Di cosa parliamo quando parliamo di lavoro.
di ROBERTO FIORENTINI ♦
Mio figlio ha 24 anni. E’ cresciuto in una famiglia di sinistra, mostre, musei, libri, concerti, qualche viaggio. Un po’ atipica, magari, con tutti e due i genitori lavoratori autonomi. Circa due anni fa ha deciso di lasciare l’Università e di trovarsi un lavoro. Io non ero d’accordo ma è abbastanza grande da decidere da se. Si è trasferito a Milano e quasi subito ha iniziato a lavorare. Dopo un anno di vari tentativi è stato assunto all’IKEA, da prima con un contrattino di sostituzione dei dipendenti in ferie, poi con contratti a tempo determinato via via più lunghi. Anche la sua ragazza , che lavora in un centro commerciale , ha iniziato così ed ora , grazie alla ultima riforma , è stata assunta a tempo indeterminato. Arturo, mio figlio, è molto contento del suo lavoro. Gli piace l’ambiente, si trova bene. Nonostante abbia un part-time, facendo molti straordinari porta a casa più di 1000 euro al mese. Qualche giorno fa è scoppiato il caso della protesta di una dipendente di IKEA ed ho voluto sentire il suo parere. E ciò che mi ha detto mi ha sorpreso non poco. Ha espresso un giudizio molto duro nei confronti delle pretese di quella collega, madre separata di due figli, che si lamentava della rigidità dei turni. Mi ha spiegato che i dipendenti fissi , come la signora in questione, hanno turni concordati stabili. Quindi possono decidere di impostare il loro orario con modalità predeterminate all’inizio dell’anno. Quelli a tempo determinato, come lui, invece, hanno turni che variano mese per mese. Il giudizio nei confronti dei colleghi stabili è stato davvero molto duro. A suo dire sono scortesi con i clienti, disamorati, si “ danno malati “, non apprezzano minimamente quello che hanno. Cioè la certezza del lavoro e dello stipendio ( IKEA è estremamente regolare nei pagamenti ), la possibilità di godere di ferie, maternità, legge 104 e permessi di vario genere. Cioè tutte quelle garanzie proprie del contratto di lavoro a tempo indeterminato, specie in una azienda che ha fatto del politically correct il suo credo. Mi ha molto colpito la posizione di Arturo, per niente sindacalizzato, contento di lavorare nonostante il precariato e incapace di accettare le lamentele e le proteste di chi ha molte più tutele di lui. Confesso che ho faticato a comprenderlo. E non poco. Poi, parlandoci, ho iniziato ad intuire qualcosa. Mio figlio, nonostante sia lavoratore dipendente, ha nei confronti del lavoro un atteggiamento ( che potrei definire etico ) simile a quello di un lavoratore autonomo e, a suo dire, molto comune nei numerosi lavoratori precari , soprattutto giovani. Costoro , esattamente come nel caso dei lavoratori autonomi, affidano all’impegno ed alla dedizione il loro futuro, senza pretendere da sindacati o leggi o Stato altre garanzie e tutele. Questo sentimento mi ha molto colpito e mi ha creato non poche domande sullo stato del nostro lavoro e , più in generale , sull’assetto sociale della nostra società.
E’ indubbio che oggi le tutele e le guarentigie siano sempre più sperequate nel nostro Paese. Abbiamo 18 milioni di pensionati, un terzo dei quali con redditi medi e medio-alti, che percepiscono pensioni calcolate con il metodo retributivo, pagate da lavoratori che la percepiranno con il metodo contributivo, prendendo molto di meno e andando in pensione molto più tardi. Abbiamo quasi 23 milioni di lavoratori , di cui 5 milioni autonomi, che non hanno alcuna tutela o sostegno, anzi debbono pagare tasse e contributi anche se non guadagnano e persino se vanno in perdita. I dipendenti , invece , sono 17 milioni e mezzo. Oltre 3 milioni sono i lavoratori pubblici. Costoro sono certamente i più tutelati. Non temono licenziamenti ne riduzioni di personale, godono di tutti i diritti, possono fare sindacato, politica, prendere persino congedi di lungo periodo se vengono eletti e così via. I dipendenti privati sono invece circa 14 milioni. Tra questi possiamo fare una prima distinzione. Quelli che lavorano per aziende di media e grande dimensione godono, all’incirca, delle stesse tutele dei dipendenti pubblici, quelli che lavorano in piccole strutture ( commesse nei negozi, impiegati degli studi professionali e così via) quelle stesse tutele se le sognano proprio. Molti, credo, conoscono aziende in cui un dipendente, se deve assentarsi per un paio d’ore per fare delle analisi cliniche, deve sperare che il datore di lavoro gli conceda mezza giornata di ferie , perché di permessi non se ne parla proprio. La seconda distinzione, poi, la facciamo tra chi ha un lavoro a tempo indeterminato e i due milioni e mezzo che hanno contratti a tempo determinato nel settore privato. Questi hanno tutele solo nel caso abbiano un datore di lavoro particolarmente illuminato. C’è poi una ultima categoria di persone, prive di qualsiasi tutela. Sono i circa tre milioni di disoccupati, che dopo un anno dalla perdita del lavoro, se non ne trovano subito un altro, sono abbandonati a se stessi, privi di qualsiasi reddito. Mio figlio e molti giovani precari come lui hanno capito una cosa, probabilmente. C’è un grande bisogno di rivedere il nostro welfare. Il nostro sistema di tutele sociali è figlio di un mondo che non esiste più. Un mondo dove i commercianti e i professionisti erano almeno classe media , mentre oggi molti di loro sono nuovi poveri. Un mondo dove a 60 anni si era vecchi e quindi si andava in pensione, perché c’erano tanti giovani che lavoravano al posto tuo. Un mondo dove si dava per scontata la crescita economica e demografica. Il risultato , oggi, è una società grandemente sperequata, con i pensionati al centro delle attenzioni della politica ( forse perché sono quelli che ancora vanno a votare ) , un mondo del lavoro disgregato, con livelli di tutela diversissimi a seconda di dove lavori e con i giovani , sia disoccupati che precari, che pagano il prezzo delle tutele altrui, dovendo rinunciare del tutto alle proprie.
