R-esistenza
di ENRICO PARAVANI ♦
Le nuove Resistenze, la nuova frontiera di chi come me, crede ancora che bisogna star in trincea e difendere con il coltello tra i denti quei valori che i nostri Padri costituenti, ci hanno voluto lasciare mettendoli nero su bianco. Riappropriarci della nostra Storia ed attualizzarla secondo le nuove “guerre” che ogni giorno ci sbattono in faccia storie di esseri umani apparentemente invisibili; così abbiamo imparato che esiste Idomeni, che esiste un Europa che come al solito tentenna e attua il vecchio, ma sempre attuale “not in my garden”.
È cronaca di questi giorni, Panama Papers ha riportato sulle prima pagine dei quotidiani e non solo, la questione dei confini, e ha riaperto (come se ce ne fosse bisogno di sottolinearlo ancora) che i confini stessi non sono uguali per tutti: c’è chi li oltrepassa per disperazione e chi per tutelare i “propri capitali”; entrambe sono nella stragrande maggioranza azioni “legali” però, c’è sempre un però. Se è vero che la maggior parte delle “società off-shore sono legali e le transazioni sono la logica conseguenza di un sistema capitalistico globale”, come spiegano giornalisti ed economisti che hanno svelato i Papers, allo stesso modo è del tutto legale scappare da fame, disperazione, e guerra, ci sono trattati internazionali che ratificano il tutto.
C’è fuga e fuga e chiudiamo gli occhi nei confronti delle fughe per la sopravvivenza, come stiamo facendo in questi mesi nei confronti di siriani, eritrei, afgani eccetera.
Ci passano accanto a milioni e ci sembrano facce tutte uguali. Facciamo fatica a distinguere le razze, ma siamo ignoranti, confondiamo un giapponese con un cinese, una polacca con una rumena. Non sappiamo le storie dei loro paesi, i loro miti, gli dei, gli eroi. Però sappiamo sfruttarli benissimo e appena sbagliano, gogna pubblica. Gli affidiamo le nostre nonne, i figli, una madre malata, le nostre case, i nostri magazzini e i nostri uffici e in fondo in fondo non ci fidiamo di loro. Ci ricrediamo subito, mica per altro, perché non ci passa per la testa di svolgere, per i nostri stessi parenti, quelle mansioni caritatevoli, umili e a volte “schifose” che loro fanno per un pugno di euro. Che ci chiedano le “marchette” ci infastidisce, anche se noi siamo pronti a scendere in piazza per le nostre pensioni. Addirittura ci fanno invidia: “Lo sai che la mia colf con tutti i soldi che le ho dato si è fatta una villa in Sri Lanka?”. Siamo extracomunitari a noi stessi, non capiamo che abbiamo anime da fautori di un sistema che giustifica Idomeni, Lesbo, Samos, Lampedusa, arroccati nelle nostre metropoli, dominati dalle banche e dalle multinazionali del consumo globale. La nuova Resistenza deve partire proprio da questi luoghi e, come i nostri “padri” sono andati in montagna per sconfiggere il male di allora, noi DOBBIAMO tornare sulle coste della nostra Storia per tornare a far vivere non solo ciò in cui crediamo, ma anche la Speranza.
di ENRICO PARAVANI
Caro Enrico, amico conosciuto sui social locali, il tuo articolo mi emoziona, anche se non sono presenti fotografie che spesso manifestano il tuo talento di dilettante fotografo. Ma di questo ora non vorrei parlare. Piuttosto vorrei dirti delle emozioni : i comunitari sono nelle nostre case, ma le loro abitudini e le loro idee di origine straniera non hanno inciso molto sulle nostre strutture profonde di identità. Anzi accade- e lo noto sui social locali, diciamo più tradizionali, più legati alle nostre radici identitarie- che al loro risentimento verso una società ” opulenta ” che non li accoglie, si risponda con un pari risentimento. Ci sentiamo così minacciati e addirittura esaltiamo la nostra sovranità sul territorio, come se la nostra fosse una legittima difesa. La seconda emozione che mi hai provocato riguarda il ruolo del Sindacato. Ora sono in pensione e non sono più parte attiva del sindacato, come accadde negli anni, a partire dagli anni ’70. Allora nel sindacato vi era un fervore , un impegno, una interrelazione di persone, eravamo i lavoratori della conoscenza. Ora frequento il sindacato per regolarizzare il contratto con la colf.. Ma è lì che ora ho sentore di quanto la nostra realtà sociale sia globalizzata, è lì che vedo la mediazione sociale e politica di questa istituzione, che ” a furor di popolo ” è considerata al tramonto. E voglio fare un nome, un nome di donna : Claudia Martinescu, come voglio aggiungere un altro nome , di donna, che ha considerato sul Blog il tema dei migranti : Simonetta Bisi. Vale ora e nel vicino futuro chi sappia intrecciare le corda – cor cordis – dei diritti umani. E’ una questione di etica, etica planetaria.
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