RUBRICA “BENI COMUNI”, 51. LA REGOLA DELLE «CINQUE WH-»

di FRANCESCO CORRENTI

Proseguendo nel criterio di tornare su alcune questioni che furono oggetto di discussioni e interpretazioni contrastanti, in buona o in mala fede, riprendo un argomento già trattato sulla stampa di Civitavecchia nei primi mesi del 2007 e puntualizzato con una argomentata risposta il 5 marzo di quell’anno. Ecco la mia replica alle critiche apparse su un quotidiano.

Una famosa norma del giornalismo anglosassone – la regola delle «cinque wh-» – vuole che un articolo (ma anche qualunque testo informativo) è ben fatto ed è efficace se informa con chiarezza su che cosa è accaduto (what?), quando (when?), dove (where?), a chi (who?) e perché (why?). Si può variare l’ordine delle informazioni, ma non ometterne qualcuna.

Ho cercato di leggere attraverso questa regola le dichiarazioni fatte a Pino Maggi dal presidente della Associazione nautica ”Quattro venti”, pubblicate su “Il Messaggero” di domenica 4 marzo u.s. Riprendendole testualmente, proverò, con lo stesso metodo e con poche considerazioni intuitive, a fornire i necessari chiarimenti al cittadino che ha letto quelle dichiarazioni per capire i motivi misteriosi – per non dire “fin troppo evidenti”, come lascia pensare la frase «nel nostro ambiente non girano grosse somme di denaro o grossi capitali» (un sospetto sui dipendenti pubblici non guasta mai e in genere non porta conseguenze) – per cui certi uffici comunali (la solita «urbanistica») si permette comportamenti «dai contorni a dir poco assurdi». Rispondendo alla domanda «L’approdo allo scalo Matteuzzi s’ha da fare?»

Cosa: L’associazione “Quattro venti”, nata nel 1997, divenuta consorzio nel 2000 e formata da 350 piccoli pescatori o pensionati, chiede di realizzare in area demaniale costiera un porticciolo per meno di 50 piccole barche. In realtà, il progetto del settembre 2005 prevede una struttura approssimativamente circolare – con scogliere, diga foranea, moli e banchine, uffici, torre di controllo, servizi e parcheggi – del diametro di oltre 300 metri e con una capienza di 290 posti barca tra i sei e i dieci metri (ma, se ben ricordo, vi è un altro progetto da 380 posti). Per dare un’idea: se tutti i cittadini di Civitavecchia (penso che ve ne siano molti altri «disposti a scendere in piazza per rivendicare i loro diritti») si riunissero in gruppi di 350 persone per chiedere la stessa concessione, occorrerebbe realizzare 140 porticcioli, occupando un fronte a mare di 42 chilometri.

Quando: Non è esatto che il progetto sia stato ritenuto dall’urbanistica irrealizzabile, né risponde allo stato degli atti che l’associazione abbia adempiuto alle prescrizioni, presentando anche il progetto esecutivo. Intanto, il progetto, molto semplicemente, è in contrasto con il vigente PRG. Poi le prescrizioni riguardavano, oltre ai più generali problemi di impatto ambientale di una struttura di quelle dimensioni sulla costa cittadina e sulla retrostante zona residenziale del Borgo Odescalchi (decisamente mal servita dalla viabilità), quelli specifici della occlusione della foce del Fosso di Zampa d’Agnello e Infernaccio (uno dei fossi maggiormente a rischio, per la sua situazione orografica) e il problema, irrisolto e non risolvibile, dello svincolo con la statale Aurelia.

Dove: Se rispondiamo a questa domanda, troviamo immediatamente la prima soluzione al nostro “giallo”. L’equivoco in cui, purtroppo, si muovono le considerazioni del presidente dell’associazione è proprio nel non porsi il problema del “dove” l’associazione stessa ha pensato di realizzare il suo porticciolo. Normalmente, chiunque debba realizzare una trasformazione del territorio – come la legge definisce ogni tipo di intervento urbanistico ed edilizio – verifica preliminarmente le previsioni del PRG vigente. Ebbene, il PRG non prevede che sulla costa di Borgo Odescalchi si realizzino strutture per la nautica. Per farle, occorre una articolata istruttoria da parte di vari enti (appunto quella cui è stato sottoposto il progetto attraverso le conferenze dei servizi), il consenso del Consiglio comunale (ancora di là da venire) sulla iniziativa, sulla sua valenza pubblica, sulla opportunità ambientale, storica e urbanistica, e quindi l’adozione di una apposita variante al PRG, da sottoporre alla Regione, in forma normale o attraverso un accordo di programma. Una procedura che per essere avviata, deve vedere risolti i problemi a monte, ossia quelli accennati, dalla valutazione delle conseguenze sull’assetto costiero e sulla erosione marina, fino alla sicurezza per il traffico di ingresso e uscita della città di un ulteriore allaccio per un traffico di auto, imbarcazioni e persone: chi non ha presente la situazione dello stretto e pericolosissimo tratto dell’Aurelia tra l’accesso a Campo dell’Oro e la biforcazione per Via Castronovo e il Ponte delle Quattro Porte? chi potrebbe seriamente e consapevolmente pensare lì ad uno svincolo “a raso” per accedere ad un marina da 290-380 posti-barca?

