L’AQUILA E IL MONACO

di PAOLA ANGELONI ♦

L’Aquila e il Monaco di Marcello Cervini è una racconto-saggio, animato da forte impegno morale, da una grande passione civile e politica.

L’autore si propone di “affermare la giustizia, la leva coincide con la ricerca della verità” ponendo la Certosa di Trisulti al centro di due episodi di violazione della legalità: un omicidio avvenuto nel 1945 e un recente tentativo di acquisizione illecita da parte di una organizzazione privata. Il libro è una inchiesta che cerca di “uscire dalla nebbia” che ha avvolto questi eventi. L’Aquila del titolo è una metafora di speranza e giustizia per la Certosa di Trisulti.

La Certosa di Trisulti è stata attraversata da una serie di eventi storici e contesti politici complessi, che ne hanno influenzato profondamente la gestione, l’identità e il rapporto con il territorio. Fu fondata intorno all’anno mille da un monaco benedettino, Domenico da Foligno. Nel 1204 fu assegnata ai Certosini da Papa Innocenzo III, mantenendo la loro presenza attiva per ben 743 anni!

La Certosa è di proprietà dello Stato italiano, essendo stata devoluta al Demanio in base alle cosiddette “Leggi Eversive” del 1855 e successive, che riguardavano i beni ecclesiastici.

L’8 settembre del 1943, con l’armistizio e la fuga del Re e del Generale Badoglio, l’Italia fu gettata nel caos: la profonda lacerazione sociale e politica condizionò fortemente la vita della Certosa.

Certosa di Trisulti

In questo periodo drammatico Trisulti, sotto la guida del Procuratore Dom Michele Celani, divenne un fondamentale punto di accoglienza e riparo sicuro per oltre tremila sfollati in fuga dai bombardamenti angloamericani, rifugiati, combattenti della Resistenza, antifascisti, e persino feriti delle retrovie tedesche in ritirata. Dom Michele Celani, definito “figura fulgida di monaco, di democratico, di difensore della libertà”, organizzò un comitato di gestione dimostrando una straordinaria capacità di accoglienza e di democrazia. Ma all’interno della Certosa e nel territorio circostante si manifestarono crescenti tensioni tra le diverse correnti politiche, in particolare tra comunisti e anticomunisti. Avvenne che Dom Michele fu assassinato nella sua cella nella notte tra il 26 e il 27 novembre 1945. Questo omicidio, di natura politica, maturò in un clima di conflittualità radicale. Le indagini furono caratterizzate da approssimazione, omissioni, depistaggi e una “macchina del fango” gettò discredito non solo sulla vittima, ma sulla comunità certosina.

CERTOSA DI PADULA

Bisogna considerare che nella vicina Certosa di Padula fu riadattato un campo di concentramento per prigionieri, e alcuni cittadini di Collepardo, di provenienza fascista, vi furono internati. Si diffuse la falsa convinzione che Dom Michele avesse fatto il nome di quei cittadini agli Alleati, accusa che alimentò rancore e minacce di vendetta contro di lui, pertanto, dopo il suo omicidio, i Certosini furono costretti ad abbandonare Trisulti, sotto il grave peso della campagna di discredito in cui furono coinvolti e la comunità certosina per questo motivo decise di allontanarsi  “provvisoriamente” con la speranza di ritornare, ma nel gennaio del 1947 i Cistercensi di Padula vi si stabilirono.

L’autore ben riscostruisce la “narrazione” sulla partenza dei Certosini e l’arrivo dei Cistercensi. Come racconta la “Cronaca di Casamari” si tentò di presentare la presa di possesso della Certosa da parte dei Cistercensi a causa della crisi dei Certosini costretti a lasciare la loro Casa e avvalorando la tesi di necessità di spazio da parte dei Cistercensi.  Ma l’autore del libro smentisce tale narrazione: i Certosini non erano in piena crisi e avevano sempre la speranza di ritornare. Il motivo fondamentale, in effetti, fu dato dall’inchiesta giudiziaria sull’omicidio di Dom Michele, trascinata per sette anni con indagini inutili e reiterate e si concluse nel 1952 con un “non luogo a procedere” per ignoti. Pertanto la comunità certosina si allontanò sotto quel peso della campagna di discredito diventata insostenibile, quella macchina del fango implacabile che accelerò i tempi per l’insediamento dei Cistercensi, con vantaggi economici per la loro Congregazione.

Riguardo all’omicidio di Dom Michele Celani l’autore ipotizza che la macchina del fango sia stata avviata da qualche regista interessato e avallata dall’omertà di chi sapeva. Infatti fin dalle prime ore dall’omicidio il Comandante della Stazione dei Carabinieri di Collepardo, invece di seguire le procedure corrette, produsse un “Dettagliato Rapporto” pieno di arbitrarie considerazioni, definendo l’omicidio “a scopo di rapina”. Inoltre verbalizzò che gli autori erano da ricercare all’interno del convento e non all’esterno; nel rapporto Dom Michele veniva descritto come mal visto dalla maggioranza delle persone della zona per questioni terriere e come un autocrate che controllava tutto. Seguono una serie di falsificazioni, quali “uno stato di estremo degrado fra i monaci”, citando casi di omosessualità e la presenza di un presunto tatuaggio sul corpo della vittima (causato in realtà dagli effetti del colpo di pistola sparato da distanza ravvicinata).

