LA POST-VERITA’
di ROBERTO FIORENTINI ♦
Per l’Oxford Dictionary, bibbia della lingua anglosassone, la parola post-truth, post-verità o meglio, per come qui intesa, falsa verità è la parola dell’anno 2016. In sostanza, si tratta di un fenomeno che tutti noi conosciamo, soprattutto chi frequenta i social network, quello per cui notizie palesemente non vere acquisiscono una specie di verità sostanziale , per il fatto di essere condivise da migliaia di persone. Non sembri paradossale. Del resto il meccanismo che regola il web è , grosso modo, quantitativo. Chiunque ricerchi una informazione sulla rete, finirà per avvalersi di un motore di ricerca, in genere Google. Le risposte che i motori di ricerca forniscono NON sono quelle più giuste, più corrette, più vere. Ma quelle più cliccate. Google mette ai primi posti le pagine che, tra quelle selezionate dal suo algoritmo come più rilevanti, hanno maggiore diffusione. Non ci deve stupire se , per molti utenti, è praticamente ininfluente se una notizia è vera o falsa. In molti casi i meccanismi di condivisione di un link scattano automaticamente. Vedo un articolo che dice qualcosa che mi piace o mi interessa, o che, magari, mi può far guadagnare un mucchio di like ? io lo condivido. Se è vero o falso non è affar mio. Chi scrive si è più volte trovato coinvolto in polemiche con diffusori di bufale. E la risposta è sempre stata la stessa. Io l’ho solo condiviso, mica l’ho scritto. Se è vero o falso è responsabilità di chi l’ha pubblicato. Immagino ( o meglio, spero ) che non ci sia bisogno di sottolineare l’assurdità di tale modo di pensare. Chi condivide una notizia la sta diffondendo ed è responsabile, quasi allo stesso modo, di chi l’ha originariamente pubblicata e di chi l’ha scritta.
Questo modo di ragionare è spesso usato da forze organizzate per raggiungere i propri scopi. “Brexit permetterà alla Gran Bretagna di risparmiare 350 milioni di sterline alla settimana attualmente spesi in contributi all’Unione Europea e investirli nella sanità pubblica nazionale”. Era lo slogan usato durante la campagna per il referendum britannico del giugno scorso dal fronte del Leave, ovvero favorevole all’uscita dalla Ue. Si trattava di un numero completamente inventato , ma ha certamente contribuito alla vittoria del referendum. “Il governo italiano ha annunciato che il recente terremoto in Centro Italia è stato di 6 gradi, invece che di entità superiore come riportato dai media stranieri, per non dover pagare la ricostruzione che scatta da 6,1 gradi in su”. E’ la “bufala” circolata sul web dopo entrambi i terremoti degli ultimi mesi. L’affermazione è doppiamente falsa: non è vero che il governo paga la ricostruzione solo da 6,1 gradi in su e non è vero che il governo ha parlato di un terremoto di 6 gradi invece che di entità superiore. Ma molti continuano a pensare che ci sia stato un tentativo di imbroglio. La post-verità ha imperversato anche durante le presidenziali americane, favorendo la vittoria di Donald Trump. Ma la post-verità incarna un fenomeno ancora più ampio, che va dalla politica alla società, dal pubblico al privato, dall’Occidente ai paesi emergenti. Domina il web, in particolare i social network, ma dilaga anche su altri media, la tv, i talk-show radiofonici, i giornali, nelle battute che si ascoltano al bar, sul bus, in ufficio. Il suo uso, affermano gli esperti del dizionario di Oxford, è aumentato del 2000% nel 2016 rispetto all’anno precedente, trainato da eventi come il referendum della Gran Bretagna per uscire dall’Unione Europea e la corsa alla Casa Bianca, nei quali i dati di fatto sono stati sommersi da una propaganda priva di riferimenti reali e in cui il cuore (o meglio la pancia) ha surclassato il cervello.
La prevalenza della pancia , ovviamente, sta favorendo la proliferazione del cosiddetto populismo , che è , forse, l’unica novità della politica dei nostri tempi. Con questo termine si intende un atteggiamento confusamente antielitario, che porta con se idee e principi una volta definibili di sinistra , assieme ad afflati razzisti, xenofobi e più generalmente di destra. Jan Werner Muller, insegnante di Teoria Politica e Storia delle Idee alla Princeton University, sostiene che il populismo non è soltanto contro l’establishment, ma colpisce anche il pluralismo. Non riconosce le diversità , alla base del Contratto Sociale e prevede un popolo omogeneo che in realtà non esiste e che si esprimerebbe con una sola voce, spesso quella del web. Un fenomeno che si nutre ampiamente della post-verità e che sta cambiando, con una rapidità cui la politica stenta a stare al passo, governanti e politiche. Ma che non ha – e qui sta il rischio maggiore di questo fenomeno – nessuna idea della direzione da prendere, nessuna idea di società ideale, nessuna visione del futuro.
