“PESCI, PESCATORI, PESCIVENDOLI E CONSUMATORI” DI GIORGIO CORATI – Polpo al …
Polpo al tegame “nell’acqua sua” ovvero una variante del “polpo affogato”
di GIORGIO CORATI ♦
Tra i piatti tipici di mare della tradizione gastronomica civitavecchiese, il polpo (Octopus vulgaris) è certamente tra le specie più interessanti della “stagionalità ittica del mese di dicembre”; può essere acquistato subito dopo una bordata di pesca operata dalle flottiglie locali.
Quelle con il polpo protagonista in tavola, sono ricette gustose e in genere anche facili da preparare.
Se il polpo è indisponibile oppure se si è curiosi di sostituirlo con altra specie similare, allora la scelta indubbiamente può ricadere sul polpo macchiato o polpessa (Callistoctopus macropus). Il polpo, quello “verace” o “di scoglio” come si usa dire comunemente, ha senza dubbio carni più saporite di quelle delle polpo macchiato o polpessa. Quest’ultima, tuttavia, può riservare sorpresa e incontrare il favore del consumatore.
A proposito del polpo macchiato o polpessa, ricordiamo in breve una parte del testo di “Polpo fiction”, da cui trarre qualche nota sulla specie:1
[…] In un angolo remoto del bancone di una pescheria, là dove, in genere, si guarda poco, ma dove a volte si possono scoprire delle “meraviglie”, la signora Laura intravvede incuriosita una polpessa, distesa con grazia, bella, longilinea in posa languida. Avvicinatasi, la signora Laura ascolta a bocca aperta la polpessa che, con voce roca, mascolina, profonda e dall’accento romanesco, esclama:
“Aho! Ne dicono tante su di me! Adesso, lo spiego io chi sono!” “Sono un polpo macchiato” continua cambiando tono di voce “anche se mi chiamano polpessa!” Il suono della sua voce è sempre più pacato. “Vivo qui [da intendersi nel mar Tirreno], sono meno robusto di un polpo e costo meno perché il mio corpo longilineo mi sminuisce”. E continua, movendosi sinuosamente, con aria leggermente snob. “Sono della stessa famiglia, ma non sono “vulgaris” [cioè Octopus vulgaris come il polpo], anzi, io sono “callistoctopus macropus”. I miei tentacoli sono più lunghi e la mia colorazione è bruno rossastra tendente al giallo arancio; bella, no? Dicono che io non abbia gusto, ma non è poi così vero!” […].
Durante le festività natalizie una ricetta che da taluni può essere considerata una variante del “polpo affogato” è quella che prevede la cottura del polpo “nell’acqua sua”. Si tratta di una preparazione poco elaborata, ma che necessita di un minimo di manualità e di attenzione durante le fasi che precedono la cottura vera e propria. Nessun timore, comunque. Una volta lasciato alla fiamma del fuoco il compito della cottura, basta attendere con fiducia che l’“acqua del polpo” faccia la sua parte. Senza indugi, dunque, dopo aver portato a casa un bell’individuo della specie che interessa e, soprattutto, dopo averlo trasportato in una borsa termica, in cui il ghiaccio all’interno ha svolto egregiamente il compito di mantenere fresche le carni della specie, predisponiamo con fiducia quanto occorre per avere contezza del successo che ci si appresta ad accarezzare.
Ebbene. Dopo aver pulito quanto eventualmente rimane della nettatura dell’individuo operata già dal pescivendolo, prendere un tegame largo e basso, quanto basta per immergervi un polpo intero generalmente di media taglia. Posto il tegame sulla fiamma, procedere alla preparazione di un soffritto con olio di oliva (o extravergine), spicchi di aglio tagliuzzati a piacere e quanto basta di peperoncino. Salare, a piacere, solo quando l’olio è caldo oppure salare soltanto prima di servire se necessario. Successivamente, adagiare un poco alla volta, pian piano, il polpo nel tegame, facendolo rosolare uniformemente. Aggiungere poi del vino bianco, che va lasciato sfumare, e, una volta coperto il tegame con un coperchio, attendere che il polpo rilasci acqua dalle sue carni.
Così come si suol dire, il polpo deve “cacciare l’acqua sua”, che è fondamentale per la cottura e ovviamente per il risultato ricercato.
All’acqua rilasciata dalle carni del polpo vanno poi aggiunti dell’acqua (magari non troppo fredda), fino a coprire il polpo, e del prezzemolo tagliuzzato finemente.
Lasciare cuocere a fiamma bassa per circa venti minuti, fino al restringimento del “sugo” di cottura.
La cottura è ultimata quando le carni del polpo sono tenere al punto di essere facilmente infilzate dalle punte di una forchetta. Se occorre, salare a piacere quanto basta.
Servire in tavola il polpo tagliuzzato a seconda del proprio gusto o secondo quello dei convitati, dopo averlo irrorato di olio extravergine di oliva e salato nel caso in cui non si sia mai aggiunto del sale in precedenza.
Può risultare interessante e gradevole al palato assecondare la croccantezza delle carni del polpo, accompagnandola con delle fette di pane di grano duro calde appena bruscate e, perché no, leggermente irrorate con un buon olio extravergine di oliva locale.
GIORGIO CORATI
Nota[1]
“PESCI, PESCATORI, PESCIVENDOLI E CONSUMATORI” DI GIORGIO CORATI – Polpo fiction
