Ripercussioni delle politiche nazionali sull’amministrazione degli enti locali
di ANTONIO COZZOLINO ♦
Da esponente del Movimento Cinque Stelle, in questi anni di governi non eletti e di partitocrazia spinta, difficilmente mi sono trovato d’accordo con le scelte operate dal Governo centrale del Paese. Specialmente in materia di enti locali, mi sembra evidente come le politiche di questi ultimi anni, siano state orientate ad esautorare il più possibile le comunità locali del loro sacrosanto diritto di elaborare politiche di autodeterminazione.
Due esempi.
La nuova legge sulla riorganizzazione delle Autorità Portuali (ora Autorità di Sistema Portuale), contiene delle novità allarmanti su cui ritengo non sia stata posta la dovuta attenzione probabilmente nel tentativo di non disturbare troppo i coordinatori delle ultime grandi stazioni appaltanti del paese. Tra le tante, a parer mio, storture introdotte dalla nuova legge, con l’art. 11-ter, si dà vita alla cosiddetta “Conferenza nazionale di Coordinamento delle AdSP”. La Conferenza ha il compito di “coordinare e armonizzare, a livello nazionale, le scelte strategiche che attengono i grandi investimenti infrastrutturali, le scelte di pianificazione urbanistica in ambito portuale, le strategie di attuazione delle politiche concessorie del demanio marittimo, nonché le strategie di marketing e promozione sui mercati internazionali del sistema portuale nazionale”.
Il nuovo organismo – formato dai presidenti delle AdSP e presieduto dal Ministro – è quindi deputato a implementare anche a livello portuale il motto tanto in voga in questi ultimi anni nella politica nostrana: il Sistema Paese. Se da un lato però può sembrare sensata la sistematizzazione di tutta la portualità nazionale, il rovescio della medaglia è l’esautorazione del tessuto economico e sociale di un territorio dal governo delle politiche portuali dello scalo di riferimento che tornano completamente nelle mani del Governo centrale (tutti i Presidenti delle AdSP sono nominati dal Ministro che è, in teoria, l’unico politico dell’assise).

Per esempio, supponiamo che il comprensorio di Civitavecchia avesse deciso che è arrivato il momento di spingere sul traffico container; di spingere sulla riqualificazione e magari l’ampliamento delle infrastrutture atte ad ospitare i teus e soprattutto a lavorarne il contenuto in loco (magari in una ZES); di diversificare quindi l’offerta portuale, tutt’ora incentrata sulla garanzia della continuità territoriale e sul crocierismo, offrendo servizi che sono anche di contorno al grande flusso croceristico del porto di Civitavecchia. Con la nuova legge questo non viene più deciso nell’ambito della “nostra” AdSP, ma deve passare dal vaglio e dall’attività pianificatoria di una Conferenza formata per la gran parte di persone che il territorio e la realtà di Civitavecchia non la conoscono neanche ma che la legge autorizza a pianificare in un’ottica di sistematizzazione nazionale e quindi, per definizione, avulsa dai contesti territoriali.
Il secondo esempio ha a che fare con le politiche economiche imposte agli Enti Locali.
Se da un lato, in verità, si è proceduto ad una giusta razionalizzazione delle procedure atte all’ottimizzazione dei processi alla base della tenuta contabile e finanziaria di un Comune, dall’altra, anche in questo caso, si è spinto l’acceleratore sullo “scippo istituzionalizzato” di prerogative proprie di una comunità locale. E’ vero infatti che l’imposizione della redazione del bilancio di previsione ad una data sempre più vicina all’inizio dell’esercizio finanziario (primo gennaio) che quest’anno è stata stabilita per il 28 febbraio, impone agli Enti Locali di dotarsi di una capacità pianificatoria più corretta e quindi un lavoro meglio implementabile nel corso dell’anno. D’altro canto, però, è innegabile che per perseguire le scellerate politiche economiche imposte dalla UE, i tagli agli Enti Locali siano stati catastrofici: a partire dal 2014, per il solo Comune di Civitavecchia, il taglio dei trasferimenti statali è stato di poco superiore ai 5 milioni di euro.
Ecco quindi che se da un lato si cerca di “educare” i Comuni ad una più virtuosa programmazione di spesa, dall’altra parte si trasformano le amministrazioni comunali da “redistributrici della ricchezza” a “distributrici di sacrifici”.
L’adozione del Fiscal Compact da parte della UE e la scriteriata adesione da parte del nostro Paese, prevede, tra le altre cose, che l’Italia mantenga il deficit pubblico sempre al di sotto del 3% del PIL, ma soprattutto, dato che abbiamo un debito pubblico superiore al 60% del PIL, che riduca ogni anno di un ventesimo dell’eccedenza il rapporto e quindi soprattutto (???) il debito.
