DEL PERCHE’ MI ISCRIVO AL PD
di MARIO MICHELE PASCALE ♦
1) CE’ VITA OLTRE IL PD?
E’ possibile un soggetto politico che ponga al centro della sua azione le categorie di giustizia sociale e libertà? Le soluzioni possibili sono due.
La prima, quella apparentemente più semplice, è la costruzione di un nuovo soggetto politico a sinistra del Partito Democratico. Tentativo in atto da anni. Dopo movimenti, girotondi, salti della quaglia, piroette e cantieri, ognuno dei quali era ritenuto dai suoi artefici conclusivo e definitivo, siamo ancora al punto di partenza. Dopo la produzione seriale di messia, da Vendola a Pisapia, che avrebbero dovuto guidare il popolo della sinistra verso la terra promessa, siamo ancora al punto di partenza. E non si capisce perché, se tutti gli esperimenti precedenti hanno fallito, quelli attuali dovrebbero essere coronati da successo. Su cosa si sono arenati questi generosissimi quanto velleitari tentativi? Semplice. Sulla assoluta mancanza di un progetto. E qui non parlo della evidente riproposizione di parole d’ordine a noi care, quali “difendiamo la costituzione” o “siamo fianco dei lavoratori”, o “siamo tutti antifascisti”. Questi sono i postulati dell’essere di sinistra. E’ come dire di voler arrivare in auto da Roma a Milano. Quando si chiede “quando partiamo” la risposta è “ma come, non vedi che ho montato le ruote, siamo già arrivati”. La macchina non è stata messa neanche in moto.
L’altro scoglio su cui si infrange un progetto politico di sinistra diverso dal Pd è l’assoluta incapacità di generare una classe dirigente diversa da quella dei dinosauri/fondatori. Un D’Alema, che a questo punto delle cose dovrebbe limitarsi a fare il padre nobile di una simile iniziativa e mettersi non dico da parte, ma quantomeno di lato, non ha nessuna intenzione di mollare il timone. Così come i Bersani, i Fratoianni, e compagnia contando. Le nuove realtà nascono sclerotizzate, con le istanze della base compresse da un ceto politico essenzialmente eguale, nelle modalità comportamentali e nella bramosia di poltrone, a quelle di qualsiasi altro partito. In luogo della democrazia interna vi è la gerontocrazia. Il terzo punto è l’assoluta incapacità di leggere le trasformazioni del reale, della società, dell’economia, della cultura, perseverando nell’immane errore di indossare gli occhiali prodotti negli anni settanta ed ottanta. Il nemico è il liberismo, con il quale, però, si può mediare, discutere, inciuciare, rotolare voluttuosamente nel porcilaio. Tolto il fango di dosso, avuti tutti i privilegi richiesti, il liberismo ridiventa magicamente il nemico da combattere. Lo stesso dicasi per ex compagni ed amici del PD, nemici giurati, ma con i quali si può far bisboccia e rotolarsi nel fango per un posticino da consigliere o assessore regionale. Senza che questo provochi scompensi morali.
La seconda soluzione possibile è l’azione interna al Partito Democratico trasformandolo, da epigono del compromesso storico, in una forza consapevolmente aderente al socialismo europeo. Che ponga, appunto, al centro della sua azione politica, le categorie di libertà e giustizia sociale.
2) RIGHTS E CHARITY? MEGLIO LIBERTA’ E GIUSTIZIA SOCIALE …
Ad oggi il PD genera una forte contraddizione: assume il modello dei progressisti americani che è impossibile da adattare al nostro essere mediterranei. In primis i diritti. Cosa sacrosanta, giustissima, parte del bagaglio della sinistra italiana, almeno della sua parte migliore. Non dimentichiamo che il Pci votò contro il divorzio, ad esempio. Ma le libertà della persona sono parte anche della ideologia della destra moderata e del pensiero liberale. Sembrerà strano ma ci sono organizzazioni GLBT, animaliste e femministe anche a destra, e nella destra ci metto anche gran parte della galassia radicale, che di destra è. Esse sono anche molto attive. Certo le “nostre” di associazioni salteranno in piedi rivendicando la loro purezza. Possibile, ma la purezza ed il monopolio politico ed ideologico sono due cose ben diverse.
