DOSSIER BENI COMUNI, 114. DESAPARECIDOS?
a cura di FRANCESCO CORRENTI ♦
«Il volume Della gentilezza e del coraggio di Gianrico Carofiglio, già edito da Feltrinelli nel 2020, è in vendita da oggi, in una nuova edizione, insieme a Repubblica… All’edicola in largo San Godenzo, l’avviso è superfluo, perché le nuove “uscite” sono messe bene in evidenza sul desco di quotidiani e riviste tra la signora giornalaia e me, così che le vedo immediatamente e alla domanda «Repubblica?» rispondo sicuro: «Anche Carofiglio e Limes!» tornando soddisfatto alla macchina, per proseguire con Paola, che prende in mano i giornali che le porgo, verso il lago sabatino per trascorrervi il sabato odierno, domenica e forse lunedì, essendo l’Immacolata.
In auto, lo sguardo si sofferma un secondo sulla prima pagina del quotidiano aperto da Paola e colgo il titolo su quattro colonne: «Trump scarica l’Europa». Frase che sembra uno dei titoli della burla di satira politica del Male. Fu nel 1979 uno dei più noti: «Arrestato Ugo Tognazzi, è il capo delle Brigate Rosse!», mentre è tuttora attuale l’equivoco di un qualche sito della rete su Mario Moretti, quello che fu il vero capo delle BR, unificato all’omonimo archeologo e attivissimo soprintendente dell’Etruria meridionale, persona mite, tutt’altro che sovversiva e pure mio suocero.
Giunti a destinazione, nel corso della giornata, ho letto con piacere diverse pagine di «Limes» n° 11/2025 su Roma, scritte da colleghi molto stimati: Simone Quilici (Il Colosseo splende nonostante tutto), Rosario Pavia (Roma abbracci il mare) e Paolo Desideri (A Porta Metronia la metro C unisce archeologi e architetti). Verso sera, mentre un tramonto infuocato, questa volta arricchito da bande orizzontali dorate, riempiva la serie di riquadri delle vetrate del soggiorno, dopo aver scattato alcune foto col cellulare inoltrandole sulla chat famigliare ed a qualche amico, ho preso cognizione dei capitoli di Carofiglio, leggendo qua e là qualche brano. Sono un lettore affezionato di Carofiglio e lo seguo anche nelle sue partecipazioni a trasmissioni televisive. Posso tranquillamente dire di lui quello che scrissi ad Eugenio Scalfari nel 2014, inviandogli in dono l’album che avevo curato delle vedute di Arnaldo Massarelli, e cioè che da lettore dell’Espresso e di Repubblica avevo avuto «il conforto di condividerne quasi costantemente le idee», cosa rassicurante, utile per non sentirsi soli a pensare in un certo modo.
Probabilmente, la mia ricerca di “conforto” è la medesima che anima l’attenzione che presto alle inchieste giornalistiche di Sigfrido Ranucci e della sua equipe per Report. Essa rappresenta un antidoto all’assunzione quotidiana di notizie “scherzose” che giungono da ogni parte del mondo, e si ag/giungono a quelle provenienti da altre persone evidentemente altrettanto scherzose (però prive di senso dell’umorismo, a giudicare dai loro quotidiani “piaceri che hanno avuto” poi con generosità elargiti al pubblico dai comunicati) che danno in maniera precisa la misura dell’assoluta indifferenza per i principi del buon senso, per gli obblighi della correttezza e per l’inderogabilità degli impegni, uniti alla voluta dimenticanza dei sentimenti umani e del rapporto personale, cancellato dai ricordi, nel generale e ineluttabile affievolirsi della memoria collettiva (Nota 1).