ROBERTO FIORENTINI
Anche questa mattina, facendo colazione, leggo il consueto articolo mattutino, una abitudine ormai consolidata. Il tema di oggi dev’essere proprio di attualità, alla Radio24, anche loro, questa mattina parlano di postverità raccontando l’intervista di uno di quei blogger che sfornano bufale. Anche ieri sera nel programma “Indovina chi viene a cena”, si trattava di un argomento simile, non proprio uguale, ma che racconto dell’uso speculativo del web. Si parlava del cibo per neonati, omogeneizzati e simili. Se ne parlava raccontando il mondo delle “mamme blogger” pagate dalle industrie alimentari per promuovere i propri prodotti. Il servizio addirittura riportava un reportage sulla visita delle “mamme blogger” agli stabilimenti di un noto marchio di alimenti per bambini. Giustamente Roberto stigmatizza i produttori di bufale, tutto giusto e condivisibile. Non nego che faccio anche una certa fatica ad accettare ciò che non mi piace mentre mi viene assai più facile creder ciò che mi piace, ne sono cosciente e comprendo benissimo il fenomeno. All’articolo vorrei aggiungere la considerazione che essendo il web null’altro che un moderno e potente media esso è diventato lo strumento per mille speculazioni, da quelle commerciali, a quelle intellettuali, dalle sportive alle politiche. Purtroppo debbo dire che anche coloro dotati di “intelligenza”, pur capendolo, ne sfruttano le caratteristiche per diffondere il proprio “verbo”. Secondo me, e lo propongo, la riflessione dovrebbe avere un focus concentrato, sulle motivazioni e sugli atteggiamenti dei “consapevoli” che originano o semplicemente alimentano questo fenomeno. Teniamo presente anche che dai “fenomeni” non possiamo facilmente considerarci fuori, ne facciamo parte spesso e volentieri anche in modo protagonista. Insomma il tema è molto interessante e merita approfondimenti. Del resto, se non in spazioliberoblog, dove?
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Quello che non capisco è il fenomeno psicologico per cui sui social network anche gente mediamente colta e intelligente condivide link palesemente falsi, per verificare i quali sarebbe stato sufficiente fare una ricerchina su google in un minuto e mezzo…
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Una variante è rappresentata da quella che i politologi chiamano la mobilitazione della menzogna. Far circolare notizie false o informazioni manipolate alla velocità e con l’estensione sociale del web consente, ad esempio, di influire sugli orientamenti elettorali. Senza scomodare il fenomeno Trump, le scie chimiche, il presunto rischio vaccini, sondaggi d’opinione autorevoli condotti in area UE hanno provato come gli intervistati più ostili a politiche migratorie di accoglienza avessero una rappresentazione spaventosamente per eccesso delle reali dimensioni demografiche del fenomeno. Richiesti di indicare le loro fonti d’informazione citavano quasi esclusivamente i siti Internet e il passaparola da parte di movimenti xenofobi. Il medium è davvero diventato il messaggio, ponendo una questione politica cruciale per la democrazia.
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L’uso strumentale del mezzo di comunicazione non è certo una novità, l’informazione è sempre stata oggetto delle attenzioni di coloro che hanno avuto interesse nella “formazione” dell’opinione pubblica, non si sente ancora adesso dire: “l’ha detto la TV”? Oppure: “c’è scritto sul giornale”.
Da sempre i media sono stati strumento di potere e veicolo delle informazioni “strumentali”. Certo il socialmedia amplifica a dismisura gli effetti, chiaramente per via della velocità, della vastità e della facilità d’accesso. Tre caratteristiche che, come nel triangolo del fuoco, messe assieme producono effetti dirompenti. Ciò appurato, Roberto si pone la domanda sul perchè “persone mediamente colte condividono link palesemente falsi”. La risposta a questo quesito a me pare piuttosto semplice, penso cioè, che anche le persone molto intelligenti e preparate abbiano i propri “interessi” in senso generico. Se non abbiamo “interessi specifici”, siamo comunque spesso e volentieri tifosi ed il tasto “condividi” e “like” è li a disposizione, basta un click. Insomma le tentazioni esistono per tutti, anche per i colti e per gli intelligenti. Quando ci si confronta si cerca di convincere l’interlocutore della giustezza delle nostre tesi e, non neghiamolo, non facciamo a meno di qualche aiutino. Penso però che se vogliamo affrontare correttamente il problema che si oggi assume un aspetto che riguarda la democrazia, sono d’accordo con Nicola, senza nasconderci, dobbiamo andare a cercare coloro che coscientemente utilizzano in modo strumentale, i media. Quella parte di establishment che usa così i media, dovrebbe essere l’oggetto di seria ed imparziale attenzione. Non ci scordiamo come basti una dichiarazione ben pensata per mandare in crisi la borsa, l’economia dei paesi, e condizionare le scelte della gente. Ricordiamoci che il web è un mezzo e come tale è “asettico”. L’uso che se ne fa è opera degli uomini, e più gli uomini sono potenti e più usano il mezzo per i propri scopi. Nel mio commento precedente ho parlato delle “mamme blogger” pagate dalle multinazionali dell’alimentazione. Senza parlare poi dello scontro politico che fa uso della menzogna cosciente a piene mani, e lo fanno tutti nessuno escluso. Quindi direi che sarebbe opportuno affrontare il problema considerando chi ne fa uso in modo massiccio e perchè. Come dice Nicola è un problema che investe la democrazia. I comportamenti della gente comune sono in massima parte conseguenti, credo.
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Sapienza Università di Roma
Laurea L in Giurisprudenza,
1979 – 1990
Studi interrotti dopo 19 esami sostenuti
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Un problema di democrazia c’è anche quando testate nazionali usano espressioni come: “Ragazzi contro il cancro basta un …… ” potrebbe essere un SI o un NO, non importa, ciò che importa è che professionisti dell’informazione utilizzano il loro media in modo… discutibile? Discutibile mi pare troppo generoso. Credo che ci voglia una forte cura etica… ma di quelle da cavallo.
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