RUBRICA BENI COMUNI, 104. RITROVATO IN INDIA QUEL MIO PROGETTO PER LA PANTAFORNA (PRIMA PARTE)
a cura di FRANCESCO CORRENTI ♦
Questa puntata prende spunto da fatti abbastanza lontani nel tempo, dato che risalgono al 1965 e quindi a sessant’anni addietro esatti. D’altra parte, dopo aver dedicato tre puntate ad alcune riflessioni in cui, in vario modo, ho parlato anche di architettura e di progettazione architettonica, m’è sembrato utile provare ad approfondire l’argomento, raccontando qualche altra mia esperienza e cercando di farlo destando l’interesse di chi mi vorrà leggere, anche se poco esperto o non particolarmente aggiornato.
Normalmente, la conoscenza dell’architettura delle persone che svolgono altre professioni è quella scolastica, nei casi in cui il corso di studi lo prevedeva. In tali casi, i libri di storia dell’arte e gli insegnanti della materia si limitano a tracciare le grandi linee dell’evoluzione artistica attraverso i secoli. A parte i capitoli dedicati alle “Grandi Civiltà” del passato remoto, l’architettura (europea e occidentale) è classificata secondo i parametri dei secoli e degli “stili”, soffermandosi maggiormente sugli aspetti più evidenti dei diversi periodi e su qualche artista molto noto. All’architettura moderna – che nelle Classificazioni maggiormente usate in biblioteconomia inizia nel 1400! – è dedicato uno spazio piuttosto limitato e comunque, in generale, i “capolavori” vengono studiati esclusivamente in base al criterio che li considera per la loro “bellezza”. Su cosa e come si definisce questa bellezza – secondo le opinioni in circolazione – è difficile dire. Da personaggi che senza alcun discernimento specialistico esprimono giudizi sui media se ne sono sentite d’ogni tipo e, d’altro canto, la stessa disinformazione nebulosa avvolge ancora anche le altre arti e si passa con pari superficialità dalla denigrazione (sempre associata a considerazioni “ironiche”) alla lode sperticata per mostrarsi colti e aggiornati (come chi votasse ad un premio letterario, senza aver letto nessuno di quei libri).
Iniziamo, pertanto, da quel 1965 che ho nominato, anno che si è caratterizzato per tanti vari motivi e che si apre, a rileggerne le cronache, proprio il 1° gennaio con la «nascita del movimento arabo per la liberazione della Palestina e inizio della guerriglia di Al Fatah contro Israele» – direi che non occorre davvero alcun commento – e prosegue subito con episodi luttuosi (muoiono cinque ragazzi inglesi a Macugnaga per l’incendio d’una baita alpina, muoiono a Londra il poeta T. S. Eliot e Winston Churchill, poi a New York, assassinato, il leader dei Musulmani neri Malcom X. A Gualtieri, in Emilia, muore il pittore “matto” Antonio Ligabue, ancora poco conosciuto e apprezzato dal pubblico. Bobby Solo (che si chiama in realtà Roberto Satti), che l’anno prima non aveva vinto il Festival di Sanremo con Una lacrima sul viso (parole di Mogol, musica sua), si rifà quell’anno con una canzone più “possibilista”: Se piangi, se ridi.
Leggo gli avvenimenti nel fascicolo 1965, fatti e persone della collana 30 anni della nostra storia, pubblicata in trenta fascicoli (anni 1946-1975, nel 1983-84, poi nel ’91 portata fino al 1986) da ERI Edizioni Rai in collaborazione col gruppo editoriale Fabbri (celeberrimo in quegli anni per le numerose “Enciclopedie” a puntate che uscivano in edicola, rinnovando la moda tardo-ottocentesca dei romanzi a puntate). È la trasposizione a stampa del programma televisivo con lo stesso titolo, andato in onda per quattro edizioni dal novembre 1983, ideato da Carlo Fuscagni e condotto da Paolo Frajese.