Quindi se nel 2016 il rapporto tra debito pubblico e PIL era al 132%, la nostra eccedenza è del 72% ed è quella che dobbiamo andare a diminuire: sostanzialmente dovremmo dimezzarlo. La cosa si traduce in un accantonamento di circa 50 miliardi di euro, per 20 anni, che si andrebbero ad aggiungere alle decine di miliardi (60-80 circa) che già paghiamo di interessi sul nostro debito. E purtroppo queste risorse si reperiscono tagliando i trasferimenti agli enti locali, allo stato sociale e alle politiche infrastrutturali dell’intero paese.
Ancora più odiosa risulta questa politica se si tiene conto del fatto che il famoso Fiscal Compact (votato nell’arco di appena 11 giorni a cavallo del mese di luglio del 2012) non è stato votato da un governo politico ma bensì dal governo dei tecnici di Mario Monti, incaricato di formare l’esecutivo quattro giorni dopo la sua nomina a senatore a vita, ed evidentemente messo alla guida di un governo che avrebbe dovuto fare quello che un politico di questo paese non avrebbe mai avuto il coraggio di fare (e che anzi avrebbe potuto strumentalmente avversare): sancire la definitiva perdita di sovranità pianificatoria del paese in materia economica e finanziaria.
C’è anche da considerare che il Fiscal Compact (avversato da subito da alcuni paesi come la Gran Bretagna) in Europa non seguì un normale iter. Fu infatti approvato da quasi tutti i rappresentanti del Consiglio Europeo (esclusa Gran Bretagna e Repubblica Ceca), ma non è mai stato proposto come direttiva dalla Commissione Europea (deputata dai trattati di Maastricht e di Lisbona a implementare le politiche europee stabilite in sede di Consiglio europeo) e quindi, in quanto tale, approvata dal Parlamento europeo. Quest’ultimo inoltre, con una mozione a larga maggioranza, si espresse addirittura contro il FC. Purtroppo questo pronunciamento non ha avuto valore cogente, in quanto il Parlamento europeo non gode di iniziativa legislativa, ma può solo – legislativamente – limitarsi ad approvare o respingere direttive della Commissione.
In Italia diremmo “fatta la legge, trovato l’inganno”.
I due esempi che ho portato dimostrano come le politiche governative influenzino pesantemente le comunità locali e le scelte delle amministrazioni. Ritengo che solo analizzando seriamente le cause del tracollo finanziario degli ultimi 20 anni e restituendo alle comunità locali la loro prerogativa di governo, si possa pensare di uscire da una congiuntura storica difficile e preoccupante.
Preoccupante soprattutto perché piuttosto che un “fase”, somiglia tanto al nuovo stato di fatto a regime o, come lo definisce qualcuno, al nuovo ordine mondiale.
ANTONIO COZZOLINO
Una annotazione di merito , una di metodo ed una di stile. Cominciamo dal merito. Credo che sia ormai un refrain stantio quello per il quale è sempre colpa di qualcun altro. Di quelli che ci stavano prima, della regione, del governo, persino dei marziani. I cittadini vogliono essere governati e non sono interessati allo scarica barile. Vogliono che chi governa faccia le cose. E le scuse non piacciono a nessuno, anche fuori della politica. Quanto al metodo: l’incipit di questo articolo ” come esponente del Movimento Cinque Stelle” dimostra scarso senso delle istituzioni. Antonio Cozzolino è , da tre anni abbondanti, il Sindaco di Civitavecchia. Egli , quando parla o scrive , anche sui social, è il Sindaco ( di tutti , anche di quelli che non lo hanno votato) e non può ( e non deve , aggiungerei ) farlo da ” grillino “. Questo vezzo ( o vizio ) è piuttosto comune tra gli esponenti di questa forza politica che , anche quando rivestono ruoli istituzionali, continuano a recitare i loro slogan populisti. Da ultimo una annotazione di stile. Plaudo alla scelta di aver ospitato Cozzolino su queste pagine. Non posso esimermi , però, dal ricordare che nel 2013 un mio articolo ( sul futuro sviluppo della città , privo di contenuti politici ) , inviato a TERZA STRADA , il blog gestito dai principali collaboratori dell’attuale sindaco ( il cosiddetto cerchio magico : Palmieri, Fortunato, Pantanelli e Floccari) , fu BOCCIATO , senza spiegazione alcuna e non fu mai pubblicato. Lo stile, si sa, non è da tutti.
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Condivido per un verso le critiche di Roberto ma per l’altro verso condivido anche le note di Cozzolino che cortispondono alla realtà dei fatti.
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La riforma Del Rio consegna completamente nelle mani degli armatori e della spartizione politica l’economia portuale del paese, da cui le economie locali sono naturalmente estromesse. Prenderne atto è già un passo avanti. Il secondo passo è la risposta delle comunità locali e delle loro rappresentanze istituzionali, che non si è ancora sentita a nessun livello, nel nostra caso né in comune, né nella città metropolitana, né in regione.