La mia unica Lettrice di questa rubrica, ormai svelatasi e pesantemente compromessa, è la professoressa Maria Zeno, già dirigente scolastico del Liceo scientifico Galileo Galilei di Civitavecchia, benemerita promotrice di tante iniziative culturali e quest’anno alla seconda esperienza di componente della giuria del Premio Eugenio Scalfari, presieduta da Massimo Giannini e presidente onorario Ezio Mauro, con Dacia Maraini, Maria Grazia Calandrone, Concita de Gregorio, Paolo Garimberti, Loredana Lipperini, Bruno Manfellotto e Nicola R. Porro. A proposito degli ultimi argomenti trattati nelle puntate sul “Ciclo del Genio”, nel suo commento del 21 novembre ha scritto: «Sono un “ciclo”? Sì. Quindi sono un racconto unitario, perciò vanno conservati insieme. È pericoloso smuoverli? Con dovizia di documentazione Francesco ci dimostra il danno irreversibile che ne deriverebbe. Perciò faccio anche mio l’appello di Francesco: salviamoli! Sono testimoni della storia e peraltro artisticamente pregevoli.»
Alla professoressa Maria Zeno, benché sia certo delle sue scelte e pure che non abbia bisogno del mio suggerimento, raccomando comunque di dedicarsi subito alla piacevole lettura delle pagine del saggio. Ne trarrà la gradevole sensazione di assaporare le puntuali argomentazioni dello scrittore, di goderne la perfidia di certe descrizioni così calzanti e di vedervi confermata la sintonia di pensiero sui temi di ogni capitolo. E quindi condividerà le riflessioni sulla competenza e sul suo contrario, sulle “fallacie”, sull’umorismo quale “virtù politica” e sull’autoironia e capacità di autocritica – indispensabile a noi per primi! –, come sulle “discussioni ragionevoli” e sulla pratica di “essere umani”, comportandoci con gentilezza e con coraggio proprio perché siamo “esseri umani”, «membri della razza umana». Lo dico con convinta certezza, avendo letto il commento della professoressa al Dossier beni comuni, 112. Anni d’intenso lavoro… con scelte ragionevoli – 1, dove la ragionevolezza “de ’na vorta” era messa a confronto – forse in modo ancora vago, data l’ancora vaga conoscenza dei progetti – con una immagine che, avvalendomi dell’umorismo e confidando sull’autoironia altrui, ho definito «simile alla Gaza di Trump». Infatti, il 30 ottobre, la sua reazione alla prevista demolizione della chiesa di San Pio X è stata: «L’osservatorio astronomico di don Giorgio Picu! Che bel ricordo, don Giorgio era mio collega al Galilei e ho frequentato quel pezzetto di finestra sullo Spazio. Bei ricordi. Maria Zeno». A voce, abbiamo commentato con rammarico altre ipotesi di “sparizioni”, come quella della Polveriera, divenuta sede del Centro di Solidarietà “Il Ponte” (al quale, nel 2005, era destinata invece la Casermetta dei dipinti) dopo un restauro iniziato nel 1996, che parve all’epoca una lodevole iniziativa nel quadro del riuso delle varie caserme (!) e altri immobili pervenuti nella disponibilità comunale in vista del Giubileo del 2000 (Figura 114/1 e Nota 2).
Riportato il commento di Maria Zeno, mi sembra gentile riportare anche quello di «Rosamaria» che lo stesso 30 ottobre 2025 ha detto: «Ho partecipato in qualche misura alla definizione del progetto Italcementi insieme a Marziale e Varlese, investiti per questa partecipazione dal sindaco anche se mai ufficializzata la nostra posizione. Abbiamo fatto cambiare molte cose ma abbiamo espresso i nostri pareri a voce perché non eravamo investiti di nessuna progettazione. Il risultato? Credo che vada al passo con i tempi e con le diverse esigenze che sono nate in una città che ha il secondo porto crocieristico più grande d’Europa. L’aver concentrato tutti gli uffici comunali in una torre lo ritengo un fatto positivo sia come comodità di fruizione sia dal punto di vista percettivo; i molti parcheggi serviranno alla zona Ztl che coinvolgerà il centro cittadino; abbiamo salvato solo un manufatto tra quelli esistenti e i due edifici su via Terme di Traiano saranno dedicate alla residenza. Nelle nostre intenzioni una parte dovrebbe essere destinata ai giovani e agli anziani in convenzione. L’albergo nasce da una esigenza reale in questa città che ha trasformato tutte le abitazioni affittabili in B&B. Aspettiamo la presentazione ufficiale; cosa diversa è invece il metodo e i soggetti che fanno da intermediari sulle quali si potrebbero dire tante cose.»
