“AGORA’ SPORTIVA” A CURA DI STEFANO CERVARELLI – CI MANCAVA.

di STEFANO CERVARELLI ♦

Ci mancava una nuova versione di Guelfi e Ghibellini, seppure in veste sportiva, ci mancava da tempo, per cui non abbiamo perso l’occasione propizia, capitata inaspettatamente, per farci tornare ad essere due “schieramenti” intorno ad una scelta: favorevoli o contrari, sostenitori o critici. Ma con l’aggiunta questa volta dell’apporto dei social dove, dispiace dirlo, una delle due parti in campo, ha tramutato la semplice opinione differente in una “lezione di moralità” nei confronti della parte opposta, moralità etico-sportiva dove non sono mancate parole ed espressioni, a dir poco, non molto eleganti, arrivando a condannare con aspre parole le loro scelte di vita con un livore senza dubbio condannabile ma per di più ingiustificabile.

Le contrapposizioni dialettiche sui social, alle quali oramai siamo abituati, dove le parole vengono sempre più usate per aggredire che per spiegare e dove il confine tra i due usi si fa sempre più sottile, allungano i loro “tentacoli” a qualsiasi campo del vivere insieme, pronti ad afferrare ogni minima occasione.

Allora cos’è che ci mancava?

Dove, da qualche tempo, si sentiva la mancanza di una bella battaglia a colpi di post, qual era il campo di battaglia sul quale non ci si scontrava da un po’?

Lo sport.

Qui non si erano più formate “legioni” pronte a scendere in “ campo” per contendersi la giustezza o meno di scelte effettuate dai protagonisti del mondo sportivo.

Ci mancava. E dire che in questo non siamo certamente secondi a nessuno, ne abbiamo avute di occasioni dove ci siamo trovati a “guerreggiare” intorno a scelte sulle quali ognuno di noi aveva la sua tesi, l’abbiamo fatto, credendo fermamente che la nostra fosse l’unica ragione valida e di conseguenza fermi su posizioni che ancora oggi darebbero vita a nuove discussioni.  

Gli amici più anziani che hanno la bontà di leggermi ricorderanno certamente di come i nostri compatrioti di un tempo si divisero sulla famosa foto che immortalava il passaggio della borraccia tra Bartali e Coppi.

Nacquero due tesi di pensiero: chi sosteneva che la borraccia fosse stata passata da Bartali a Coppi e chi invece sosteneva il contrario; purtroppo la foto non aiuta a capire perché l’immagine è ferma su un movimento che darebbe ragione ad entrambi.

Ovviamente non sto a dire che a nulla sono servite le diverse dichiarazioni date dai diretti protagonisti che, sebbene scherzando, si attribuivano ognuno la paternità del nobile gesto.

E poi ricordate quando l’Italia si spaccò letteralmente sulla staffetta Mazzola-Rivera?

Qui gli schieramenti, trattandosi di calcio, ossia dello sport dove tutti, al momento giusto (cioè dopo) si trasformano in allenatori o commentatori, le “legioni” a favore di Sandrino o dell’abatino (come Gianni Brera chiamava Rivera) furono più numerose.

Come dimenticare poi le divergenze in questo caso anche politiche, allorché la nostra nazionale di tennis doveva recarsi in Cile, paese da poco sotto la dittatura di Pinochet grazie a un violento colpo di stato, per giocare la finale di Coppa Davis contro la rappresentativa di quel paese?

Non mancarono manifestazioni di piazza, interrogazioni parlamentari: era giusto o no che andassimo, avendo buone probabilità, a cercare di vincere la Coppa Davis che allora aveva molto più valore di oggi? Andare significava avallare il regime cileno, era una tesi; non andarci significava la rinuncia ad una vittoria che avrebbe dato lustro al noto paese, era l’altra.

A questo riguardo io ho sempre creduto che un atleta, una squadra, avessero il pieno diritto  di affrontare un evento sportivo dal quale sarebbero potuti uscire vincitori, che avrebbe quindi ripagato del duro lavoro e dei sacrifici sostenuti negli anni precedenti.

Di conseguenza, non sono d’accordo sull’esclusione di atleti dalla varie competizioni, in primis le Olimpiadi, a causa di questioni ed eventi sia politici che sociali dei quali non erano responsabili.

