IPERTURISMO
di ROSAMARIA SORGE ♦
Le città possono morire di Iperturismo? Il dilagare incontrollato di B&B, affitti brevi, bus turistici, navette per gli aeroporti, dehors, e poi l’occupazione a tappeto dello spazio pubblico è quello che volevamo? Quanto è il profitto, non solo in termini monetari, e quanto invece il danno di un turismo abbandonato solo alla legge di mercato?
Si sta verificando un paradosso e cioè che le città d’arte e le più rinomate città di mare, prede di un turismo incontrollato stanno soffocando e il turismo, da occasione di crescita per un territorio, si sta trasformando in una minaccia che sta compromettendo la tutela.
Questo discorso riguarda moltissime città e luoghi soprattutto in Italia e questo problema comincia a porsi da tempo anche a Civitavecchia.
Da tempo non si trovano più case in affitto, nel palazzo in cui abito ci sono due B&B e ce ne sono 5 nel palazzo difronte dove ho lo studio. Certo a conti fatti aprire un B&B è più conveniente che affittare, specie se viene gestito personalmente anche in termini di pulizia e lavanderia. Ma questo turismo transitorio si rivela spesso inutile per la città e vantaggioso solo per i gestori di queste strutture di accoglienza.
Il fenomeno è tra l’altro in crescita e se non gestito correttamente diventa fortemente impattante per le città. Non solo viene ad essere compromesso il territorio ma il fenomeno provoca anche grandi sacche di lavoro irregolare, precario e mal pagato a cui difficilmente sfugge chi deve sopravvivere alla disoccupazione.
I Comuni in questo fenomeno hanno una precisa responsabilità e una competenza che permette loro di dotarsi di norme più restrittive nella regolazione dei cambi di destinazione d’uso da abitazione a ospitalità turistica.
Poi non è da sottovalutare il problema del trasporto pubblico, la mobilità è infatti fortemente compromessa dall’invasione di bus turistici e navette varie.
Non possiamo non porre anche l’accento sullo spazio pubblico occupato da dehors e tavolini; quello che era un provvedimento dettato dal Covid si è trasformato in una occupazione permanente
Alcune città hanno messo in atto strategie per contrastare questo sovraffollamento di turisti. Venezia ha istaurato il numero chiuso e il pagamento extra per i non residenti sui traghetti, in Francia alcuni luoghi come Mont San Michael, le falesie di Etretat e altri siti hanno accessi limitati, in Bretagna sull’isola di Brehart l’accesso è contingentato e vi si accede solo in orari specifici, lo stesso in Italia nelle Cinque terre, e a Kyoto non si può più accedere al quartiere delle Geishe.
Per capire appieno il fenomeno del resto, basti considerare che a inizio del secolo scorso i turisti su scala planetaria erano circa 10 milioni e ad inizio del 2000 ne sono stati stimati 600 milioni. In tutto questo ha sicuramente avuto un ruolo il modificarsi del concetto di vacanza non più inteso come tempo per riposarsi ma come occasione per fare nuove esperienze anche a costo di tornare a casa stanchi morti.
Si è perso comunque il fascino del viaggio come scoperta visto che con un volo low cost salti meridiani e paralleli luoghi e tradizioni e ti catapulti in brevissimo tempo dove vuoi tu, consumando a ritmo sostenuto quello che ti circonda senza decifrarlo veramente.
Vanno assolutamente trovate delle contromisure perché le città non possono e non devono essere considerate come un oggetto da mettere a reddito, sono molto di più: “le città sono un corpo di costumi e tradizioni, di atteggiamenti e di sentimenti organizzati entro questi costumi e trasmessi mediante la tradizione”. Le città sono quel luogo in cui ognuno di noi deve potersi sentire a proprio agio e manifestare le proprie qualità, dove venga rispettato da tutti il capitale naturale e artistico che orde sterminate di frettolosi turisti rischiano di compromettere, e dove non possiamo permetterci di aggiungere altri problemi ai molteplici che la contemporaneità ci ha regalato e che già facciamo fatica a risolvere.
Voglio concludere queste brevi note ricordando a tutti che a breve inizia l’anno Santo e anche questa nostra città, già invasa dai croceristi, si troverà a dovere fare i conti con un ancora più grande flusso di turisti, non c’è il tempo ormai per organizzare nulla tranne il minimo indispensabile per riceverli come l’approvvigionamento idrico e i bagni, sempre che ci si riesca, ma si rende necessario operare un controllo dei flussi poiché la città non ha gli strumenti per far fronte in maniera significativa a tutto questo.
ROSAMARIA SORGE

Quando parlo dei danni dell’overtourism, dei disastri dei b&b e case vacanze, dell’inquinamento delle navi da crociera, dei suv, vengo preso per pazzo e per eretico.
