Progetto Erasmus

 

di GIACOMO ANGELINI ♦

Quando si pensa a un incidente, a una morte, a una tragedia, si pensa sempre che ciò non ci riguardi, perché “è successo ad altri”. E gli “altri”, sempre, non siamo noi.

Ma se, invece, fossimo noi?

Succede che un giorno di gennaio la tua università ti presenta un bando “ERASMUS”, in cui ti “invita” a pensarci sù. Immagina: studiare in un paese diverso, provare ad essere davvero indipendente, imparare una nuova lingua, cose nuove, avere la possibilità di tirocini particolari, imparare a gestirsi da soli. Sfiorare quella voglia di indipendenza che rincorri da quando hai tredici anni. E tutto questo, praticamente gratis.

Dov’è la fregatura? Non c’è. Sì, forse rimani un po’ indietro con gli esami. A volte. Può capitare. Però tutto sommato chi se ne frega: un’esperienza così formativa, riconosciuta a livello mondiale, che “fa curriculum”. E quindi fai la domanda. E la vinci, perché sei uno che studia, hai i crediti necessari, la media alta e tutte le carte in regola per poter essere “cittadino del mondo” come hai sempre sognato.

E così, un anno dopo, parti, alla volta delle più belle capitali europee: Londra, Parigi, Lisbona, Dublino, Barcellona. Come ne “L’Appartamento Spagnolo”. E inizi la tua vacanza-studio come studente Erasmus. Le tue giornate passano tra libri in spagnolo, corsi in spagnolo, gente che ti parla in spagnolo. Ma non è solo studio. L’Erasmus è anche divertimento, svago. L’Erasmus è integrazione, è conoscere culture diverse dalla tua.

E allora quale occasione migliore della Notte dei Fuochi a Valencia per divertirsi un po’ con gli amici del gruppo? E così si va. Feste, maschere, fuochi d’artificio, carri. Fino a mattina presto. Poi all’alba si risale sul pullman e si torna a Barcellona, assonati e stanchi.

Stanchi quasi quanto l’autista.

Sì, perché l’autista del pullman che ti riporta indietro è troppo stanco per mantenere il controllo. Ha 62 anni: non ha bevuto, non si è drogato, non era al cellulare. È solo stanco. E si addormenta. È un istante. Il pullman sbanda, va fuori strada ed è troppo tardi per tredici persone. Sette italiane.

Ad otto mesi dalla tragedia, un giovane giudice spagnolo archivia l’inchiesta penale.

Non c’è nessun colpevole – ha detto. L’autista guidava ad una velocità giusta, non era distratto da nessun cellulare, e aveva rispettato i tempi di riposo regolamentari.

Nessun colpevole, quindi. Tredici ragazze morte, sì. Ma morte così. Per caso. Per puro caso.

Senza colpa.

Senza motivo.

Senza colpevole.

Quando si pensa a un incidente, a una morte, a una tragedia, si pensa sempre che ciò non ci riguardi, perché “è successo ad altri”. Ma gli “altri”, stavolta, siamo noi.

GIACOMO ANGELINI