Pensate che escludendoli si compia un atto che possa indurre i governanti a cambiare i loro propositi? Pensate che l’allontanamento dai giochi olimpici possa far cambiare idea? Pensate che possa essere recepita come una “punizione” del resto del mondo? A parte il fatto che la decisione spetterebbe al C.I.O. e non alla popolazione mondiale, il danno sarebbe soltanto nei confronti dell’atleta che vede sfumare, per colpe non sue, anni di duro lavoro.

Ora al riguardo qualcosa è cambiato, atleti di paesi inosservanti dei diritti civili e umani degli altri, possono partecipare sotto la bandiera del C.I.O.

Un giorno scriverò di atleti che si sono opposti a regimi autoritari, e che hanno pagato in prima persona.

Ritornando al tema dell’articolo – CI MANCAVA – ecco che finalmente, anche in campo sportivo, si sono formati nuovamente due schieramenti intorno a quello che oramai è divenuto il “caso Sinner”.

Motivo dello scontro: ha fatto bene o ha fatto male a rinunciare alla Coppa Davis e di conseguenza rinunciare alla Nazionale?

Non so se la vostra attenzione è stata attratta dai commenti apparsi sui social; a tale riguardo riporterò solo due impressioni.

La prima. Mi ha colpito la futilità dei motivi e l’estraneità degli argomenti portati a sostegno della sua scelta.

La seconda. Mi ha maggiormente colpito il livore, direi la cialtroneria, con la quale ci si è rivolti ai contrari alla scelta: “Ipocriti, falsi moralisti, invidiosi del successo altrui, parlate senza capire un c**** di sport, sportivi da divano che non sapete distinguere una racchetta da tennis da una padella”. Questi i più….delicati.

Mi chiedo: ma perché questa acidità? La risposta l’ho trovata, perché se avessero dovuto argomentare il loro sostegno con motivazioni sportive, non ne sarebbero stati capaci.

E’ evidente che io, nettamente contrario alla scelta di Sinner, rientro tra gli sportivi da divano, che non capiscono un c***o di sport e non sanno distinguere una racchetta da una padella.

Allora per far capire chi è che scrive queste note sono per forza costretto a dire che: ho giocato a Basket in serie C nazionale, sono stato e sono allenatore Federale di questo sport, avendo sostenuto esami superati pienamente, con un docente che risponde al nome di Dan Peterson; ricevuto un attestato di operatore sportivo; che ho scritto, sulla Gazzetta dello Sport, sul Messaggero, su Paese Sera; che ho scritto un libro, in collaborazione con Giancarlo Peris e Marco Galice, sullo sport cittadino, continuando, infine,  a praticare attività fisica.

Mi sento quindi,, “leggermente” conoscitore di sport e in grado di poter esprimere un parere.

Sinner ha fatto non male, malissimo. Alla Nazionale non si dice mai di no.

Le giustificazioni poi apportate non mi sembrano tanto convincenti, se non inquadrate in un’ottica personalistica e manageriale.

Insomma, i tornei rendono molto più di una Coppa Davis che, seppur scesa di livello per colpa di una formula astratta, è sempre una competizione internazionale al pari di qualunque torneo mondiale che non può non dare onore allo sport nazionale, anche se ciò può apparire retorica.

Ci sono altri motivi – ovviamente – che mi inducono a non sostenere la scelta del tennista italiano.

Un leader non abbandona mai la guida della propria squadra, se non costretto. Non mi sembra che, tanto per fare dei nomi, Gimondi, Nibali, Merckx, Pogačar, dopo le fatiche di una stagione (e il ciclismo è fatica pura) abbiano rinunciato a presentarsi al via del campionato mondiale.

Per Sinner ci sarebbe stata, e c’è ancora, la possibilità di conquistare per tre volte di seguito la Coppa, che permetterebbe  di entrare nella storia e nella leggenda del tennis.

“In fin dei conti l’ho già vinta due volte”, ha detto Sinner, ed allora, per coerenza, ai tornei vinti già due volte, non dovrebbe più partecipare.

Eh già …. ma…, ai tornei, danno milioni di dollari….

Caro Sinner, con il tuo rifiuto avevi spedito la prima palla di servizio in rete, avevi la seconda, hai ritenuto di non giocarla, soddisfatto della prima….in rete.

P.S. Proprio in questi giorni, sulla Gazzetta dello Sport sono usciti i risultati di un sondaggio volto a sapere qual’ era l’opinione degli italiani in proposito: il 64% degli intervistati si è dichiarato contrario alla scelta effettuata.

STEFANO CERVARELLI