Malamovida
di TULLIO NUNZI ♦
Ha destato una ridda di commenti la rissa scatenata a piazza Leandra da parte di alcuni giovani.
Non è la prima volta, già episodi di questo tipo erano avvenuti in altre zone della movida, ma come avviene in questa citta si affollano commenti emotivi e congiunturali, ma non si pensa mai di arrivare a soluzioni strutturali.
I commenti dei social si sono avventurati su temi sociologici, pedagogici, sul ruolo della famiglia, perfino sulla ipotesi di ronde.
Mi limito laicamente a riflessioni dettate dall’esperienza e dalla conoscenza di alcune situazioni.
La Confcommercio locale ha proposto un “protocollo di intesa” già avviato in diverse altre città: protocollo “per la prevenzione di atti illegali e situazioni di pericolo per l’ordine e la sicurezza pubblica”; i protocolli normalmente sono sottoscritti dai comuni, pubblici esercizi e forze dell’ordine.
Protocolli che seguono accordi nazionali avviati tra ministero e associazioni di categorie più rappresentativi. I temi contenuti nei protocolli: rafforzamento delle strategie di prevenzione, dei fenomeni illegali, installazione dei sistemi di sorveglianza, rispetto delle norme sugli alcolici e sugli accessi, regole di comportamento all’interno del locale, attraverso veri codici di condotta.
In alcuni si invita inoltre, i titolari di pubblici esercizi, “a incentivare l’impiego di personale addetto alla sicurezza e ad avere un referente per la sicurezza stessa”, “ad esercitare la massima sorveglianza adottando misure utili all’identificazione dei minori e alla loro tutela nonché a segnalare tempestivamente alle Forze di dell’ordine eventuali situazioni di illegalità o pericolo”.
L’obiettivo è quello di trasformare i gestori dei locali in “sentinelle dell’abusivismo”, operanti in stretto raccordo con le Forze dell’ordine.
A completamento delle misure previste, è inoltre istituito un tavolo di lavoro permanente finalizzato al monitoraggio dei risultati e alla valutazione dell’efficacia delle azioni intraprese. Le organizzazioni di categoria si impegnano poi a sensibilizzare e stimolare la partecipazione alla realizzazione degli impegni previsti dal Protocollo, a promuovere iniziative concrete volte alla creazione di ambienti sicure e ad organizzare convegni informativi e formativi”.
E’ ovvia l’importanza di istituire un tavolo di lavoro permanente finalizzato al monitoraggio dei risultati e alla valutazione dell’efficacia delle azioni intraprese, per fare in modo che le soluzioni diventino di natura definitiva e non rimangano semplici spot.
Bisognerebbe altresì tenere conto del disordinato sviluppo commerciale della nostra città, con le botteghe, il commercio, i bar o i ristoranti sostituiti o integrati da numerosi minimarket per la vendita, esclusiva o prevalente, di alcolici che ha dequalificato le attività e i centri storici.
Credo, e non sono il solo, che sarebbe necessario rimodulare la completa liberalizzazione attuata nel settore negli anni 90, e riflettere e discutere su una desertificazione ormai allarmante in città e sulla scomparsa di alcune tipologie commerciali.
In molte città, consapevoli che la mala movida è oltretutto un problema culturale, in particolare tra le giovani generazioni, si è dato avvio a collaborazioni con le scuole per una campagna di sensibilizzazione e informazione rivolta ai giovani per far comprendere le conseguenze legali dei comportamenti illeciti.
In altri protocolli sono stati utilizzati gli “addetti ai servizi di controllo”, comunemente denominati “street tutor”.
Il personale addetto a questo servizio è iscritto negli elenchi tenuti presso la Questura e opera con l’obiettivo di contrastare efficacemente i fenomeni di malamovida nel centro cittadino.
Gli street tutor svolgono attività di vigilanza e controllo, differenziandosi dai tradizionali buttafuori: oltre ai compiti classici di presidio degli ingressi e regolamentazione dei flussi nei pubblici esercizi, essi possono operare anche nella parte antistante ai locali di intrattenimento e ai pubblici esercizi.
Le mansioni previste includono, tra l’altro, l’osservazione sommaria dei luoghi per rilevare la presenza di eventuali sostanze illecite o oggetti proibiti, l’adozione di iniziative volte a evitare ostacoli all’accessibilità e alle vie di fuga, il presidio degli ingressi, la verifica del possesso di un regolare titolo di accesso e il primo intervento per soccorrere cittadini in difficoltà. È espressamente escluso l’uso della forza o di qualsiasi mezzo coercitivo, e in caso di situazioni a rischio gli street tutor sono tenuti a segnalare immediatamente alle Forze di Polizia e alle autorità competenti, garantendo piena collaborazione. In ogni caso, l’attività degli street tutor non potrà fare pattugliamento cittadino.
Soluzioni, o meglio tentativi per la soluzione questi fenomeni esistono, purché non vengano utilizzati come semplici spot.
Ripeto se si vuole mettere mano alla situazione bisogna avviare un progetto permanente, che individui soluzioni e ne controlli l’attuazione, con forme permanenti di collaborazione tra forze dell’ordine, Amministrazione, organizzazioni di imprese rappresentative e residenti che sono forse la categoria più importante ma meno ascoltata.
Sempre che si voglia risolvere il problema e non limitarsi a semplici “grida manzoniane” che non sono utili a nessuno.
TULLIO NUNZI

Mi diceva mio figlio, che vive in Germania, che in certi locali é presente la ‘polizia in borghese’….. della serie che “se fai lo scemo ti ritrovi in manette senza accorgertene”.
Qui purtroppo non abbiamo agenti a sufficienza neppure per le volanti. In un servizio di qualche tempo fa, a seguito di non ricordo quale evento delittuoso, fu spiegato che in città, di notte, operavano solo due volanti una dei Carabinieri ed una della PS, la città era Parma. Mi domando come si possa tutelare l’ordine pubblico con questi numeri.
Luciano Damiani
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Dopo tre anni di un governo che sbandiera(va) la sicurezza come priorità, è una domanda sensata che però ormai assume purtroppo una connotazione ironica. Michele Capitani
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D’accordo con la tua analisi, Tullio, anche rispetto alla opportunità di rivedere la liberalizzazione degli anni Novanta. Il proliferare poi di micro realtà improvvisate , favorito dal Covid, non aiuta: i marciapiedi di fatto sono ormai pressoché inesistenti, invasi come sono da sgabelli sedie tavoli. I minimarket, gli h24 venditori anche di alcoolici sono uno specchio esteticamente ed eticamente deprimente. In Galles ho visto, il venerdì sera, la polizia a presidio di locali in cui tradizionalmente si beve, ma non è un esempio riproducibile da noi, troppi i micro e mega punti di aggregazione da vigilare. I giovanissimi, poi, come Fantomas abbandonano un luogo e ne conquistano un altro da oggi a domani, sono inaffidabili. Le tue proposte sono molto valide e da insegnante, comunque, mi chiedo in quale oscura caverna “platonica ” si nascondano i genitori di molti minorenni e addirittura pre adolescenti.
Maria Zeno
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Alcune osservazioni da parte di un residente.
Giuseppe Pucacco
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