Anche questo, a me, sembra un caso in pieno accordo con il titolo del volume di Gianrico Carofiglio di cui abbiamo parlato… E qui non dico se “ne vogliamo parlare”, con quella locuzione ben nota e infondata, ma credo che sarebbe veramente necessario interrompere l’assurda assenza di dialogo con la città che sembra caratterizzare le decisioni “dell’alto”.

Si direbbe che quella lucida elencazione di aspetti non condivisi dall’autore dell’articolo, pubblicata su questo nostro SpazioLiberoBlog il 19 ottobre 2016 ed alla quale ho fatto “velato” riferimento (in base a mie sensazioni forse errate) diverse volte nelle puntate della rubrica delle scorse settimane, abbia subìto una radicale metamorfosi, cosa peraltro lecita e che una vasta letteratura dimostra essere un segno di evoluzione positiva. Fatto sta che lì, in quello scritto, si indicavano come atteggiamenti non idonei ad una corretta amministrazione della cosa pubblica, tra molte altre, la «inclinazione alla leadership carismatica e alla accettazione supina delle regole imposte dal leader» e la convinzione che «il passato deve essere cancellato».
Posso dire che la mia esperienza personale, “vista molto da vicino”, di altre realtà analoghe in atto proprio in quegli stessi anni (1917-1922) – mi riferisco all’amministrazione guidata da Michel Barbet (cui rivolgo un pensiero profondamente addolorato) in altro Comune del Lazio (Nota 3) – mi ha condotto a conclusioni totalmente diverse da quelle espresse nell’articolo sopra citato. Confronti e impressioni, per quanto riguarda il tema di questa puntata e della rubrica in generale, sono senza dubbio soggettivi e quindi di valenza relativa. Ma un fatto va rilevato e, per il mio modo di vedere e di agire (in pieno accordo con le amministrazioni per le quali ho svolto la mia attività di architetto e urbanista, oltre che di responsabile di alcuni servizi culturali), decisamente ribadito e auspicato: la città è un bene comune. Tutti devono poter partecipare alle decisioni sul futuro della città, nel modo più ampio e concreto. Autentico e democratico. Il silenzio che, di fatto, ricopre i meccanismi dei provvedimenti sulla città, al quale non pone rimedio la procedura di legge delle pubblicazioni “a cose fatte”, è un fatto grave. Come lo è, altrettanto e più ancora, quello da parte della maggioranza dei cittadini, compresi quanti – con le note eccezioni – avrebbero il dovere etico di alimentare il dibattito e la partecipazione, come altrove accade.
