo è la Lega di Salvini con le sue posizioni contro l’Europa e a favore di una riappropriazione della “sovranità nazionale”; dall’altra parte il Movimento 5 Stelle che ha basato la sua vita politica sulla concezione di partito anti-sistema.
Ed infine il PD che ha governato negli ultimi difficili anni ed è in favore di un’Europa più unita e più solidale.
Posizioni che obiettivamente non possono convergere.
Il dilemma è che per fare un governo si dovrà per forza avere una alleanza tra due di questi tre grandi poli. Altrimenti si rischia o un governo tecnico (come quello di Monti) o di scopo, ovvero un governo che avrebbe un unico punto programmatico, la revisione della legge elettorale.
Una terza via sarebbe il ritorno alle urne, sconsigliato da molti critici e dallo stesso Presidente della Repubblica Mattarella.
In conclusione penso che l’Italia si trovi così non per colpa della legge elettorale, visto che alcuni siti specializzati hanno analizzato i risultati elettorali con formule elettorali del passato come Italicum, Porcellum e Mattarellum ma anche con sistemi diversi dal
nostro come quello francese, tedesco, spagnolo e greco e con nessuno di questi si sarebbe giunti ad una maggioranza netta.
Io credo che siamo in questa fase di stallo per effetto di scelte politiche degli anni passati che hanno giovato e premiato partiti che fino a qualche anno fa non avevano un peso rilevante, come la Lega o i 5 stelle.
Una sincera autocritica e un cambiamento di rotta nelle direttive di partiti storici come quello democratico, sicuramente riporteranno elettori stanchi e arrabbiati a votare per loro nei prossimi anni; intanto possiamo solo aspettare con ansia le decisioni di un uomo, il Presidente della Repubblica, che dovrà cercare di dirimere una matassa che ad oggi appare impossibile da sbrogliare.
DAMIANO LESTINGI
Beh, forse bisognerebbe prendere atto che la realtà di questo paese è complessa e non racchiudibile in “chiare maggioranze”. Ed allora la “classe politica” dovrebbe prenderne atto e cercare momenti di sintesi e governare nel modo “possibile” un paese complesso, ricercando momenti comuni e facendo ognuno quei passi indietro o di lato che facciano spazio alla buona volontà di affrontare collegialmente i problemi senza veti o pregiudiziali e nel pieno rispetto delle opinioni diverse. Ma ci vuole un personale capace di ragionare in questo modo e, ahimè, pare che non l’abbiamo.
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Forse alla disamina manca un dato, per me importante. Questo è stato un voto complessivamente anti-sistema , contro l’establishment. Un po’ come è accaduto quasi ovunque nel Mondo ( Trump e Brexit docet ). Credo sarebbe assai interessante indagare perché la sinistra, in Italia ma anche altrove, sia oggi letta come establishment. A patto che la classica distinzione destra-sinistra abbia ancora il significato che ha sempre avuto.
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Beh, Roberto, quando la sinistra o il centro sinistra va al governo diviene automaticamente “establishment”, non c’entra destra o sinistra
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Magari Trump e Brexit docent…
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In una repubblica parlamentare le elezioni non le vince nessuno,a meno che non c’è qualcuno che arriva a 51%.Quelli che hanno fatto la repubblica parlamentare l’hanno fatta perchè non ci doveva stare uno che comandava da solo,come la mummia Berlusconi o il pinocchietto Renzi.Nella repubblica parlamentare vengono eletti i deputati,non viene eletto il capo politico,come hanno scritti quei bastardi che hanno fatto la legge elettorale.In Italia non ci deve stare nessuno capo politico,ma solo governi di coalizione,come hanno fatto per 50 anni,prima che quel minus abens di D’Alema non ha fatto il maggioritario.
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