Fenomenologia dell’Hater
di ROBERTO FIORENTINI ♦
Chiunque di noi frequenti i social network, e quindi praticamente tutti, sa benissimo cosa è un hater. Od almeno , quasi certamente vi si è imbattuto e magari non sapeva che si chiamasse così. Per chiarirci le idee riportiamo qui la definizione che ne da Wikipedia, l’unica vera enciclopedia del terzo millennio:
Hater è un termine usato in Internet per indicare gli utenti che generalmente disprezzano, diffamano o criticano distruttivamente una persona, un lavoro o un concetto in particolare.
L’odio dell’hater è generato da dei sentimenti simili alla gelosia e all’invidia; tuttavia gli hater, a differenza dei gelosi, non desiderano diventare come le persone che prendono in giro o attaccano, ma al contrario desiderano esclusivamente insultarle e denigrarle.
Un hater giustifica il suo disprezzo e pone il suo pensiero come unica, vera realtà; i pensieri o idee delle persone a lui non affini sono completamente errate e semplicemente delle menzogne.
Un hater tende a seguire costantemente le attività del personaggio pubblico che odia.
Probabilmente ora è più chiaro cosa è un hater. A molti, probabilmente, è capitato essere oggetto delle attenzioni di uno così. Anche dal punto di vista formale l’hater medio si esprime in un linguaggio solitamente rozzo ed illetterato, con ampio uso di parolacce e di gergo. I post, o più spesso i commenti, di costoro, sono scritti TUTTI IN MAIUSCOLO, con abbreviazioni tipiche degli sms ( xche sta per perché , ad esempio), con ampio uso di punti esclamativi ed interrogativi e totale assenza di punteggiatura o di accenti ed apostrofi. Grammatica ed ortografia sono optional, naturalmente. Quello che conta è l’insulto. Il più sanguinoso possibile, con una certa predilezione per insulti di natura sessuale nei confronti delle donne e di accuse di omosessualità per gli uomini. Colpisce , nell’hater, l’assoluta mancanza di misura. Egli dice, anzi scrive, cose che praticamente nessuno, neppure in un film di Tarantino, si sognerebbe di dire ad alta voce. Ma perché esistono gli haters e perchè ce l’hanno con noi ?
Come dice il blogger Rudi Bandiera, nel suo secondo teorema di internet :
Più hai seguito più hai detrattori. E’ un assioma che prescinde da quello che scrivi e con quale conoscenza/autorità ne scrivi. All’aumentare della popolarità aumentano invidia, critiche e pensieri discordanti dal tuo. E’ normale, fisiologico e giusto.
(http://www.rudybandiera.com/regole-social-media-0709.html)
Pertanto, il solo fatto di essere oggetto di questo tipo di attenzione sul web, è simbolo inequivocabile di successo, anzi ne rappresenta, in sostanza, un elemento misuratore. Più ti odiano e più sei famoso. E siccome la fama è, ormai, l’unico obiettivo socialmente apprezzabile, ne consegue che bisogna amare i propri haters, perché è la loro esistenza che certifica il nostro successo. Di conseguenza, se, sulla vostra pagina facebook, nessuno vi insulta, vi augura malattie ( a voi e alla vostra genia) o spergiura di avervi visto , con i propri occhi, strangolare a mani nude un cucciolo di qualche specie protetta, dovete iniziare a preoccuparvi. Evidentemente non siete abbastanza importanti.
Il compianto Umberto Eco, che ci ha lasciato da poco, in un celebre e assai discusso incontro con i giornalisti, nell’Aula Magna della Cavallerizza Reale a Torino, ci fornisce una chiave interpretativa. Ha appena ricevuto dal rettore Gianmaria Ajani la laurea honoris causa in ‘Comunicazione e Cultura dei media’ , perché “ha arricchito la cultura italiana e internazionale nei campi della filosofia, dell’analisi della società contemporanea e della letteratura, ha rinnovato profondamente lo studio della comunicazione e della semiotica”. Eco sintetizza , come spesso faceva, in una battuta fulminante, questo aspetto del web e soprattutto dei social network che “da diritto di parola a legioni di imbecilli, i quali prima parlavano solo al bar, dopo due o tre bicchieri di rosso, e quindi non danneggiavano la società “.
(http://www.huffingtonpost.it/2015/06/11/umberto-eco-internet-parola-agli-imbecilli_n_7559082.html)
Avere a che fare con un hater, infatti, è reso complicato proprio dall’inutilità di ogni contromossa. Costui, in quanto imbecille assoluto, vive esattamente per insultare noi ( o chiunque altro ) e noi non riusciamo, in alcun modo, a concepire un motivo plausibile per cui questo individuo debba passare tutto questo tempo a rovinarci la giornata, con i suoi insulti o con le sue illazioni. Studiosi del web sostengono che l’unica strategia possibile sia ignorarli, cosa che , qualche volta, può essere davvero difficile. Non ci venga neanche in mente di rispondere in modo ironico,però. Infatti , di nuovo Bandiera, ci spiega il perché con il suo quinto teorema di internet:
L’ironia, sui social media, spesso non viene percepita. Se scrivi qualcosa di ironico preparati ad essere nel centro del mirino di chi non ti conosce bene: online non ci sono sorrisi o ammiccamenti e in quello che scrivi c’è quello che gli altri capiscono.
E conclude dicendo Ok, la parte seriosa l’abbiamo fatta, adesso ve lo spiego in soldoni: In Rete c’è pieno di rompicoglioni.
di ROBERTO FIORENTINI
L’ odio dell’ hater è generato da sentimenti di gelosia e invidia. E’ la versione disumana delle religion war
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A mio avviso non si dovrebbe dare la certezza che quanto questi soggetti scrivono venga poi da qualcuno letto. Si toglierebbe così loro il piacere di esibirsi. Purtroppo le scale al palco della rete sono accessibili da chiunque e l’euforia si trasforma spesso nei soggetti a rischio in una irrimediabile ubriacatura.
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