Ricordando la Memoria

di MARIA GRAZIA VERZANI

Mi piace ricordare ancora quell’ Omaggio alla Memoria, che si svolse nell’ Aula Pucci il 21 gennaio 2010 ore 9.30, in cui gli studenti delle scuole cittadine condivisero il ricordo, le emozioni le storie riguardanti la Shoah. Erano presenti anche: Mauro Procaccia, delegato alla Memoria del Comune di Roma, Arnaldo Massarelli, autore di una ricerca sul Ghetto, le classi IV e V A dell’IIS “Viale Adige”, la classe III C della Scuola Media Flavioni, e la III E Scuola Media Galice e molti civitavecchiesi. Vennero lette da Pino Cesarini le testimonianze di: Leonello Fiorentino e di Jael Ilani.

A conclusione della conferenza, Giovanni Massarelli, ideatore del progetto, si rivolse ai giovani presenti con questa motivazione:

Perché dalla conoscenza della storia nasca nei nostri giovani la condanna per la violenza e sia gettato un seme per la costruzione di una società aperta a tutte le culture del mondo.”

In quell’occasione venne ricordata Virginia Piperno e la sua famiglia: il marito Leone Bondì e i loro 6 figli: Benedetto, Fiorella Anna, Giuseppe, Umberto ed Elena di soli 2 anni, mai più ritornati da Auschwitz.

Virginia, era nata nella vicina Tolfa il 18-5-1910 da Umberto ed Anna Veneziani, dopo il matrimonio era andata a vivere a Roma, ma in estate, ritornava al suo paese dai genitori che avevano un negozio di stoffe ed erano protetti dai tolfetani. Quell’anno, alla fine delle vacanze, fu incitata da tutti a non tornare a Roma, dove la situazione per gli Ebrei stava diventando molto pericolosa, e a rimanere al sicuro. Da buona madre, pensando che i figli avrebbero perso la scuola, ritornò ugualmente nella sua casa nel Portico di Ottavia nel Ghetto. Gli Ebrei avevano ceduto al ricatto d Kappler, riscattando la loro immunità a peso d’oro, precisamente 50 Kg, che erano riusciti a raccogliere pur di salvare la vita.

Ma si trattava solo di un tranello.

La mattina presto del 16 ottobre, un sabato piovoso, Roma subì una violenza disumana, una ferita che ancora oggi fa fatica a rimarginare.

Simone Bondì era uscito molto presto quella mattina per acquistare le sigarette a borsa nera, nel ritornare a casa sentì dei rumori terrificanti che provenivano dal Portico e dalle zone limitrofe.

Preoccupato, non pensando neppure un attimo di mettersi al sicuro, corse verso Virginia e i suoi figli, finendo tra le mani degli assassini.

In quel Sabato nero, tra le ore 05:30 e le ore 14, 300 soldati delle SS e 20 poliziotti italiani, capeggiati da Herbert Kappler, rastrellarono a sorpresa nel Ghetto, 1259 persone, di cui 689 donne, 363 uomini e 207 tra bambini e bambine. Prelevate a forza dalle loro case, principalmente in via del Portico d’Ottavia e nelle strade adiacenti, ma anche in altre differenti zone della città di Roma, in 1023 furono deportati direttamente al campo di sterminio di Auschwitz, soltanto 16 di loro sopravvissero.

Virginia e i figli e altri della famiglia Bondì-Piperno furono ammassati nel convoglio n°02 dentro vagoni piombati in partenza da Roma Tiburtina e deportati ad Auschwitz. Nessuno di loro si salvò: i bambini e Virginia, furono subito sterminati, mentre di Leone non rimase traccia.

Il 26 ottobre 2011 alle 11, nel Giardino comunale di Tolfa fu scoperta una targa commemorativa in ricordo di Colombo Piperno e della sua famiglia alla presenza dei bambini delle scuole tolfetane e numerose autorità.

Tornando a Civitavecchia, troviamo in un angolo poco visibile del complesso cimiteriale storico di Civitavecchia, un piccolo cimitero ebraico, riconoscibile per la lapide con un simbolo. E’ la menorah, dedicata ad un giovane della scuola nautica della Bethar, morto causalmente a nella nostra città, dove studiava. Vicine le lapidi di Italia Astrologo, nata a Civitavecchia il 2 febbraio 1880 e di suo marito Abramo Di Veroli rastrellati nel ghetto di Roma il 16 ottobre 1943 e trucidati ad Auschwitz la settimana successiva, perché ebrei inutili per l’età avanzata. Nello stesso angusto spazio la tomba Sarah Shunnac e del marito Fiorentino Pacifico, scampati alle persecuzioni nazi-faziste e morti a Civitavecchia, dove erano residenti. Il loro figlio, Leonello allora presente nella nostra città, era rimasto testimone della memoria, ricavata dai racconti di sua madre, unica di una grande famiglia salvatasi casualmente dalla retata avvenuta al ghetto di Roma, il 16 ottobre.

Lionello per il progetto de la Memoria, incontrò gli alunni delle scuole cittadine:

“Mi chiamo Fiorentino Leonello, non ho una esperienza diretta della guerra, perché sono nato nel 1955 ed è diverso dal parlarne una volta finita, perché è una cosa impressionante, I tedeschi hanno decimato la mia famiglia i miei due zii i miei nonni, da parte di madre e i parenti da parte di mio padre. Tutti sono stati deportati in Germania ad Auschwitz o in altri campi di sterminio, un mio cugino, Astrologo Riccardo, è morto tra i 335 alle Fosse Ardeatine.