Per quanto il governo a guida Pd abbia fatto cose meravigliose sul tema dei diritti, dalla legge sul “dopo di noi” alla legge Cirinnà, la sola battaglia per i “rights”, per quanto importante, non può essere un orizzonte politico esaustivo né un marchio di fabbrica tale da segnare una differenza.
Esattamente come per i cugini americani il secondo asse del PD è la “charity”. Cioè, un insieme di provvedimenti, che hanno informato anche l’azione di governo, che è finalizzato alla mitigazione delle diseguaglianze. Gli ottanta euro in busta paga sono un esempio lampante dei limiti di questa impostazione. Possono essere un inizio, anche virtuoso, se inquadrati all’interno di una strategia complessiva. Strategia che è, però, assente dai documenti congressuali del Pd e dalla sua elaborazione intellettuale. Quindi non esiste. La “charity” è comunque gradita nel Pd. Mette insieme l’anima veltroniana, filo americana, esplicitamente liberista anche se dotata di correttivi sociali, con quella cattolica che, dal suo punto di vista, vuole appunto “mitigare” e non “risolvere” la questione della disparità sociale. Ma può essere questo un tratto distintivo? Anche a destra si vuole “mitigare” e non “risolvere”. Certo una differenza c’è. Di certo a sinistra si vuole mitigare molto di più. Ed è il caso del reddito di inclusione che, testuali parole, vuole “contrastare la povertà”. “Contrastare” però è diverso da “risolvere”. Le parole pesano come pietre. Agli occhi dei votanti l’impegno sociale del PD non è centrale, si coglie la sua importanza solo attraverso un’analisi delle sfumature, sfumature difficili da decifrare per la stragrande maggioranza dell’elettorato. E non crea una differenza.
Faccio un esempio concreto. Mentre in Italia si andava avanti con la politica degli ottanta euro il gruppo parlamentare del PSE ha lanciato una campagna contro la cosiddetta “povertà energetica” ( http://www.socialistsanddemocrats.eu/it/endenergypoverty ). Avere la corrente elettrica, indipendentemente dalla propria condizione economica e dalla propria posizione debitoria nei confronti di chi la produce, vuol dire evitare di morire di freddo in inverno, poter cucinare, alimentare apparecchi medicali, potersi lavare con acqua calda. Avere quindi le condizioni minime per poter vivere degnamente. E’ una battaglia di giustizia sociale. Difficile, che pone in contraddizione frontale il socialismo europeo con le grandi aziende produttrici di energia. Ciò nondimeno è una battaglia giusta.
La differenza tra gli ottanta euro e l’energia come diritto è la differenza tra il compromesso storico ed il socialismo. Detto meglio, tra il Pd come è oggi e come in realtà meriterebbe di essere.
Superare dialetticamente, ovvero tenendoli ben saldi nella loro importanza, i diritti come solo elemento di diversificazione e superare la “charity” vuol dire andare oltre il momento fondativo cristallizzato nel patto tra ex Dc ed ex Pci. Consapevolmente il Pd ha scelto di entrare nel PSE. E lo ha fatto. Nessuno ha puntato una pistola alla tempia degli iscritti. Il superamento, sulla carta, del momento fondativo, è logica conseguenza di una libera azione, avallata da tutto, sottolineo tutto il corpo politico del Partito Democratico. Affinché l’ingresso del Pd al PSE diventi un’adesione totale, senza ambiguità, riserve e sottigliezze bizantine, bisogna proseguire principalmente su binari ideologici e culturali, ridefinendo l’area progressista. E ciò deve avvenire in maniera dialettica. Gli ex Pci e gli ex Dc non sono nemici da sconfiggere o da espungere: sono partner necessari e preziosi in questo processo di ridefinizione. Un grande partito di massa, che voglia rappresentare la parte progressista del paese, ha bisogno di avere in sé tutte le grandi tradizioni della sinistra. Dai cattolici “sociali” ai comunisti, ai socialisti. Tutti con pari diritti e pari doveri, che lavorano all’unisono per offrire, al paese, un’alternativa alle destre e ai cinque stelle. Senza aver paura di pronunciare la parola “socialismo”.