L’autore vuole invece precisare il valore del monaco, la cui figura è stata oscurata nonostante la sua straordinaria attività di accoglienza dopo lo sfondamento della linea Gustav di Cassino. Vi è un capitolo, il decimo: ”Si deteriora il sogno di un ordine democratico”, che ci fa conoscere il ruolo della Resistenza nel territorio, con ampi spunti di riflessione sulla storia del periodo e la necessità di comprendere fino in fondo le ragioni della dolorosa frattura sociale che seguì alla fuga di Vittorio Emanuele III e di Mussolini, messo a capo della Repubblica Sociale, uno stato fantoccio di stretta osservanza filonazista.

Si racconta affinché la storia non venga cancellata, con il rammarico per la distruzione di un sogno di una rinascita nazionale a cui il comune sentire popolare aveva aspirato (gli assassini dei fratelli Carlo e Nello Rosselli, processati e condannati in prima istanza nel 1944-45, vengono subito graziati in appello nel 1946, e la cosiddetta amnistia Togliatti, il 22 giugno del 1946, che concepita come strumento di pacificazione nazionale, fu resa ancora più odiosa dalle interpretazioni che ne diedero i magistrati). Con un errore storico l’Italia fu privata della sua “Norimberga” (1945) e proprio in quell’anno in Italia fu negato l’esercizio di una vita politica e pacifica “per tutti”, come racconta la vicenda dei Certosini di Trisulti venuta alla luce negli anni successivi. Anche se tardivo, fu riconosciuto l’impegno dei Certosini nella Resistenza: dodici monaci uccisi nella strage di Farneta nel settembre del 1944 furono insigniti nel 2001 con la Medaglia d’Oro al merito civile, concessa dal Presidente Carlo Azeglio Ciampi.


L’Aquila e il Monaco… e il racconto potrebbe finire qui, ma non si può tacere il ruolo della comunità di Collepardo e di tutte le persone nei confronti della vicenda di Trisulti, divenuta nel 2014 roccaforte del sovranismo d’oltre oceano, e di una associazione assolutamente priva di rapporti con il territorio, la Dignitatis Humanae Institute (DHI).

Ma “quali forze e attori abbiano influenzato il destino della Certosa” saranno dettagliate in un successivo articolo tratto sempre da “L’Aquila e Il Monaco”, vale a dire la concessione della Certosa alla DHI di Benjamin Harnwell, socio di Steve Bannon.

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Per ampliare gli avvenimenti in modo reticolare, frutto della mia memoria,  e non secondo una linea gerarchica e verticale, vorrei introdurre il concetto di Rizoma.

Struttura di un rizoma

Rizoma: è un concetto del post-strutturalismo che descrive un network non lineare. Appare nel lavoro dei teorici francesi Deleuze e Guattari, che usano il termine per tracciare reti che stabiliscono “connessioni tra catene semiotiche, organizzazioni di potere e circostanze relative alle arti, alla scienza e alle lotte sociali”, senza un ordine o una coerenza apparente. Un rizoma infatti è una pura rete di “molteplicità” che non sono arborescenti (Albero di Porfirio) ma hanno proprietà simili ai reticoli. Deleuze arrivò ad esso estendendo il suo concetto di “immagine di pensiero” di cui aveva precedentemente discusso in “Differenza e ripetizione”. Essendo polimorfo -addirittura policefalo- il rizoma è quindi privo di centro: ciò lo rende interessante per la filosofia sociale e per la teoria della comunicazione contemporanea: ogni elemento della struttura può quindi portare potenzialmente ad un’evoluzione dell’insieme. Vediamone alcuni,

L’Aquila: il “re degli uccelli” è un noto simbolo della smisurata potenza e dell’attitudine alle armi. È un simbolo araldico presente in emblemi cittadini, “aquila bicipite” per motivi di simmetria stilistica. Gli antichi bestiari le attribuivano la capacità di fissare il Sole senza socchiudere gli occhi e di percorrere regioni del cielo inaccessibili all’uomo. Come uccello distruttore di serpenti e draghi, l’aquila simboleggia la vittoria della luce sulle forze del male. In età cristiana le si assegnò la virtù sovrana della giustizia.

Fu Romolo a vedere per primo un’aquila sull’Aventino e a considerarla un segno augurale, per questo egli fece sempre precedere l’esercito da un’aquila anziché da uno stendardo.

Il Monaco: “I segni possono essere ingannevoli e le apparenze fuorvianti”.