Con Paolo, mio coetaneo del 1939 – lui di agosto, io di febbraio – siamo stati compagni di classe all’Istituto Massimiliano Massimo alle Terme dalla 1a media alla 3a liceale, tenendoci sempre in contatto (come con tutti gli altri, ancora oggi, quando possibile) fino a quel bruttissimo giorno di giugno del 2000. Ancora nel ’97, su mio invito, mi aveva mandato da Parigi il suo articolo per il Numero Unico Dall’A alla Z. Maturità 1957 della III liceale A, quarant’anni dopo, di cui stavo curando la pubblicazione con l’apporto di Masolino d’Amico e degli altri compagni del comitato promotore, per celebrare nel palazzo divenuto nel frattempo Museo Nazionale Romano i nostri 40 anni dalla maturità (e dai nostri diciott’anni).
Da ricordare, di quell’anno, la vicenda di Franca Viola, la ragazza di Alcamo, provincia di Trapani, che rompe un tabù ancora fortissimo, rifiutando le nozze riparatrici dopo essere stata rapita e violentata da un corteggiatore che aveva sempre respinto. È anche l’anno di alcune imprese spaziali dei primordi della gara tra sovietici e statunitensi, dello spostamento dei templi egizi di Abu Simbel, del discorso di papa Paolo VI all’Assemblea generale dell’ONU e dell’abolizione del latino nella celebrazione della messa, sostituito dalle lingue nazionali moderne. Tra i fatti di minor rilevanza, ma sempre fenomeni di costume di massa, la serie di film tratti dai racconti di spionaggio internazionale di Ian Fleming, con il personaggio di James Bond interpretato da Sean Connery, la spia britannica 007, e quelle immagini di Ursula Andress, uscita dal mare in bikini bianco, cintura ai fianchi e pugnale, di indubbio impatto sul pubblico maschile, quanto quello di lui sul pubblico femminile. Io stesso ho vivido il ricordo gradevole di quella ragazzona (la credevamo svedese e invece era svizzera), ma oggi siamo piuttosto costretti a seguire con attenzione l’attività di un’altra Ursula, bella persona anche lei ma di altro tipo, la Presidente della Commissione europea von der Leyen.
Confesso che tra le novità del 1965, mi è anche cara e viva nel ricordo l’uscita ad aprile del primo numero (che ancora conservo con gli altri di intere annate e le molte pubblicazioni collegate o analoghe) di Linus, “rivista dei fumetti e dell’illustrazione”, a cui attribuisco e riconosco una grande, benefica e formativa influenza sulla mia vita, sulla mia attività di disegnatore, sulle mie letture, sui miei gusti e sui miei orientamenti, in breve, sulla mia cultura. Oreste del Buono, Umberto Eco, Giovanni Gandini, naturalmente Charles M. Schulz e i suoi Peanuts, Enzo Lunari e Girighiz, tanto per fare alcuni nomi.
Siamo in un’epoca agli inizi delle tecniche e dei macchinari di riproduzione di disegni e progetti (esposti per lo “sviluppo” ai vapori di ammoniaca), a parte la fotografia analogica, le diapositive e simili, che presentano una certa complessità pratica, con le pellicole impressionate da portare ai laboratori fotografici (io, per me e l’ufficio, a Civitavecchia, da Giuseppe Scotti, poi anche da Umberto Mazzoldi) o da spedire alle aziende Ferrania, Agfa, Kodak ecc. per lo sviluppo e la stampa!), anche se negli studi abbiamo una camera oscura per il “fai da te”. Per portarmi nel mio ufficio – la nuova sede che “inventerò” (grazie all’assessore e poi sindaco Mario Venanzi) nel casale-stalla della ex Vigna Antonelli divenuta Parco pubblico – le immagini di Girighiz e di Fra’ Salmastro da Venegono, ho ricopiato – con qualche mia modifica e adattamento, ingrandendole – alcune strisce di Lunari, per affermare in modo indiretto alcuni principi che ritenevo fondamentali nel mio lavoro. Una rappresentava Girighiz che, arrestato dai gendarmi cavernicoli all’alba per aver “pensato male” dell’autorità costituita, solo tra sé e sé, ma è ugualmente gettato in prigione e allora, dalla caverna che fa da cella, attaccato alle sbarre di canne palustri grida, comunque indomito: «Ed io proclamo la libertà dell’intelletto!» Un’altra, disegnata su un foglio di colore arancione, illustrava… E il seguito alla prossima puntata.
FRANCESCO CORRENTI

Complimenti architetto Paolo Ranieri
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un tuffo nel passato, quanti ricordi dimenticati riemergono !!!
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Un grazie a entrambi i colleghi!
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