LA TEMPERANZA

di CARLO ALBERTO FALZETTI

“Noi non possediamo niente al mondo perché il caso ha il potere di toglierci tutto”.

La Necessità ( “tutto ciò che accade”, ovvero il decreto inesorabile degli dei, α҆ναγκή) esercita una forza che trasforma gli uomini in cose. Nessuno sfugge a questo potere, nemmeno chi si illude di essere forte  e per questo invade o distrugge vite innocenti o pensa di dominare sugli altri quale Signore della Forza. Anch’egli dovrà patire: tanto il persecutore quanto la vittima. Tutta la storia dell’uomo è sottoposta alla spietata legge della Necessità che rende illusoria la libertà.

Simone Weil, la fragile Simone, è la vox clamantis in deserto il cui appello ancora oggi, in questo nostro confuso mondo penetra nelle nostre sorde orecchie.

Tutto questo è stato scritto nell’Iliade. Prima opera letteraria nel tempo ma anche prima opera sulla miseria umana sottoposta alla forza della Necessità.

Negli anni quaranta del secolo passato  Simone presentava l’Iliade in una veste del tutto differente dalla tradizionale opera letteraria, esaltandone il suo eccezionale valore spirituale.

Doveva essere una donna, fragile nel corpo quanto possente nell’intelletto, a fornirci lo strumento interpretativo del mondo. L’Iliade è il poema della forza e delle sue conseguenze. La violenza schiaccia ciò che tocca unendo in uno stesso destino carnefici e vittime, tutti fratelli vinti, tutti devastati dalla stessa miseria, tutti colpevoli di cecità.

La guerra di Troia ha un percorso pendolare. “Il vincitore del momento si sente invincibile, anche se qualche ora prima ha conosciuto la disfatta”. Il vincitore vuole tutto come bottino “tutti i palazzi, tutti i templi e le case in cenere, tutte le donne e tutti i bambini come schiavi, tutti gli uomini come cadaveri”. Ma il vincitore dimentica un dettaglio: non tutto è in suo potere, anzi, alla fine, è la Necessità ad avere la meglio.

Il destino, il cieco destino, stabilisce una sorta di cieca giustizia: una implacabile legge del taglione.” Ares è imparziale, e uccide chi ha ucciso”(Iliade,XVIII,309).

Solo chi è protetto dal volgare scudo della menzogna può illudersi di non patire la forza!

Ettore, l’eroe indomito, che ha gettato terrore nel campo avversario si ritrova completamente solo di fronte alle mura e sente avvicinarsi la morte. Ferito implora una vana supplica:” ti prego per la tua vita, per i ginocchi, per i tuoi genitori..”(Iliade,XXII,338).Ma Achille non vuole solo uccidere, vuole dannare Ettore senza alcuna pietà. Come nessuna pietà ha verso Priamo: “e standogli accanto, strinse tra le sue mani i ginocchi di Achille baciò quella mano tremenda, omicida, che molti figli gli uccise…..a lungo ranicchiandosi ai piedi di Achille (Iliade, XXIV,477-479 e 507-512). La forza inebria, ha lo stesso potere che ha la fame estrema . Ma nessuno può dire di possedere la forza veramente. Achille sarà sottoposto alla schiacciante Nemesi: “niente per me vale la vita…..ma la vita d’un uomo, perché torni indietro, rapir non la puoi e nemmeno afferrare(Iliade, IX,401e 408). Un vecchio re è umiliato in modo devastante di fronte ad un ardente giovane ma presto quel giovane rinnegherà la sua tracotanza. Nell’Odissea l’anima del guerriero esprimerà tutto il suo terribile rimpianto: meglio essere umile servo d’un umile individuo ma vivo che essere qui nel regno dei morti!

La Necessità esiste e non potrà mai essere dissolta. Tuttavia, esiste una possibilità.

E’ possibile sbrogliare il “grande segreto”. Sottoposti allo schiacciante dominio della Necessità l’uomo ha la possibilità di evitare, non la forza, ma l’adorazione di essa.

Adorare la forza significa servirla attraverso la tracotanza, la tentazione dell’eccesso, la volontà di superare il limite. Adorare la forza significa assumere la forza come modo di vita.

L’insegnamento che ci fornisce Simone è quello della grande tradizione greca che si è trasmesso in Occidente attraverso la scoperta che a nulla vale credere e morire per una credenza ideologica, per un insano fondamentalismo, per l’insulso fanatismo .Ciò che vale è il sapere, non il credere (si pensi al credere indiscusso delle religioni, al credere fanatico dei regimi totalitari, nazisti, fascisti, comunisti).