Nota 1
L’anno scorso, a proposito della puntata n° 82 della Rubrica Beni Comuni Sul ponte etrusco dell’Abadia, un Anonimo – rimasto tale – il 16 settembre 2024 alle 10:55 ha scritto con grande benevolenza: «Che dire se non un immenso grazie a Francesco Correnti architetto e urbanista. Egli, con grande chiarezza e competenza, ci ha resi edotti, con tutte le sue ricerche e illustrazioni di tutti gli aspetti urbanistici e architettonici del nostro territorio, dal periodo protostorico ai nostri giorni. La sua attività è stata essenziale nel rendere veramente completo il quadro tracciato da tutti gli storici, archeologi, pittori, incisori, scrittori, disegnatori, fotografi, personaggi pubblici e privati professionisti e dilettanti. Senza tutto ciò gran parte di quello che il passato ha prodotto, ancora presente o scomparso, sarebbe stato destinato a svanire in una nebbia sempre più fitta dell’oblio.» Non lessi subito il commento. Solo un mese dopo, il 15 ottobre, scorrendo di prima mattina la rubrica, ho letto quel gentile apprezzamento ed ho risposto avendo ben chiare le sensazioni avute dai recenti contatti con la città: «Che dire… Ormai il quadro della storia, se mai fu davvero dipinto quando da un ufficio comunale si potevano dare segni e segnali di chiarezza, si è sciolto e dissolto in quella nebbia sempre più fitta dell’oblio che è il “mai visto, mai sentito, mai conosciuto”. Il portone del Casale (Stalla) Antonelli, con lo Stemma OC in forma di “imago civitatis” e quelle impronte di mani, a palme aperte o a pugno chiuso, è pronto per essere denominato come i ponti delle scomparse consolari romane, divenuti inutili e misteriosi: “Er portone der Diavolo…” FC»
Nota 2
In data 25 settembre 1996, con provvedimento del Sindaco di Civitavecchia Pietro Tidei, sono stato delegato a sottoscrivere i documenti di consegna al Comune da parte del Ministero delle Finanze, Direzione centrale del Demanio, degli immobili storici da destinare ad attività culturali nell’ambito del protocollo d’intesa per il Giubileo dell’anno 2000 stipulato presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri. Subito dopo (1996-97) ho iniziato lo studio del progetto di restauro dell’Infermeria Presidiaria e dell’ala settentrionale dell’Ospedale della Carità con la chiesa di San Giovanni di Dio, per la sistemazione a centro culturale e sede della Biblioteca, dell’Archivio Notarile Mandamentale e del Museo civico virtuale sulla storia del territorio e della città (con l’ingegner Mauro Nunzi e la collaborazione degli architetti Alfiero Antonini, Renzo Brandi, Nello Crostella, Enrico Novello e Angelo Porchetti, dell’ingegner Giovanni Evangelista e, per l’analisi storica, dell’architetto Rossella Foschi). Ho proseguito con il progetto generale di restauro e ristrutturazione della Caserma “Colonnello Italo Stegher” da destinare a sede degli uffici comunali decentrati in sedi improprie (aprile 1997). Il 1° giugno 1997 vi è stata la cerimonia di inaugurazione della nuova Sala Consiliare “Renato Pucci” in Piazzale del Pincio, realizzata anch’essa su mio progetto con la gentile consulenza dell’architetto Paola Moretti. Fin dal ’96, con la collaborazione dell’ingegner Mauro Nunzi dello IACP, ho disegnato una ipotesi progettuale di ricostruzione della Caserma “Luigi Federico Menabrea” (cioè la ex Polveriera, abbandonata da anni), da destinare a sede del Centro di Solidarietà Onlus “Il Ponte”. La firma della convenzione con don Smacchia per la concessione dell’area è avvenuta il 27 maggio 2004. La Figura 114/1 mostra, a destra, la Polveriera dopo il restauro e la sua posizione nel centro urbano (foto Google), con evidenziate in colore giallo l’area della caserma e la strada per raggiungerla, come risulta dalla mappa catastale, a sinistra, datata 31 ottobre 1898, in cui appaiono i primi fabbricati del Cementificio. La costruzione della nuova polveriera fu deliberata dopo che il 29 settembre 1779, durante un violento uragano, un fulmine aveva colpito la “Santa Barbara” del Forte, provocando molti danni. Provvidero al progetto, dopo decenni di discussioni e patteggiamenti, gli ingegneri Giorgi e Navone nel 1843, su un terreno esterno alla città del marchese Calabrini. Durante i lavori, terminati nell’estate del 1847, si rinvennero nell’area molte lapidi cristiane, indizio della antica presenza di una chiesa con annesso un piccolo cimitero.