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Che sia in atto un processo di centralizzazione dei luoghi deputati alle decisioni ed alla gestione credo sia evidente ai più. Così altrettanto evidente è la riduzione delle risorse disponibili per gli enti locali, molti dei quali si vedono anche sottrarre margini di manovra (se vogliamo democratici). Sinceramente non vedo come aver considerato queste cose possa configurarsi come un: “è sempre colpa di qualcun altro”. A me pare sia un mero dato di fatto, ne mi pare che parlarne significhi di per se accampare scuse di qualche genere, a maggior ragione per il fatto che in premessa Antonio Cozzolino si è posto come “esponente del Movimento Cinque Stelle” considerando un periodo di tempo non definito, ed anzi piuttosto ampio: “in questi anni di governi non eletti”. Mi pare abbia ripetuto ciò che molti sindaci del paese hanno in varie occasioni lamentato, sinanco i sindaci di quei comuni virtuosi che non possono spendere danari che avrebbero a disposizione.
Riguardo il tema del rapporto porti/città, mi pare che il tema della supremazia della “strategia nazionale” sull’interesse locale sia un tema affatto stupido e rientra nella filosofia dell’accentramento di cui ho accennato sopra, A seconda di come la si guardi, la questione potrebbe essere la manifestazione di una criticità democratica nel momento in cui sottrae competenze alle comunità locali. Certamente una criticità della quale se ne possono discutere i tanti aspetti, ma certamente presente. Proprio la presenza di tale criticità richiede un forte impegno delle parti nell’affrontare il tema dei rapporti fra enti locali e porti, sia pur nella considerazione coerente del primario interesse “nazionale”, ma che non può fare orecchie da mercante rispetto alle istanze del territorio. Gli enti locali hanno bisogno e diritto di programmare il loro futuro e gestire il proprio presente non essendo figli di un altro Dio, ma dello stesso paese e con pari dignità, specialmente nel momento in cui ospitare strutture marittime significa farsi carico di mera servitù e relativi costi. Mi pare eticamente e politicamente corretto che gli enti locali coinvolti abbiano la cosiddetta “voce in capitolo” nel disegno delle strategie portuali come parte integrante ed integrata. “Libertà è partecipazione” diceva Gaber, quando invece le comunità subiscono decisioni calate dall’alto si configura qualcosa di diverso. A volte il diverso non è proprio “auspicabile”, vedi il tenore di zolfo del carbone autorizzato oltre i limiti della legge regionale, per stare ad un tema che conosco. Anche la cancellata che separa il porto dalla città… ne è espressione lampante, come lo sono i mancati accordi ecc… Non accampo, così dicendo, scuse per una amministrazione che non mi appartiene, ma mi pare che siano, questi, concetti piuttosto evidenti ed oggettivi, che richiedono riflessioni assolutamente libere dallo stress della competizione politica.
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Da un sindaco che rappresenta “l’altra politica” mi aspetterei un linguaggio diretto, chiaro, fuori dai canoni. un guizzo di stile. Invece scrive nel più grigio burocratese con espressioni da verbale dei carabinieri (“atte a..”, “esautorare”). Su qualche punto avrà pure ragione, ma che noia leggerlo, che grigiore totale questi “homines novi”..
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Non so perché è venuto fuori commento di anonimo. Postillo con la mia identità
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E’ ormai noto ai lettori che io e Luciano Damiani non siamo d’accordo praticamente su nulla. Lui , ad esempio, non legge , nelle parole del sindaco , nessuno scaricabarile e non ci trova nulla di istituzionalmente scorretto che parli come grillino e non come sindaco. Dimentica , ad esempio, ( come Cozzolino, del resto ) che il Sindaco, per il nostro ordinamento, oltre che organo del comune è, al contempo, organo locale dello Stato. Dimentica, inoltre,che con la legge 25 marzo 1993, n. 81 venne introdotta l’elezione diretta del sindaco , mentre in precedenza sia il sindaco sia la giunta erano eletti dal consiglio comunale. In questo modo la forma di governo del comune, in precedenza riconducibile al modello parlamentare, venne avvicinata al modello presidenziale . Il sindaco , eletto con il ballottaggio , è votato da migliaia di persone che non lo hanno votato al primo turno. Essi scelgono lui, non il partito che rappresenta. Questa non è una cosa da poco, anche se lo scarso rispetto dei ruoli istituzionali è stato ampiamente sdoganato proprio da quel Movimento. Basti pensare a come svolge il ruolo di vicepresidente della Camera il candidato premier dei cinquestelle Di Maio. Quoto, inoltre , Ettore circa il linguaggio grigio e burocratico del pezzo…
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Essere “organo dello stato” non vuol dire di per se perdere la propria identità e le proprie opinioni, ne vuol dire dover rinunciare ad esprimerle, mi pare lo facciano tranquillamente anche i presidenti del parlamento e non solo. Giustamente, secondo me, Cozzolino ha precisato di parlare come esponente del M5S, non l’avesse fatto avrebbe potuto ingenerare confusione di ruolo, invece l’ha fatto. Ma qui, Roberto, permettimi, si dovrebbe parlare di contenuti, dei contenuti dell’articolo, invece di disquisire sulla correttezza dei comportamenti.
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