3) MATTEO RENZI COME PROBLEMA E COME SOLUZIONE
Alcuni potrebbero dire: come si fa a fare tutto questo con Matteo Renzi segretario? Un leader che paga un tributo forte al liberismo versione Tony Blair ed alla ideologia della “Charity”. Semplice. Renzi è umano, è fatto di carne e sangue. Come tutte le cose umane ha una data di scadenza. Le direttrici della sua azione politica si basavano su pilastri (la nuova legge elettorale, la riforma costituzionale, ad esempio) che si sono rivelati molto meno solidi del previsto. In altri termini il cosiddetto renzismo non ha più il fascino della novità ed ha esaurito la propria forza propulsiva. Avanza per forza di gravità. Renzi è segretario del Pd principalmente per carenza di alternative. L’impalpabilità, a tratti la risibilità delle proposte di Orlando ed Emiliano all’ultimo congresso, ne sono la prova evidente. Aggiungo: a me Renzi non piace. La bistecca alla fiorentina mi disgusta e Benigni non mi hai mai fatto ridere. Panariello neppure. Apprezzo comunque, al di là delle evidenti esagerazioni del Renzi che si presenta come personaggio mediatico, il fatto che l’attuale segretario abbia individuato con chiarezza i gangli corrotti del sistema Italia su cui dover intervenire e che, con tutti i limiti connessi, ha compiuto comunque un rinnovamento generazionale e uno svecchiamento del PD. Ma dobbiamo registrare una differenza tra i proclami e la realtà dei fatti compiuti. La “buona scuola” mostra i suoi limiti nella creazione dei “super presidi”, manager di qualcosa, la scuola italiana, che dovrebbe essere il no profit per eccellenza. La riforma della burocrazia, che giustamente vedeva nei dirigenti il vero problema, nonostante fosse una riforma al ribasso, si è miseramente impantanata. E’ stata devastata dall’istinto all’autoconservazione della casta burocratica della pubblica amministrazione. Questi sono solo esempi. Il futuro del fronte progressista è un futuro al di là di Matteo Renzi. Non contro, semplicemente al di là. La fase storica che si aprirà di qui a qualche anno vuole altri modelli di leadership. Ma sia chiaro: fin quando Renzi sarà segretario va riconosciuto come tale, con tutte le sue prerogative: avrà quindi tutto il mio rispetto.
4) NEL VENTRE DELLA BALENA
La scommessa è quella, da qui al prossimo congresso nazionale, di costruire un’alternativa credibile, capace di leggere le trasformazioni del reale, edificare un consenso nuovo. Un’alternativa che sia costruttiva, per il partito e per il paese. Che unisca le anime del Pd e che sia capace di attirare le forze sane del paese, ivi comprese quelle di chi, in onestà e buona fede, si è perso dietro ai fantasmi che si agitano “a sinistra del Pd”. Di più: un partito che sappia riappropriarsi del proprio ruolo, fino ad oggi mortificato perché impropriamente schiacciato solo ed esclusivamente sulla difesa del governo. Un partito che sappia farsi carico di un sano dibattito ideologico e culturale e che abbia il coraggio di aprirsi, laicamente, al pensiero politico contemporaneo non liberista. Esiste qualcosa, nel mondo, oltre i tweet di Hillary Clinton …
Salus estra ecclesiam non est. Sono convinto che, fuori dal Pd, non esista vita se non per la riproposizione di un ceto politico stantio e decrepito, incapace di guardare al futuro. Il suo destino è la semplice sopravvivenza. Vivacchieranno, come già accaduto in passato, vampirizzando un generoso popolo di attivisti, che meriterebbe di più.