Mia madre Sara Sciunnach, ebrea di origine polacca, nata a Roma nel 1933 al Portico d’Ottavia, era rimasta traumatizzata dalla guerra e dall’Olocausto; riservata e chiusa, non ci ha mai parlato di quello che le era successo, ma quando sentiva parlare di guerra avvampava ed al cimitero non smetteva di piangere. Nel 1943, al tempo dell’occupazione tedesca era una ragazzina abituata ad obbedire e a stare in silenzio, sempre per la paura che qualcosa di brutto le potesse accadere.

Tutta quella tensione l’aveva fatta crescere prematuramente, così, quando mia nonna le chiese di lasciarla, per metterla in salvo a Caprarola, presso alcuni parenti, capì che doveva ubbidire. Dallo sguardo di sua madre capì che non l’avrebbe più rivista e quello sguardo le è rimasto dentro per tutta la vita. Il 16 ottobre 1943 fu un brutto giorno per gli ebrei romani: ci fu una grossa retata, i Nazisti fecero irruzione anche nella casa di mia madre portando via tutti. Sapete, in questo, facevano bene il loro lavoro, non facevano eccezioni. Al ritorno a casa, mio nonno non trovò più nessuno, perché i nazisti avevano fatto “il loro dovere“. Mia madre venne a adottata da una zia, la Sora Rosa, sorella della madre e moglie di David Astrologo, noto a perché aveva due negozi di tessuti al Ghetto. A Civitavecchia ha trascorso tutta la sua vita e mi ha sempre detto che si è trovata bene perché la popolazione è sempre stata tollerante, Questo fatto di essere rimasta orfana le ha impedito di trasmettere amore ai propri figli, è morta senza avermi fatto una carezza; di questo, ne ha sofferto soprattutto mio fratello minore che, esasperato per la mancanza di sostegno da parte della madre è morto per overdose tre anni fa. Per mia madre sopravvivere a quella tragedia è stato forse più pesante della morte stessa”.

Lionello raccontò che si era recato ad Auschwitz per capire il dramma e la fine dei familiari e lo shock era stato enorme. Dalle parole della guida un sopravvissuto ha rivissuto tutto il Calvario delle famiglie ebree di Oliate. Nel Convoglio 02 partito da Roma Tiburtina il 18 ottobre e arrivato ad Auschwitz il 23 ottobre, erano stipate più di mille persone, tra le quali la famiglia Sciunnach, Fiorentino e, dalle ricerche da noi effettuate nel “Libro della Memoria”, anche i genitori Piperno, con i loro sei bambini. Avevano viaggiato tutti come bestie senza bere o mangiare alcuni erano già morti all’arrivo per le sofferenze. Appena scesi dal convoglio venivano selezionati. C’era un tedesco che mandava uno a desta uno a sinistra che diceva tu sì, tu no, era il padrone della tua vita. La maggior parte, venivano subito uccisi nelle camere a gas. Solo 200 persone di quel convoglio furono risparmiate per lavorare nelle miniere, o a rimuovere le macerie del Ghetto di Varsavia Alla fine della guerra 17 sono i sopravvissuti.

Questa è stata anche la fine dei sei bambini della Famiglia Piperno, eliminati al loro arrivo insieme alla madre incinta il 23 ottobre 1943 e dei nonni di Lionello che viaggiavano insieme senza saperlo, verso la morte, insieme a loro handicappati, vecchi, che per la loro debolezza dovevano essere sterminati. Fare pulizia, era l’espressione più usata. La vita di un uomo dipendeva dal giudizio del suo carceriere”.

Chiesero a Lionello se riteneva i Tedeschi fossero impazziti, rispose: “Più che pazzia era delirio di onnipotenza: si prendevano tutto, opere d’arte, raccolti, vite umane, ma soprattutto se la prendevano con i più deboli, con le minoranze come gli zingari, gli omosessuali, gli oppositori politici. Quello che è successo agli Ebrei accade ancora oggi n tutto il mondo alle persone che sono sottomesse. Quello ebraico era un popolo unito, ricco di tradizioni, un popolo che ha dato all’umanità le tre menti fondamentali come Marx, Einstein, Freud, ma che era anche detentore di un grande potere economico e finanziario. Forse per questo è stato sterminato”.

Alla fine della testimonianza ci dice che qualsiasi tipo di religione è importante perché lassù c’è Qualcuno, qualsiasi sia il nome che porta, a cui l’uomo si rivolge ed al quale l’umanità non può non attribuire la creazione delle bellezze del mondo, che purtroppo stiamo deturpando. Ci ha detto di parlare con i nostri genitori dei problemi che abbiamo, ed anche i genitori devono ascoltare i figli senza che giorno per giorno inizino ad alzarsi delle barriere che alla fine diventano insormontabili.

Di altri Civitavecchiesi, morti ad Auschwitz possiamo trovare traccia ne “Il libro della memoria” di Liliana Piciotto, Ed. Mursia, Milano-2002.

MARIA GRAZIA VERZANI