Il 17 novembre 1938: il fascismo emana la legge razziale fondamentale
di GIORGIO GARGIULLO ♦
Tra il 1936 e il 1937 il fascismo “scopre” l’antisemitismo. La politica razziale che da tempo veniva praticata nelle colonie italiane nei confronti degli africani ed in particolare dei neri considerati esseri inferiori si “arricchisce” dei primi episodi di propaganda antiebraica.
Nel 1937 il fascismo permise la pubblicazione del libro di Paolo Orano dal titolo “ Gli ebrei in Italia”. Sempre nello stesso anno Giovanni Preziosi ristampa i “Protocolli dei savi anziani di Sion” con la prefazione di Julius Evola. Due feroci antisemiti che propongono questo “documento” storicamente falso, sui presunti propositi degli ebrei di conquistare il mondo distruggendo la società cristiana e occidentale. Di fatto, con queste due iniziative, ebbe inizio la campagna contro gli ebrei in Italia.
Nella stampa di regime si apre una gara per mettere in cattiva luce gli ebrei e il 14 luglio 1938 su “Il giornale d’Italia” viene pubblicato il “Manifesto della razza” una specie di decalogo del razzismo firmato da “studiosi” di antropologia. Secondo il “Manifesto” le razze umane esistono, esiste una gerarchia tra le razze e gli ebrei non fanno parte della razza italiana ma una razza a se, denominata “ariana mediterranea”. Di fatto fu la copertura pseudo-scientifica ad un piano politico che Mussolini intese realizzare per allineare il regime alle nefandezze razziali Hitleriane.
In agosto di impose un censimento della popolazione ebraica ma la politica del regime, anche se odiosa, è comunque indolore. Si sta spargendo il veleno dell’antisemitismo, si stanno contando e stigmatizzando gli ebrei, ma non ci sono al momento, conseguenze pratiche. Gli stessi ebrei credono che si tratti di una fase passeggera che verrà presto dimenticata. Un intellettuale ebreo, Vittorio Foa, all’epoca detenuto a Regina Coeli perché antifascista e successivamente recluso nel Bagno Penale di Civitavecchia, in una lettera ai familiari commentò: ”tutto ciò è assurdo, contradditorio, quasi ridicolo”.
Purtroppo la situazione non fu né assurda, né ridicola ma presto divenne drammatica. Il 5 agosto uscì il primo numero del settimanale “ La Difesa della razza” che divenne il più noto dei periodici dedicati al razzismo e all’antisemitismo. Il settimanale venne finanziato direttamente dal Governo; direttore Telesio Interlandi e segretario di redazione Giorgio Almirante, quell’Almirante al quale qualcuno oggi si vorrebbero dedicare strade e piazze. L’obbiettivo del settimanale fu quello di propinare all’opinione pubblica tra l’altro l’idea che gli “ariani” sono razza superiore ed ogni commistione con “razze inferiori porta al decadimento degli ariani stessi” e che gli africani “sono in uno stadio intermedio tra gli uomini e le scimmie”.
Presto dalla teoria si passa alla pratica: il 5 settembre il regio decreto legge n° 1390 intitolato “ Provvedimenti per la difesa della razza nella scuola fascista”, firmato dal Ministro della Educazione nazionale Giuseppe Bottai rappresentò per gli ebrei un primo, terribile colpo. Con quel decreto centinaia di docenti e migliaia di studenti vennero espulsi dalle scuole statali solo per la “colpa” di essere ebrei.
Il passo successivo fu la delibera “Dichiarazione della razza” approvata dal Gran Consiglio del Fascismo nella riunione del 6 e 7 ottobre. Il Gran Consiglio fu una specie di parlamento fascista presieduto da Mussolini di cui fanno parte i maggiori esponenti del partito. La “Dichiarazione” non ebbe alcun valore legale ma preannunciò provvedimenti che verranno presto adottati dal Governo con appositi decreti legge. Insomma le linee guida delle leggi razziali valide per tutto l’Impero.
Il 17 novembre 1938, esattamente 85 anni fa venne emanato il Regio Decreto Legge n° 1728 dal titolo “Provvedimenti per la difesa della razza italiana “ che recepisce per intero il deliberato del Gran Consiglio che di fatto , anche con successivi altri decreti e regolamenti mirano ad escludere gli ebrei da ogni attività pubblica. Dalle forze armate alle attività professionali, nel pubblico impiego gli ebrei vengono espulsi per “arianizzare“ l’Italia.
L’insieme delle leggi razziali produssero effetti drammatici: tra i giovani espulsi dalla scuola – molto commoventi sono i ricordi della senatrice Liliana Segre che all’età di 7 anni venne cacciata dalla sua scuola – ma anche tra intere famiglie messe sul lastrico per la perdita del proprio lavoro. Insomma il provvedimento legislativo finalizzato a fare, in ogni campo gli ebrei cittadini emarginati e privi di diritti.
La campagna venne gestita dal Ministero degli Interni attraverso un ufficio denominato “Divisione Generale per la Demografia e la Razza“ maglio conosciuto come “Demorazza”.
Tutte le leggi vennero firmate dal Capo dello Stato il Re Vittorio Emanuele III il quale non si oppose mai a questa vergogna.
Per tutto il periodo bellico la condizione degli ebrei non cambiò; la discriminazione razziale continuò a produrre effetti pesanti. Ma fu dopo l’8 settembre 1943 che la situazione precipitò. Infatti dopo l’armistizio di Badoglio vi fu l’occupazione tedesca dell’Italia a la nascita della repubblica fascista di Salò con Mussolini capo del Governo fantoccio. Fascisti e nazisti diedero il via alla caccia all’ebreo e quelli che venivano catturati vennero inviati nei lager nazisti.
Il 14 novembre 1943 si tenne a Verona il primo e anche ultimo congresso Nazionale del Partito Fascista Repubblicano. Il congresso si concluse con l’approvazione del Manifesto di Verona, un programma di diciotto punti stilato personalmente da Mussolini. Al punto sette dichiara ”gli ebrei sono stranieri. Durante questa guerra essi appartengono ad una nazione nemica e come tali vanno sterminati”. Un vero e proprio salto di “qualità” che uniforma il fascismo al nazismo. Un passaggio fondamentale: dalla negazione dei diritti alla persecuzione delle vite.
I risultati li conosciamo: migliaia di ebrei italiani inviati nei lager da cui la maggior parte non fecero più ritorno.
GIORGIO GARGIULLO
- Immagine di copertina tratta da Wikipedia.
Alla base del razzismo c’è solo una motivazione accanto a tante altre di secondaria importanza: il terrore di perdere potere, il terrore di essere declassati, di perdere privilegi.
Opporsi al razzismo però non significa praticare l’assimilazione o l’integrazione che in pratica significa: “tu sei o puoi essere come noi, adeguati e diverrai dei nostri”.
Significa rispettare l’alterità.
Ma, ad una condizione: che questo rispetto non significhi andar contro le leggi del Paese che accoglie, non significhi il venir meno della cultura e dei diritti del Paese in cui si dimora(non si può fare qualcosa perchè se no si offende l’altro!).
E’ un bilanciamento non facile che può significare una qualche rinuncia alla identità originaria da ambo le parti.
Ma se il fenomeno non è regolato con equità e razionalità allora questa incuria diventa energia cinetica che alimenta i movimenti di destra.
Sottovalutare significa dare sostegno, energia ai movimenti che temono solo di perdere posizioni.
Carlo Alberto
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