DELLA MIA DOLCE ARMENIA – PARTE III

 a cura di LETIZIA LEONARDI ♦

Parte III

 Intervento dell’attore, regista e sceneggiatore Carlo Verdone

Io non sono molto ferrato sull’argomento Armenia. Mi sono dovuto documentare e leggere un po’ tutte le poesie di Charents ed effettivamente è un grandissimo poeta. Mi sono chiesto come mai mio padre avesse scelto questo poeta, l’Armenia. Per quale motivo, da dove gli era scattata questa cosa… Io sapevo che lui stava lavorando alla traduzione di queste liriche, tramite un suo amico che si chiamava Glauco Viazzi, critico cinematografico, che viveva a Torino ma era armeno e il suo vero nome era Jusik Hovsep Achrafian. Quindi, tramite Jusik Achrafian, credo io, lui è venuto a conoscere questo grande personaggio e piano piano si è innamorato un po’ della cultura armena in generale. Poi c’è stato anche un altro pittore, adesso non ricordo il nome, che viveva a Roma, era un suo carissimo amico, forse Movses Petrosyan. Potrebbe essere lui. Forse lo avrà aiutato per la traduzione di queste liriche.

IMG-20240519-WA0059Alcune sicuramente le ha tradotte dal francese, per alcune è stato sicuramente aiutato Jusik Achrafian, per altre probabilmente da Petrosyan, perché mio padre non conosceva l’armeno. Però, proprio ieri, lo facevo vedere a Letizia Leonardi, l’ho detto anche all’Ambasciatrice, è uscita fuori dal mio computer una cosa stranissima. Oggi vengo qua, a questo convegno sull’Armenia, e mi esce fuori, non so cosa, forse un cloud, dal telefono al computer: una lettera, purtroppo in miniatura. La lettera sarà stata normale, però piccola, un po’ tipo francobollo, nella quale mio padre scrive alla Comunità Armena di Venezia, di San Lazzaro e dice che la sua prefazione del libro fotografico del 1918 è pronta. Non riusciamo però a capire il nome dei destinatari. È una lettera del 1986-1987, mi pare, quindi magari ci riuscissi o ci riuscissimo a trovare queste fotografie di quel periodo, che sarebbe proprio il periodo del genocidio. Sarebbero importantissime. Io ringrazio Letizia, ringrazio l’Ambasciatrice, ringrazio tutti voi perché, in qualche modo, mi avete fatto entrare in un mondo culturale molto importante. Charents è un poeta, devo dire, universale. Un poeta che amava la vita, amava il mondo, amava la luce, amava i colori. Lui amava molto la terra. Lui quando parla dei colori, delle albe, dei tramonti, della pioggia, del sole, si esalta. Vede la salvezza praticamente nella natura. Lui crede molto poco nell’uomo. Lo abbiamo ascoltato nella poesia che pocanzi è stata declamata. E quindi mi ha molto colpito. Mi ha molto colpito, sul quale si potrebbe fare una grande pièce teatrale o si può anche fare un grande film, fatto da un grande autore perché è un personaggio che ha avuto una storia veramente incredibile. Però lui è il simbolo di una nazione che evidentemente è nata in sofferenza però mantenendo una sua dignità molto forte ma continua ad essere in sofferenza perché, come ha detto molto bene Letizia, il mondo si occupa delle grandi guerre ma delle piccole guerre non gli importa niente e questa è una cosa altamente immorale perché invece l’Armenia ha una sua identità culturale molto precisa, ha una storia culturale molto importante… Nel mondo della musica c’è Kaciaturian, nel campo della cinematografia Parajanov, mettiamoci anche Charles Aznavour, perché nel campo della musica leggera è stato un grande, un grandissimo, non solo cantante ma anche scrittore di testi e poi tanti pittori e poi Cathy Berberian, grande compositrice, cantante lirica…Insomma troppi ce ne stanno e non posso citarli tutti. Sicuramente, tutto quello che possiamo fare per questo popolo per la sua cultura ma, soprattutto per la sua sopravvivenza, lo dobbiamo fare perché non è possibile andare avanti così. Gli armeni non se lo meritano. Non se lo meritano perché è un popolo al quale sono state distrutte, dal 1992, 400 chiese e monasteri. Sono spariti, polverizzati con dentro delle opere d’arte di un’importanza incredibile. Ho poi scoperto che mio padre aveva conosciuto il regista Parajanov, non ricordo esattamente dove e, nella sua casa museo, a Yerevan,  ci sono legami con l’Italia. C’è una lettera scritta al regista da Federico Fellini, c’è uno schizzo sul film di Antonioni “Zabriskie Point”, degli acquarelli di Tonino Guerra e opere dedicate al film di Pasolini “Il Vangelo secondo Matteo”. L’Armenia, un popolo  e una Terra da non dimenticare.

USATE 4

LETIZIA LEONARDI

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* Foto di Enrico Paravani