Sono convinto che le uniche strade possibili siano due: ritirarsi a vita privata, chiudere gli occhi e le orecchie ai destini del mondo e della società. Oppure impegnarsi nell’unico luogo in cui è possibile farlo. L’ultimo pezzo di terra consacrata, che coincide con la parte più possibile a sinistra all’interno del Pd. Oltre c’è solo morte e desolazione. Vampiri, appunto, e mostri d’altri tempi, oppure pazzi che, pur di sopravvivere, votano e fanno apertamente campagna elettorale per i cinque stelle. Un vecchio saggio diceva: odio gli indifferenti. Li odio anche io. Li odio al punto tale che non voglio far parte delle loro schiere. Scelgo, quindi, di impegnarmi. E mi iscrivo, nonostante tutte le sue imperfezioni, al Partito Democratico da dove proseguirò, con l’umiltà che compete al neofita, nel mio impegno politico per costruire un mondo in cui le categorie di libertà e giustizia sociale siano ben presenti. Un mondo ispirato ai valori del socialismo. Da ognuno secondo le sue possibilità, a ciascuno secondo i suoi bisogni ed i suoi meriti.
Dixi et salvavi animam mea.
MARIO MICHELE PASCALE
Premessa assai curiosa per approdare in un partito: “..Renzi è umano, è fatto di carne e sangue. Come tutte le cose umane ha una data di scadenza.”
Come dire: “prima o poi se ne andrà fuori dalle palle..” (mi scuso per il termine ma mi pare adatto ad esprimere il concetto).
La premessa è assai curiosa almeno per tre motivi:
1) Renzi è giovane e vista la longevità dei politici nostrani potrebbe verosimilmente anche rimanervi a lungo.
2) Laddove il partito perde pezzi di base e di leader a sinistra, entrarvi per essere voce di “sinistra” pare un molto curioso andar controcorrente.
3) Proprio l’emoraggia di voci diverse non ha fatto che rafforzare, nel partito, Renzi il renzismo incrementando non poco la quota renziana al suo interno.
Insomma un po’ come prendere l’autobus nel senso opposto alla propria destinazione, tanto prima o poi dovrà tornare indietro.
Scelta legittima ovviamente, e certamente il PD forse è l’unico partito plurale di questo paese, capace di mutare se stesso tramite l’esercizio democratico.
Auguri e, visto che questo PD non ti piace, consiglio di protegggere lo stomaco con uno dei tanti protettivi che si trovano in commercio.
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Il lungo e interessante pezzo di Mario Michele ( a proposito: benvenue !) e , ancora di più, la risposta davvero ” fuori fuoco ” di Luciano non prendono adeguatamente in considerazione una domanda ( forse LA DOMANDA ). E cioè : cosa significa essere di sinistra , oggi ? Non credo di avere una risposta adeguata. Ma ho una domanda da fare: essere di sinistra nel 1921, nel 1947, nel 1976, nel 1991, nel 2007 ed infine oggi hanno sempre lo stesso significato ? P.S…. non mi pare che Michele abbia mai detto che questo PD non gli piaccia!
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Condivido la necessità di superare il liberismo e spero che in futuro su questo argomento si apra una discussione; trovo difficile il superamento della dicotomia tra vecchio PCI e DC che costituisce il peccato originale del PD; inesatto il ricordo di un PCI contrario al divorzio, furono contrari Amendola e Pajetta e il tentativo delle donne comuniste fu quello di inserirlo in un riforma del diritto di famiglia. Su Renzi mi astengo, tutti sanno come la penso. La disamina sulla sinistra la trovo superficiale e forse non coglie la particolarità dell’attuale momento, quanto al quesito se c’è vita fuori del PD a questo non saprei rispondere
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Oh,finarmente dunque sto Pasquale
se segna nel Piddì…e meno male!
Così nel ’19,caro lei,
ce sta n’antra stampella pe Tidei!
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Pur non facendo parte del del partito, mi permetto una osservazione, due va:
1) manca una visione globale ideologica. Si, ho detto ideologia, non bisogna aver paura di questa parola, ideologia è il motivo per cui ci si avvicina ad un partito piuttosto che ad un altro, e l’utopia che sottende quella ideologia è il propulsore di quel movimento, senza di ciò vi sono solo vuoti slogan;
2) bisogna imparare dagli avversari, nella loro incapacità totale di affrontare il quotidiano ed il futuro prossimo venturo, il M5S, riesce però a vedere attraverso la lente della rete le priorità di livello nazionale che noi cittadini un poco più attenti ci aspettiamo faccia la classe politica, ne faccio solo un esempio:
temi come il reddito di cittadinanza (oltre loro ne parla solo Tremonti in maniera seria e con cognizione di causa, ed è tutto dire) non sono solamente uno slogan elettorale, con la fine del lavoro (molto più vicina di quel che si crede) è necessario programmare la traversata dallo stato attuale al momento in cui le macchine sostituiranno i lavoratori, se non ci si pensa per tempo ci sarà una scia di lacrime e sangue, forse inevitabile, ma se programmata per tempo si potrebbero limitare i danni;
Mi rendo conto che il livello cittadino è politicamente limitato per poter avere voce in capitolo su temi del genere, ma l’introduzione di Pascale mi sembra avere un afflato superiore agli interessi del solo nostro territorio.