Nota 3
Ho conosciuto personalmente Michel Barbet, sindaco di Guidonia Montecelio dal 2017 al 2022 per il Movimento 5 Stelle, nato ad Arles (Francia) e deceduto tragicamente in un incidente stradale in moto il 14 giugno 2025. I necrologi in rete lo ricordano come «uomo onesto, impegnato e rispettato, che ha cercato la trasparenza e il dialogo durante il suo mandato». Dopo l’esperienza politica, si è dedicato con molta serietà e altrettanto buonumore all’organizzazione del “Cammino di Hasekura e dei Martiri Giapponesi”, collaborando attivamente con mio figlio Antonio (che al Comune di Guidonia era stato da lui chiamato quale assessore ai lavori pubblici) e il gruppo promotore dell’importante iniziativa, approvata come uno dei cammini giubilari ufficiali della Regione Lazio.
FRANCESCO CORRENTI

Caro Francesco sono sempre stata convinta anche quando non era di moda che le scelte urbanistiche non possono essere calate dall’alto ma discusse e partecipate con tutti i soggetti coinvolti che sono i cittadini, le associazioni, gli stakeholders e che la memoria del passato vada rispettata;non sempre questo è avvenuto e molte decisioni sono calate dall’alto; sono altresì convinta come diceva il mio professore di Pianificazione territoriale, prof. Cabianca che i territori hanno una vocazione che è più forte di qualunque scelta progettuale.Le memorie storiche vanno rispettate ma con intelligenza, e questo ad esempio è il caso degli affreschi rinomati.Purtroppo in tutta la pianificazione ultima del territorio la gestione è piuttosto opaca proprio per il ruolo che fondo immobiliare e promotori recitano
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Cara Rosamaria, ti ringrazio di questo tuo commento e più ancora di quello precedente, riportato in questa puntata e che sappiamo “sofferto”. Il tuo professore, Vincenzo Cabianca (nomen omen, davvero!) ho avuto il piacere e la fortuna di frequentarlo per anni, insieme a tutti i Grandi dell’Urbanistica italiana (le maiuscole sono d’obbligo), nelle riunioni del direttivo INU che si tenevano periodicamente dalle 18 alle 20 circa a piazza Santa Caterina da Siena (di fianco alla Minerva) e dove io arrivavo, spesso, dopo una giornata(ccia) passata in ufficio a Civitavecchia. Dopo, essendo arrivato in auto (parcheggiando nei pressi!), mi capitava sempre di poter accompagnare a casa il professor Luigi Piccinato, che abitava – come altri nostri famosi Maestri – a Vigna Stelluti, cioè poco pima di casa mia, verso l’Ospedale San Pietro e la Tomba di Nerone (semo romani…). Quella mia costanza di partecipazione la ritenevo utile per poter parlare, in una sede tanto elevata, dei miei problemi di organizzatore del nuovo ufficio comunale e di attuatore del PRG da poco entrato in vigore. Mi sosteneva l’insegnamento di un altro mio Maestro (e poi a lungo amico caro a tutti noi famigliari) e progettista del PRG: Renato Amaturo. Come lui sosteneva, un’ottima spinta a perseverare nelle buone pratiche di cui si è profondamente convinti è data dalla sua risposta a domande del tipo: «Perché impieghi tanto tempo, fatica e passione a sostenere una buona causa che però non ti porta vantaggi economici, né di altro genere, e per giunta ti crea tanta ostilità da parte di chi ha scopi e idee opposti ai tuoi?» Risposta che era, immancabilmente (siamo sempre romani): «Pe’ tigna!» Che significa fedeltàai valori in cui credi e vuoi difendere. Che, insieme, si può!
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Caro Francesco, grazie per l’attenzione che porti alle mie riflessioni nate dalla lettura dei tuoi articoli, per me sempre eccezionalmente colti , una finestra sul sapere artistico e un autentico ” atto di fede” sulla necessità che il BELLO non sia ritenuto superfluo ma essenziale al vivere civile . “Dal dì che nozze tribunali ed are”, dice con impeto Foscolo legando istituzioni pubbliche e sociali al progresso umano e affidando alla poesia (= arte) il ruolo più grande nel progresso, cioè nel “progredior”, “andare avanti”, che non è un concetto soltanto cronologico.Maria Zeno
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