Controstoria dell’umanità 

di ANNA LUISA CONTU ♦

Il titolo ironico indica che questo mio testo non ha alcuna pretesa scientifica o storiografica. È quello che io penso osservando la realtà empirica sull’ oppressione sulle donne.

Spettri si aggirano in occidente e qualcuno anche in oriente. Più che spettri indefiniti sono streghe arrabbiate e desiderose di risarcimento . 

Perché la storia delle società umane, che è storia di lotta tra le classi, mai ha considerato la specificità della condizione femminile. La guerra dei sessi, la guerra di un sesso, quello maschile, contro la parte femminile della società  è nata prima della lotta di classe. 

La storia dell’umanità comincia con uno spossessamento del potere nei confronti delle donne. Alle donne viene rubato il  potere di decidere  come organizzare la società in cui abbiamo vissuto e viviamo . La metà dell’umanità viene estromessa dalla possibilità di decidere come dividere il lavoro e la cura. 

Senza potere inizia il processo di inferiorizzazione della donna che è luogo comune ancora oggi.

Come questo sia avvenuto ancora é materia di dibattito. La differenza nella biologia , la superiorità fisica del maschio, la scoperta che il suo organo sessuale poteva essere un’arma per tenere le donne, tutte le donne, in uno stato costante di paura. E la paura genera sottomissione e subalternità. 

Bordieu, per esempio, pensa che non sia stato così e che la sottomissione femminile ha causa nella divisione sociale del lavoro. 

Chissà come sarebbe stata una società in cui lavoro e cura fossero stati di competenza di entrambi i sessi e se nelle decisioni la comunità non si fosse privata della voce femminile, una voce che avrebbe attenuato aggressività, violenza, guerra che hanno dominato  la storia umana. 

L’estromissione dal potere politico ha determinato per la donna la privazione della libertà e dell’autodeterminazione e il suo confinamento in una condizione di minorità. 

Nessuna creatura ha subito quello che ha subito la donna, tranne forse gli schiavi, in qualunque epoca storica e in qualunque latitudine.   Proletarie e borghesi, tutte ugualmente prive della libertà, proprietà di un padre e poi di un marito.

Spesso costrette in un matrimonio con uomini molto più vecchi di loro, impedite nella libertà di movimento (in alcuni paesi non possono uscire per una passeggiata se non accompagnate da un maschio o non possono guidare), estromesse dall’accesso all’istruzione, costrette in un abbigliamento non scelto che impedisce agilità di movimento, i loro volti coperti.  Nessun diritto civile o politico. Dal tempo dei tempi, finché tra le donne non crebbe consapevolezza e ribellione contro l’oppressione.

Tutto l’apparato della sovrastruttura ideologica del pensiero occidentale ( e del pensiero orientale ) sentenzia contro la donna; questa creatura non ha neanche l’anima. 

Nel suo “ La politica del sesso” (Sexual politics) Kate Millet  stabilisce che “ il patriarcato è un modo universale (geograficamente e storicamente) di rapporti di potere e di predominio” . “All’interno del patriarcato il sistema dell’egemonia maschile  e della sottomissione della donna è raggiunto attraverso la socializzazione, perpetuato attraverso mezzi ideologici, mantenuto con metodi istituzionali. Gli uomini predominano con l’abitudine e, quando è necessario con la forza”. 

Il patriarcato pervade tutto, penetra nelle divisioni di classe, nelle diverse società e nelle varie epoche storiche.

La violenza che la società esercita sulla donna si riflette nel microcosmo della famiglia. Spesso nella famiglia si scatena la dinamica di padrone/servo, il maschio pretende obbedienza, vuole torcere la volontà della donna alla sua idea. La violenza che esplode non è un raptus, è sistematica , continua,  fatta di minacce, umiliazioni, insulti, privazione dei mezzi economici, limitazioni delle relazioni sociali.  La violenza fisica segue questa sequela ed è fatta per fare male. 

L’abuso domestico, il comportamento violento, ha come finalità il mantenimento del potere e del controllo. Che l’abusante sia una persona debole non è questione che voglio trattare qui. È certo che quando l’escalation di violenza termina nel femminicidio , perché la donna si sottrae, vuole uscire da una relazione violenta, per il maschio si spalanca l’abisso.  Non c’è più la donna a puntellare la sua traballante identità.  

Lo stupro è l’espressione massima della violenza scatenata contro la donna. Le tiene in una costante  ansia e paura, da quando il maschio scoprì che i propri genitali potevano essere usati come arma. Penso che lo stupro abbia poco a che fare con il desiderio e molto con la manifestazione del potere maschile e consapevole manifestazione di un processo intimidatorio. Lo stupro , fino a qualche anno fa in Italia, era offesa al maschio, alla sua proprietà oppure era offesa contro la morale, non contro la persona donna. Anzi lei subiva una vittimizzazione secondaria all’interno dei tribunali e nella rappresentazione dei media con la   persistenza di pregiudizi culturali e stereotipi sessisti.  

Lo stupro in guerra è l’umiliazione da riservare ai nemici, favorita dagli alti comandi e usato come arma di propaganda. Il corpo delle donne è come una casamatta da espugnare, una trincea da conquistare, una collina su cui piantare la bandiera del vincitore. 

Quando tutto questo ha cominciato a scricchiolare? Quando avanguardie di donne hanno cominciato a ribellarsi e non è stato tanto tempo fa. Il diritto di voto venne reclamato dalle suffragette e non era certo una lotta corporativa perché il diritto di voto era negato ai maschi non proprietari . Il movimento suffragista fu coraggioso e anche violento ma pose le basi per la consapevolezza femminile dello stato di oppressione. Le donne scrittrici come Virginia Woolf scrissero su quella condizione . E le donne degli anni  70 del secolo scorso che imposero i temi dei diritti sociali, la sessualità, l’aborto, il diritto di famiglia, l’accesso alle cariche pubbliche. Non era  un favore che chiedevano, lo imposero con la forza delle parole e delle lotte.

Quest’altra ondata del femminismo di “Non una di meno”,  il femminismo intersezionale che stringe i legami con tutte le soggettività colpite dall’oppressione, non solo lgbtq+ ma anche precari, immigrati , tutti gli sfruttati del trionfante capitalismo. 

Nel suo ultimo periodo Rossana Rossanda meditava sul soggetto rivoluzionario, sul potere costituente, e si chiedeva  se questo soggetto non fosse il movimento delle donne. 

Chiuso l’operaismo con la trasformazione organizzativa, tecnologica e politica del capitalismo, il soggetto rivoluzionario muta. In Occidente la consapevolezza del valore  femminile é diventata di massa, non solo tra le donne ma  anche in mezzo a tanti giovani.  In Oriente, la rivolta delle donne iraniane contro il velo é stata l’avanguardia di una sommossa che ha mobilitato interi settori della società sulle parole d’ordine delle donne. Solo la forza e la repressione le ha fermate. Ma ancora per quanto? Intervenendo sulla stampa per parlare di Antonio Negri, Cacciari analizza il pensiero del filosofo  e scrive che se all’interno dell’Impero “possono crearsi  contraddizioni tali da produrre  nuovi soggetti e nuove prassi rivoluzionarie all’altezza della “rivoluzione” in atto nei rapporti sociali e di produzione nuovi soggetti emergeranno: il loro pensiero non potrà che muoversi nel solco di concepire la democrazia come quel potere sempre costituente che vuol dar ragione dell’affermazione dell’

eterno valore del nostro esserci”.  Finché le donne avranno la forza c’é speranza di un livello superiore di civiltà.

ANNA LUISA CONTU

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