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il punto uno è una richiesta più che una osservazione, una preghiera quasi.
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Caro Roberto, che a Mario Michele Pascale non piaccia questo PD a guida Renzi mi pare più che evidente quando dice:
“..Renzi è umano, è fatto di carne e sangue. Come tutte le cose umane ha una data di scadenza.”
Non è certo un attestato di stima o quanto meno di concordanza. L’autore entra nel PD per affermare, nel dibattito e divenire democratico del partito, la sua visione di sinistra o quanto meno il sua traduzione pragmatica della sua idea di sinistra nel contesto sociale, economico, politico ecc… Nella considerazione che il PD è l’unico luogo democratico concretamente possibile, ovvero l’unico partito che può intervenire con efficacia sulla realtà.
Lo stesso Mario potrà avvalorare o meno questa mia interpretazione. A me pare di aver capito benissimo il pensiero espresso nell’articolo.
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Cari compagni, anzitutto grazie della vostra attenzione. Diceva Cesare Pavese che la politica è l’arte del possibile. Occorre un luogo, un tempo in cui essa sia possibile. Non c’è vita fuori dal Pd. La politica è possibile, a sinistra, solo nel Pd. Ma andiamo con ordine: 1)Non mi piace Renzi? L’ho detto. Ma da qui al fatto che il partito mi faccia schifo, ce ne corre. Il partito è fatto di tantissime persone. Per questo può prendere strade diverse. Io intendo il partito come il luogo delle possibilità. 2) Credo che i leader, anche se giovani, siano legati, dal punto di vista del materialismo storico, alle cogenze storiche che li producono. Un esempio su tutti: Veltroni, anche se giovane segretario, acclamato come messia, non è stato eterno. Oggi è certamente presente nel partito, ma è poco più di un santino. Prodi? Lo stesso. Secondo me Renzi li seguirà, ma non perché io voglia male al segretario, ma perché, lo ripeto, i futuri scenari avranno bisogno di modelli di leadership diversi. 3) Il partito, dice il compagno Damiani, “perde pezzi a sinistra”. Questo sarebbe vero se l’apparato ideologico delle componenti fuoriuscite sia stato di sinistra rispetto al renzismo. Io ho visto solo ambizioni personali represse e, con esse, una riflessione non sui contenuti della politica, ma solo sulle alleanze e sui modelli elettorali, conditi con parole d’ordine ed effetti speciali, ma con poca sostanza. Se la sinistra “vera” è questa siamo fritti. Certo nel partito manca una componente di sinistra degna di questo nome. Ma questo è un compito ed un lavoro da portare avanti. 3 bis) Rosa Maria Sorge dice “la disamina sulla sinistra la trovo superficiale”. Io non sono perfetto, ciò può essere anche possibile. Ma prego la nostra compagna di spiegarmi analiticamente perché sarebbe superficiale, dandomi la sua visione esaustiva della sinistra. Io mi sono messo a scrivere, per esplicare il mio pensiero, cercando di essere il più possibile comprensibile. E’ una forma di rispetto per i lettori. Sforzati anche tu 🙂
4) Manca una ideologia. In altri tempi si diceva “il sol dell’avvenire”. Concordo. Ma non bisogna andare lontano per trovarle. Una lotta radicale alla povertà e all’esclusione sociale per creare una società diversamente ricca. Mi sembra un orizzonte più che rispettabile ed inclusivo come punto di inizio. Su questo c’è da lavorare. Ma anche questo è un compito. 5) Grazie Roberto per il benvenuto.
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