Chi: Per quanto riguarda il progetto delle tre palazzine e di una villa da realizzare «in quello stesso posto», già questa affermazione non è verosimile, dato che la Società Lido ha presentato un progetto su area di sua proprietà, all’interno della zona di Borgo Odescalchi. Forse qui è la seconda soluzione del mistero: questa zona, nel PRG vigente, non è destinata – lo ripeto – ad alcun tipo di infrastruttura nautica, ma è destinata, invece, in piena coerenza con la realtà urbana, a “zona residenziale di tipo edilizio D”, appunto a villini e palazzine, con una fascia sul mare destinata a “zona balneare”. Le due palazzine a due piani su pilotis e il villino a tre piani prevedono un volume di 3116 metri cubi, conformemente agli indici del piano, con un totale di 7 unità abitative. Considerando una media di tre abitanti ad alloggio, si tratta di un insediamento di circa 21-25 persone, tutti compresi, anche qualche badante. Un impatto decisamente diverso da quello delle 350 persone oneste, piccoli pescatori o pensionati, che con le loro famiglie, le loro auto e traini e gli amici che vanno a trovarli sulla barca, diventano probabilmente ben più di milleduecento, millecinquecento utenti, in un quartiere tipicamente destinato ad una edilizia residenziale estensiva.

Perché: È l’ultima domanda e sono io a porla: perché si vogliono confondere cose diverse, una complessa e problematica procedura di variante urbanistica al PRG, che comporta scelte e soluzioni tecnico-urbanistiche, ambientali, organizzative e politiche, con una semplice domanda di permesso a costruire che, indipendentemente da aspetti specifici o verifiche tecniche ed estetiche, è tranquillamente conforme al PRG? Perché poi e perché mai le palazzine sarebbero alternative al progetto del marina? Perché queste inutili forme di disinformazione che ingannano se stessi e gli altri? Avrebbe detto un tempo l’ex pm Antonio Di Pietro: ma che c’azzecca?

FRANCESCO CORRENTI


A corredo del mio articolo del 5 marzo 2007, ho piacere di trascrivere qui la chiara presa di posizione, pubblicata il successivo 9 maggio, a sgombrare dubbi ed equivoci dovuti a vari atteggiamenti “ondivaghi” (la forza del mare…) riscontrati in quel periodo.

Porro. Gli amici del diporto locale: Basta con le favole degli approdi

“Civitavecchia deve essere una città di mare e non una città sul mare”. Questo lo slogan espresso dal candidato sindaco de L’Unione Nicola Porro, in relazione alla prospettive di sviluppo e di rilancio del legame tra la città ed il mare. Uno slogan fortemente condiviso da gli amici del diporto locale, candidati al consiglio comunale per Porro Sindaco, Roberto Bonomi per il Prc, Enrico Ceccarelli per la Margherita, Enrico Novello e Franco Capolonghi per la Lista Porro e Massimo Tassarotti per il PDCI che stigmatizzano i due nuovi approdi di cui si favoleggia in città specificandone le problematiche. Riguardo lo scalo Matteuzzi, sostengono che sia incagliato in una viabilità problematica, mentre l’approdo previsto nei pressi della centrale di Torre Nord risulta alquanto ridimensionato, mentre la promessa di centinaia di posti barca da realizzare nella zona della Frasca appare più che altro strumentale alla costruzione di fantasmagorici terminal portuali. Opere – concludono – che invaderebbero uno dei pochi tratti di costa ad alto valore ambientale rimasto e che in definitiva hanno remote probabilità di essere realizzati.

FRANCESCO CORRENTI

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