Solo attraverso la conoscenza si comprende la giusta via (il notissimo intellettualismo di Socrate). E’ inutile adorare la forza nella illusione di imitare la stessa attraverso il superamento del limite, attraverso l’esercizio continuo della tracotanza, della bovina intolleranza verso le altrui opinioni, declinando in ogni momento un passionale  fanatismo. E’ l’impero dell’”io” che deve essere frenato. L’egoità, l’appropriazione(traduce il termine tedesco Eigenschaft) divide gli esseri gli uni dagli altri (il termine di Weil è la pesanteur che fornisce molto bene il peso che la forza esercita sull’animo umano).

Dunque, esiste una possibilità di uscire dalla foltissima schiera degli adoratori della forza. Ma quanti potrebbero farsi convincere dal potere della conoscenza?

Inoltre, a rendere più ardua questa possibilità liberatoria si pone il fatto che tutto questo sforzo ha un suo costo. Si perviene, difatti, alla conoscenza non sempre in modo indolore. Il coro dell’Agamennone lo stabilisce: “le vie della saggezza Zeus aprì ai mortali, facendo valere la legge che sapere è soffrire (πάϑει  μάϑος)”.

Volgendo lo sguardo al presente, ai nostri avvenimenti più recenti, potremmo trarre alcune considerazioni.

Il limite, la misura, l’equilibrio hanno nel nostro mondo odierno una valenza del tutto presente solo nel mondo della “tecnica”. “Noi siamo geometri soltanto davanti alla materia; i Greci furono geometri innanzitutto nell’apprendimento delle virtù”.

L’Occidente attuale è contaminato dall’adorazione della forza. La volontà di appropriazione  caratterizza il consumatore educato ad uno sfrenato eccesso di desiderio (il Natale che si avvicina lo dimostra). Ma, come detto tante altre volte, nessuno si illuda che con il termine Occidente si intenda uno spazio geografico. Occidente è un luogo culturale, il luogo ove vige la legge consumistica e ciò va ben oltre l’Occidente come luogo geografico (chiunque voglia criticare l’Occidente deve onestamente accettare questo avendo sotto gli occhi la Russia, la Cina, l’India). Il mondo islamico in quanto tale è anch’esso fortemente contaminato dall’adorazione della forza. Il suo travalicare il limite si colloca nel drammatico fanatismo religioso che si pone come il vero unico sistema al quale è possibile applicare la definizione di patriarcato totale (si pensi al dramma infinito delle donne iraniane, delle studentesse afghane, della sottomissione falsamente proclamata come “fatto culturale” nonostante non vi sia consenso o questo sia dovuto  unicamente al terrore della trasgressione).

Ciò che abbiamo perso è la saggezza d’un tempo ( σωψροσύνη, temperanza), saggezza che significava l’opposto della adorazione della forza. Significava accettare la Necessità come qualcosa di ineluttabile (amor fati)  ma che poteva essere combattuta con il dovuto “distacco” limitando l’esuberanza dell’io, la sua carica di appropriazione. Soltanto “conoscendo” che ognuno di noi non è solo “ego psicologico” possiamo sperare di avere qualcosa che è comune a tutti, che ci rende fratelli (libertè, egalitè ma il dramma è la fraternitè!). Adorare la forza ci espone a quella drammatica legge che l’Iliade ha descritto in modo meraviglioso (è doveroso accennare che induismo e buddhismo hanno espresso le stesse considerazioni sulle quali spero, un giorno, di soffermarmi) .

Conoscere non è credere (credere ad una religione, ad una ideologia, ad una passione egoistica, ad un idea politica)!

Potremmo sintetizzare tutto il nostro discorso ricorrendo alla saggezza delfica: niente di troppo (μηδήν άγαν).

E’ attraverso questo monito apollineo che  potremmo giudicare i fatti del momento!

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Dal 1936 al 1943 Simone Weil lavorò attraverso saggi, appunti, abbozzi  sul tema della civiltà greca. In italiano, per Adelphi, sono raccolti questi suoi pensieri con il titolo emblematico: “La rivelazione greca”.

L’Iliade non è solo un testo scolastico. Se la Bibbia (nel senso di A.T.) rivela a chi vuol credere la parola di un Dio “totalmente Altro” (cristiani, ebrei, islamici), Omero rivela a tutti la parola come Logos totalmente interiore!

 CARLO ALBERTO FALZETTI

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