Zaha
di ROSAMARIA SORGE ♦
Non ho mai amato le forme curve in architettura, mi sento più a mio agio con la linea retta non necessariamente a novanta gradi, mi piacciono le diverse inclinazioni e anche i contorni irregolari ma non la linea curva ed è per questo che amo i giardini all’italiana, ordinati, definiti, controllabili. Spesso la linea curva in architettura diventa l’arco declinato in tutte le sue varianti da chi per incapacità a risolvere il problema percettivo e assecondando le peggiori inclinazioni del committente pensa di avere trovato una accettabile soluzione formale.
Ma poi è arrivata Lei.
Misteriosa con quei grandi occhi neri, avvolta in mantelli scuri ha sconvolto le mie convinzioni e la linea curva ad un tratto diventa vibrante, dinamica, sensuale e ti conduce in un mondo fantastico, in un tempo che non è il tuo, non è quello che ti circonda, quello che vivi ogni giorno.
Lei è Zaha Hadid
Perché lei è ed esisterà sempre anche se una morte prematura l’ha strappata al mondo e condotta chissà dove mi piace pensare, che forze misteriose, forse oscure l’abbiano rapita per realizzare una Mos Espa o una Otoh Gunga o forse una nuova Smalville in qualche lontano pianeta di qualche lontana galassia.
Lei è l’architetto per antonomasia quella che non sopportava che la definissero architetto donna e che sarebbe sicuramente inorridita al termine “ architetta”.
Si racconta che fosse scontrosa, sbrigativa nei modi, e in questo mi ci ritrovo senza chiaramente il suo immenso talento, il suo essere visionaria immaginando architetture che probabilmente sono il risultato di precise funzioni matematiche perché prima di essere un architetto aveva preso una laurea in matematica.
E’ nel 1972, dopo questa laurea in matematica a Beirut che si trasferisce a Londra per studiare alla Architectural Association e dove incontra Rem Koolhaass con il quale lavorerà per un certo periodo di tempo.
Dice Zaha che il massimo impegno per un architetto debba essere l’organizzazione della pianta, saperci entrare dentro, gestirla e muoversi in essa, e comunque la fluidità della pianta e la sua frammentazione sono due modi di progettare che conducono a nuovi modi e a nuove organizzazioni dello spazio.
La sua poetica artistica in sostanza trae ispirazione dall’avanguardia del costruttivismo russo per la sua determinazione ad infrangere tutti i canoni della composizione classica dando rilievo alla plasticità dei volumi, plasticità che ritroviamo anche nelle sue opere di design come ad esempio la “grattugia“ di Alessi in acciaio e melammina ma anche, diciamolo pure, le immettibili scarpe disegnate per Vuitton o il centro tavola in metallo placcato oro 24 carati per Swarovsky.
Ma la massima capacità di rappresentazione la troviamo nelle sue opere architettoniche, dalla sede dell’Opera di Guangzhou in Cina al Centro Culturale Heydar Aliyev a Baku in Azerbaigian passando per il London Aquatics Centre a Londra, dove la modellazione di pieghe curve e l’utilizzo di strutture a guscio perdono la loro originaria proprietà per diventare un’altra cosa.
Zaha Adid ha anche vinto concorsi in Italia e realizzato alcune opere.

MUSEO D’ARTE NURAGICA E CONTEMPORANEA
Uno dei progetti in cui si coglie in pieno la sua poetica è il Museo d’arte nuragica e contemporanea che doveva sorgere a Su Siccu di Cagliari e che le amministrazioni che si sono susseguite dal 2006, anno in cui vinse il Concorso bandito dalla Regione Sardegna, non hanno ancora realizzato. Ma si sa in Italia è sempre difficile per tutti lavorare e Zaha Hadid pur amando l’Italia si lamentava spesso delle difficoltà che incontrava. Nostante queste difficoltà in Italia Zaha Hadid ha realizzato a Roma il Maxxi, a Plan de Corones sulle Alpi, il Messner Mountain Museum, a Salerno il terminal marittimo, a Milano, nel quasi completato City Life, cioè la riqualificazione urbana della zona della ex Fiera oggi trasportata a Rho, di una torre e una serie di edifici per uso abitativo.
Sono luoghi e posti facilmente raggiungibili e io invito tutti a mettere in cantiere una visita per vedere e apprezzare queste opere straordinarie, specialmente Salerno che ha negli ultimi anni cambiato totalmente immagine grazie a una amministrazione efficiente e dinamica che ha permesso una riqualificazione urbana, vero esempio di rivoluzione territoriale e funzionale, che ha generato economia e lavoro e dove architetti come Oriol Bohigas, Santiago Calatrava, Ricardo Bofil, David Chipperfield hanno potuto dare il loro contributo.
Si è invece finalmente inaugurato sempre di Zaha Hadid la Stazione dell’alta velocità Napoli – Afragola; progetto che non ha avuto vita facile per svariate ragioni tra cui il ritrovamento durante gli scavi di importanti reperti archeologici che ne hanno ritardato la realizzazione, opera che ormai tutti chiamano “La porta del Sud“.
Diceva Gaudì che “la linea retta è la linea degli uomini, quella curva la linea di Dio.“ e un mio collega architetto, Michele Di Gennaro, afferma che “ la prima divide e demarca, limita e condiziona mentre la seconda consente all’esterno di fondersi con l’interno, crea spazi interferenti con potenzialità esplorativa e consente la ricerca di un tempo ciclico, l’eterno ritorno dell’uguale di Nietszche, o il tempo sincronico di Marquez .….favorisce il benessere dell’anima prima ancora della ratio.”
Con queste parole voglio chiudere questo breve articolo su una straordinaria e visionaria interprete sperando di avervi comunicato la sensualità e vibratilità del suo essere e del suo fare architettura.
ROSAMARIA SORGE