L’impatto ambientale, sociale e sulla viabilità di un turismo di massa in una città come la nostra è devastante, per non parlare poi della ricaduta economica, praticamente nulla, un turismo mordi e fuggi che è diventato l’ennesima servitù cittadina.
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Proprio un paio di giorni fa riflettevo sul fatto che la nostra città sembra uno sgrammaticato dopolavoro a cielo aperto: tavolini da bar su ogni marciapiede ( non più) percorribile. svapatori e svapatrici che emettono nuvole di vapore a tutte le ore condite di risate, repentine alzate dai suddetti tavoli, brusche ricadute sugli sgabelli e tu che timidamente tenti di passare :” permesso, permesso PERMESSO?@” e ti becchi lo sguardo ostile dell’avventore/avventrice di turno:” e questa che vuole?!”…ieri a questo sguardo in codice ho risposto:” vorrei solo andare a casa senza dover scendere e risalire sul marciapiede “.
Provare per credere: passate verso le 12 davanti ai Salesiani, lato bar, noi che lì abitiamo siamo intrusi che infastidiscono chi staziona ai tavolini.
B&B? Tempo fa il Vescovo di Bologna ha lamentato la problematica sociale degli universitari che non trovano alloggio a causa di questa pratica ormai iperdiffusa.
Maria Zeno
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Rosamaria, hai esposto i problemi con stile critico come sempre ti poni. La conferma è data dai composti commenti presenti sulla chat di SpazioLibero. Le prospettive di risoluzione ci sono, con l’impegno e la partecipazione di tutta la comunità.
Rifletto sui miti di Civitavecchia, nata come guarnigione per truppe romane e poi pontificie sede da sempre di prigioni e carceri, assaltata da “Saraceni” che si fusero con la popolazione autoctona. Ora siamo in preda ai costi della globalizzazione.
Grazie, Paola
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Rosamaria, guarda quanti interventi in chat, hai toccato un nervo scoperto. Io, da sorella di commerciante, posso confermare che l’overtourism impatta poco o niente sul commercio ( mia sorella ha un negozio di abbigliamento), eccetto la ristorazione veloce.
Peraltro-nota di colore- mia sorella lamenta che i pochi turisti che entrano in negozio lo fanno generalmente a ora di pranzo, quando lei sta chiudendo, girano, guardano e con il solito :
“Thanks” escono.
Maria Zeno
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infatti il guadagno é veramente minimo; io ho sotto casa Pam e i crocieristi entrano a comprare l’acqua perché il costo sulla nave è più alto e questo ci dà la misura che si tratta di un turismo povero
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L’immagine, il “ritratto”, più evidente dell’iperturismo descritto da Rosamaria si ha arrivando a Civitavecchia da Roma, già guardando dall’ultimo tratto di autostrada e poi più avanti, lungo l’Aurelia all’altezza di via del Campo Sportivo, l’Ideale chiuso, villa De Risi. Confrontate quello che vedete con la veduta da sud di Claude Lorrain, Claudio Lorenese, del 1638 (il disegno dove lui “andava a capo” perché non gli entrava tutto di seguito: ne ho pubblicata su qualche libro una versione intera e colorata da me, con il cielo azzurro e i campi verdi…): partendo da destra, c’è il “Palazzaccio” ossia il Casale Marconi, la campagna quasi sgombra, poi la cinta bastionata e il profilo della città, lo sky-line, con torrette, campanili, la Torre quadra della Rocca, le case sul porto, e poi la “maestosa” presenza della Fortezza e, all’estrema sinistra, la snella cuspide del Faro e Lanterna. Avanti a noi nel disegno, la gobba del promontorio con due viandanti sulla strada, il blu del mare tra questo e la bassa sagoma del Forte a mano manca… Tutto disteso, proporzionato, umano. E guardate adesso, oggi, cosa vedete. Tutto è cresciuto, campagna non se ne vede, casali neppure, né isolati né soffocati, forme abnormi, nuovi pachidermi sdraiati lungo la via, ma poi laggiù i mostri… quei blocchi compatti, quei falansteri galleggianti, enormi, immensi, sovrastanti, sproporzionati, senza rapporto con tutto il resto. Non è come quelle centinaia di finestrelle, oblò, feritoie con dietro migliaia di occhi probabilmente indifferenti sullo sfondo, a coprire tutto da mare a cielo, viste da piazza San Marco a Venezia, ma è comunque anche qui una visione straniante, di qualcosa che non c’entra, che non ha misura né senso né proporzione. Davanti, di fatto, il nulla. La città, il territorio, non hanno più identità, forma, colore. Non ricordo se in fondo, laggiù oltre, si intravede la ciminiera dell’Enel con le sue righine bianche e rosse. Sarebbe quasi una presenza rassicurante, tra tutto il grigiore anonimo!
Francesco Correnti
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