Abazia di Fossanova

Lo studio del Medioevo è un po’ emarginato da una accresciuta domanda di storia presente; per molto tempo il presente è stato illuminato dal passato, è stato vissuto come l’orizzonte di attesa di un futuro che esso portava in seno (J.P. Vernant, si è occupato in modo particolare della mitologia greca). Ogni avvenimento del passato ci diventa contemporaneo, ma in un presente che peraltro “si cancella immediatamente”. Spero che il lavoro storico di Marcello Cervini, architetto e urbanista, non sia cancellato dalla velocità mediatica. La sua indagine sulla Certosa e l’omicidio mi riporta alla biografia di Tommaso d’Aquino (1274) per il Luogo e il presunto omicidio: è l’abazia di Fossanova, a metà strada tra Roma e Napoli, e il teologo vi si ferma mentre era diretto da Napoli al Concilio di Lione. Tommaso morì in strane circostanze in una “cella” dell’abazia. Vi sono diverse teorie sulla sua morte, considerata un mistero, forse un omicidio. Secondo Le Beau, Dante Alighieri accusò Carlo d’Angiò di averlo avvelenato per impedirgli di diventare papa o cardinale, nel Purgatorio XX, 68-9, “ Ripinse al ciel Tommaso”, cioè lo “mandò al Creatore”.

Ma l’icona di Tommaso non poteva essere offuscata dall’onta del complotto, come alla Certosa di Trisulti e per Dom (Dominus) Celani; fu comunque una morte torbida, forse causata da un avvelenamento, un omicidio politico, versione lontana da quella ufficiale della Chiesa e del potere politico.

Il ruolo dell’Autore del libro “ L’Aquila e il Monaco” richiama, oltre agli spazi (La Certosa di Trisulti, ma anche l’Abazia di Casamari e l’antica Certosa di Padula), la figura di Guglielmo di Baskerville ne “Il nome della rosa”; come Guglielmo, egli indaga sull’omicidio, pone indizi, documenta, non scopre il responsabile, ma conferma attraverso l’approfondita documentazione nelle “Note” che l’omicidio di Dom Michele fu un omicidio politico durante la prima resistenza della comunità di Trisulti al nazifascismo.

Guglielmo da Baskerville che indaga nel monastero benedettino è un seguace del filosofo Ruggero Bacone (Roger Bacon), il Dottore mirabile, appartenente all’ordine francescano. L’esperienza, secondo Bacone, è di due specie. L’esperienza esterna ci è data attraverso i sensi, l’esperienza interna ci è data attraverso l’illuminazione divina: si salda in tal modo la via nuova dello sperimentalismo alla tradizione agostiniana, la teoria dell’illuminazione. L’esperienza interna è per Bacone la via mistica! il cui più alto grado è la conoscenza estatica. Non c’è dunque da meravigliarsi che, anche nel dominio della ricerca sperimentale, le ricerche del Dottore Mirabile siano cariche del carattere magico che gli alchimisti attribuivano alla scienza sperimentale. Una strana figura di frate francescano, alchimista e mistico, teologo e sperimentatore, riconoscendo nella matematica il fondamento e la guida nella ricerca.

Il monachesimo.

Invito a leggere “L’Aquila e il Monaco” Stampa Editrice Frusinate, dicembre 2024. Marcello Cervini, “carissimo amico di antica data”, è architetto e urbanista, è stato consulente di molte amministrazioni locali per la redazione di Piani e Programmi nel Lazio meridionale. Il suo racconto prende le mosse proprio dalla partecipazione alla campagna per il recupero all’uso pubblico della Certosa di Trisulti. Il suo saggio racconto, tra le altre cose, mi ha ulteriormente confermato l’importanza dello spazio nella storia. Leggendo, sono stata presa da un incantamento per la memoria di spazi straordinari: il monachesimo, le Certose, i territori della ”guerra civile” e della Resistenza e la voglia di riscrivere la storia.

Infatti, nella storia dei Certosini e dei Cistercensi che sorge nell’XI secolo, entrambi hanno l’obiettivo di una vita più rigorosa rispetto ai cluniacensi, ma con approcci diversi. I Certosini si caratterizzano per una vita eremitica, con una forte componente di solitudine e preghiera, pur mantenendo una vita comunitaria limitata secondo la regola benedettina. I monaci lavorano da soli nella “cella”, la cella è un porto sicuro dove regnano la pace, il silenzio e la gioia.

I Cistercensi, entrati nella Certosa di Trisulti nel 1947, eseguirono lavori di trasformazione, ricavando da ogni “cellula” tre “celle” cistercensi con la conseguenza che a Trisulti si perdeva la preziosa testimonianza del modello funzionale che regolava lo svolgimento della vita all’interno della “casa” certosina. Nel capitolo 16 del libro l’autore si sofferma sul valore architettonico delle Case certosine nell’opera di Le Corbusier.

PAOLA ANGELONI

Note:
  • Norberto Bobbio e Claudio Pavone: “ Sulla guerra civile. La Resistenza a due voci”;
  • Marina Marucci, “Segreti in Certosa” e “Un amore irrisolto”, Prospettivaeditrice, 2020 e 2021, Civitavecchia
  • Fabi e Loffredi, “Il dolore della memoria. Ciociaria 1943-1944”, pag.38… A Collepardo nasce una formazione partigiana.