ROBERTO FIORENTINI
Apprezzo questo intervento che ha il merito di scoperchiare la pentola dentro la quale ribolle il nuovo conflitto sociale. Nel merito mi piacerebbe discutere qualche passaggio che non mi convince ma è comunque utile e importante misurarsi senza pregiudizi.
"Mi piace""Mi piace"
Si, in prima lettura rimangono forti perplessità su alcuni temi legati alla complessità tra le generazioni “vecchie” e quelle cosiddette “nuove”. Un tema che la sinistra non trova la “quadratura del cerchio”. La definisco quel labirinto politico della contrapposizione schematica dei concetti di libertà e democrazia…. e non è soltanto colpa della politica, anche la Cgil ci mette molto del suo per non trovare “opinioni” per cercare di dirimere la contrapposizione…
"Mi piace""Mi piace"
In CGIL, riunione sindacale sulla giungla di tipologie di contratti per lo stesso lavoro, ho chiesto: “come si è giunti a questo?”. Risposta: “bella domanda”.
"Mi piace""Mi piace"
Leggere Piketty https://spazioliberoblog.com/2016/07/06/1286/
"Mi piace""Mi piace"
Leggere Piketty https://spazioliberoblog.com/2016/06/30/1204/https://spazioliberoblog.com/2016/06/30/1204/
"Mi piace""Mi piace"
Certo un mondo totalmente diverso di quello che sognavamo da ragazzi. Io ho scelto la libera professione quindi con nesduna tutela e tasse espede ingenti ma con la convinzione del ruolo prestigioso che andavi a occupare; oggi nemmeno quello. Sarebbe interessante ricostruire tutti i passaggi cioé come siamo arrivati a tutto questo.Direi che dopo le feste natalizie il blog potrebbe organizzare una riunione su questo argomento
"Mi piace""Mi piace"
Posto che il progresso non sta nell’abbassare garanzie e diritti o nel allargare i solchi fra le specificità sociali, ma che sta nel ridurre le differenze innalzando gli ultimi, accettare le distorsioni della società moderna come “inevitabile manifestazione del mondo che cambia” significa, per la politica, abdicare al proprio ruolo in favore del mero mercato per il quale la dignità del lavoro ed i diritti dell’uomo sono un mero “costo”. Da sempre il “posto fisso” è stato invidiato da chi non ha certezze, da chi non ha futuro, ma non sono certo da discutere le conquiste del lavoro, bensi sono da discutere tutte quelle cose che rendono il lavoro autonomo non percorribile, ne chi gode di tale status in qualche modo “protetto” deve sentirsi in colpa o privilegiato. Il regime di granzia e tutela deve considerarsi “normale” ed accettabile, il regime di insicurezza e sfruttamento è da considerarsi qualcosa da combattere, non da accettare. Altrimenti la politica è inutile e se ne può pure andare in vacanza, tanto ci pensa il mercato.
"Mi piace""Mi piace"
Il discorso è sicuramente molto complesso . Ho cercato – non so se ci sono riuscito – di non esprimere alcuna posizione personale e , meno che mai , politica. Volevo , in realtà, suggestionare il dibattito con la visione di questi temi di un ragazzo di vent’anni. E partire da questa per provare a fare un discorso che fosse il meno ideologico possibile. Naturalmente – me lo aspettavo – qualcuno non accetta neppure questo assunto e rivendica di essere ideologico. Quello che credo sia assolutamente indiscutibile è che il sistema del welfare , così com’è, non funziona più e tutela solo alcuni . E sempre di meno. Come pure bisogna provare a capire quelli che il ” posto fisso ” non lo sognano proprio e che , non per questo, devono essere meno tutelati dei pensionati e dei dipendenti pubblici.
"Mi piace""Mi piace"
Il progresso non è una questione ideologica, come non lo è il welfare. Parlare di welfare e dintorni non può essere qualcosa che prescinde dall’azione politica in senso lato. Si può parlare di questi argomenti senza parlare di politica? Evidentemente no. Attenzione, l’ideologia è una cosa la politica è un’altra. A dire il vero mi meraviglia che tu ti sia meravigliato di quanto espresso da tuo figlio. Da sempre i lavoratori indipendenti e precari hanno lamentato la differenza fra loro e lo “statale” o comunque il dipendente a tempo indeterminato, Perciò, di che ti meravigli? Un amico artigiano lamentava la scarsa pensione che l’aspettava, ma avrei facilmente potuto obiettare che io, lavoratore dipendente, le tasse le pago sino all’ultimo cent e non ho possibilità di evadere alcunchè. Ma è pur sempre una visione parziale, un punto di vista, un pezzo del puzzle di questa società che dovrebbe se mai sollecitare una riflessione sulle “differenze” e non sul welfare. Mi sono trovato in una riunione sindacale della Funzione Pubblica e si parlava della giungla dei contratti in sanità, per la quale vi sono lavoratori assolutamente uguali sottoposti a contratti i più diversi, una vera giungla contrattuale. Mio figlio infermiere, non conosce questa realtà, forse tutta italiana, poichè da lui vi è un unico contratto valido per tutti. E siccome ciò avviene in un paese occidentale, viene da pensare che si sia trattato di scelte, a mio avviso scellerate, che hanno prodotto un mondo del lavoro piuttosto malato e divisivo. Quindi, a meno che non si voglia pensare che il lavoro sia un qualcosa che attenga al welfare, La riflessione da farsi, secondo me, è sul mondo del lavoro e le sue regole e dinamiche, se confondiamo il lavoro con il welfare, ho idea che ci infiliamo in un banco di nebbia. Per intenderci il congedo parentale (ad esempio) non è “welfare” ma attiene alla idea del lavoro.
"Mi piace""Mi piace"
E bravo il signor Fiorentini,che sulla questione dei rapporti di lavoro nella società del liberismo sfrenato sposa in pieno le tesi del capitalismo finanziario internazionale,facendo sostenere al figlio che i lavoratori dipendenti è bene che si adattino velocemente al ruolo di sudditi,in un mondo che “non è più quello di prima”,e lascino perdere sindacati, rivendicazioni salariali e dignità sul posto di lavoro,e altrettanto velocemente comprendano che gli interessi dei datori di lavoro coincidono con i loro interessi,e che il conflitto di classe è una ubbia ottocentesca da relegare nella soffitta della storia.Questa visione del mondo un tempo si è chiamata corporativismo,quando tutto funzionava alla perfezione ed i treni arrivavano in orario.Siccome questa è anche la visione di chi oggi governa il Pd,la previsione che questo partito sia destinato a scomparire dalla scena politica in tempi brevi è quasi un gioco da ragazzi.
"Mi piace""Mi piace"
io sposo la tesi di chi ? faccio dire a mio figlio ? se tu non fossi un pusillanime troll ci sarebbe da mandarti a quel paese, ma visto che sei un anonimo sarebbe fiato sprecato… ci sono molti – e qualcuno lo conoscono personalmente – che proprio non ci arrivano a capire che gran parte di quello che dico e scrivo ha poco ( e persino niente ) a che fare con il pd… ma vabbè … lo scopo di costoro è questo ed è davvero uno scopo gramo e triste.
"Mi piace"Piace a 1 persona
L’anonimato dovrebbe essere proibito per legge, ma con una legge che sia efficace!! La lbertà di espressione è il fondamento di ogni forma di civiltà libera, ma l’anonimato ne è il classico abuso che ne sottrae civiltà. Su questo Roberto ha tutta la mia solidarietà anche se la pensiamo sempre o quasi in maniera asolutamente diversa.
"Mi piace""Mi piace"
Probabilmente a tuo figlio è stato fatto il lavaggio del cervello, così come viene fatto a chiunque entri a lavorare da IKEA.. Per questo difende l’azienda così, con le stesse parole che dicono persone che conosco che ci lavorano.
Ti viene messo in testa che è normale avere contrattini del cavolo, che a volte durano un mese, che è normale che ti chiedano di stare a lavoro tutto il giorno ogni giorno. Come può uno raggiungere risultati professionali soddisfacenti in questo modo?
Io ho lavorato come una schiava per un anno. Prendevo bei soldi, diciamo.. Ma a che pro?
"Mi piace""Mi piace"
Si dovrebbe lavorare per vivere, ma in alcune società pare che si viva per lavorare, anzi direi che la “mission” della vita sia l’ottenimento di risultati di produzione. Per fortuna non è ovunque così.
"Mi piace""Mi piace"