RUBRICA “BENI COMUNI”, 45. DAL BAIOCCO AL DOLLARO, A CIVITAVECCHIA, NON È TUTTORA QUEL CHE SUL MARE LUCCICA
di FRANCESCO CORRENTI ♦
Questa puntata della rubrica vuole rappresentare una breve pausa per quanto riguarda le idee, le proposte che riguardano beni comuni e che possono essere di stimolo e agevolazione per interventi migliorativi e di innovazioni che abbiano un interesse al tempo stesso culturale e di maggiore utilizzazione di spazi come sono appunto i parchi pubblici, in cui ultimamente si sono avute alcune modifiche rispetto a quelli che erano stati i progetti originali, finalmente presi in considerazione, a quanto pare.
L’argomento che ho voluto scegliere è stato in buona parte stimolato da una serie di volumi che mi guardano (tu credi in silenzio) quando passo (è un continuo) nel corridoio dello studio dov’è lo scaffale destinato all’Etruria, alla Tuscia ed ai centri urbani di quel territorio ed in modo particolare, per non dire anomalo, esagerato, esorbitante, a Civitavecchia, dato che in quasi sessant’anni di frequentazione i libri e le pubblicazioni su quell’argomento sono indubbiamente tante, numerose, diverse. Parlando poi, ora, di quel gruppetto di libri che si distinguono tra quegli altri, per il formato, l’aspetto della legatura, pure i titoli, e certo per l’argomento e per le immagini, di notevole interesse estetico, essendo spesso piccole sculture di ambienti architettonici, scenografie urbane, di valore (artistico e culturale e storico) che alcuni autori specialisti, numismatici di valore (scientifico, dottrinario, accademico) ma altresì collezionisti di oggetti ricchi proprio di valore intrinseco (economico, venale, commerciale). Si tratta sia della produzione di monete pontificie celebrative, che furono emesse per celebrare appunto la realizzazione di nuove opere da parte dei pontefici regnanti, sia di quelle che sono state prodotte a Civitavecchia (ed è un più limitato gruppo di pezzi meno appariscenti), che insomma sono state coniate proprio nella Zecca di Civitavecchia.
Ho giocato un po’ sul tema, per giungere a citare una moneta ben nota, che non è stata coniate a Civitavecchia, che non riguarda l’inaugurazione di grandi opere papaline, e tuttavia evoca, ricorda, è stato il nome di uno di quegli spazi… chiamiamoli “aperti al pubblico” (ma con ferree, rigorose limitazioni), che sono esistiti a Civitavecchia fino a un certo giorno, per un certo tempo, forse da sempre, se storicamente risaliamo agli antichi empori in terra etrusca con fondachi e santuari e sacerdotesse, frequentati da marinai e mercanti etruschi e fenici, punici o cartaginesi, greci, in seguito romani e da lontane regioni dell’Egeo, al di là dell’Ellesponto, d’oltre le Colonne d’Eracle e così via navigando e magari approdando, per rendere omaggio, celebrare il culto, offrire un tributo alla dea… E poi improvvisamente interrotti nell’anno del Signore 1958 (da non confondere con “quelle Signore” con cui si definivano con disprezzo le ragazze ospiti) grazie all’iniziativa – non più rinviabile, nonostante i mille dibattiti e le infinite opinioni – della coraggiosa quanto veramente onorevole rappresentante delle donne italiane e degli uomini italiani, la socialista Lina Merlin.
Tornando al titolo e al nome delle monete evocate, si tratta di un nome noto e di cui io ho sentito parlare giungendo a Civitavecchia per il mio lavoro, ma era cosa passata, di cui rimanevano labili indizi dato che l’argomento non è stato trattato in modo esplicito da nessuno dei grandi storici locali, quegli “storiografi municipali” – come li chiamo io – e stranamente, ne parlano invece due religiosi, due sacerdoti, due frati appartenenti allo stesso ordine, quello dei Predicatori di San Domenico da Guzmán, i dotti domenicani del Convento di Santa Maria. Per primo, il nostro peraltro amato e brillante padre Jean-Baptiste Labat, JBL, che ci parla schiettamente (ma con una certa cattiveria preconcetta) delle «Donne dissolute» praticanti quell’antico mestiere in alcune case di Processionopolis. Poi, in tempi ancora definibili “contemporanei”, ce ne parla il padre Ennio Staid (Civitavecchia 30 luglio 1930-Terranova Bracciolini, AR, 24 maggio 2023), con cui abbiamo avuto il piacere di conversare a lungo ad ottobre del 1997, quando – devo dire che eravamo in un periodo particolarmente sereno e con molto ottimismo dentro di noi, proiettati a realizzare nuove opere per il Grande Giubileo dell’Anno 2000, quasi come ai tempi delle monete pontificie) – la “nostra” Associazione Archeologica Centumcellae ha pubblicato il suo “esplicito” Civitavecchia. Tra quelle case accanto (Via Montegrappa), con la presentazione e le didascalie di Ugo Marzi, alcune illustrazioni di Ennio Galice e tre prefazioni cittadine: quelle del Sindaco Pietro Tidei, del Presidente Onorario dell’Associazione Fabrizio Pirani, del Presidente della stessa Antonio Maffei. Padre Staid era cresciuto nell’abitazione dei genitori, posta proprio “tra quelle case accanto”, in Via Montegrappa, giusto in mezzo a due di “quelle” case, caratterizzate dal fatto che le loro finestre erano ben serrate dalle persiane. E qui qualcuno, troppo giovane, ha equivocato su quella denominazione e su quale fosse stata la loro chiusura. Il loro nome era quello che avevano quando erano aperte ma chiuse (all’introspezione) e non gli era stato dato dopo, quando erano state chiuse per essere “aperte”. Poi, certo, c’era il nome più comune, ma da non utilizzare in pubblico, se non metaforicamente in certi contesti: «Hai sentito di quella storia? Che casino!» Come c’erano i nomi antichi, latini e romani, pompeiani, quelli ecclesiastici, quelli colti, quelli volgari…
Giochi di parole, strani residui del passato, che ho voluto riassumere – senza diretti riferimenti, con il dovuto pudore da “Spazio libero ma con garbo” – nelle immagini dell’illustrazione allegata, che documenta quanto di notevole abbiamo ritrovato, ripristinando l’antica porta Livorno, quella porta da cui entravano tutti quelli che arrivavano a Civitavecchia, che poi era quella da cui uscivano tutti quelli che partivano da Civitavecchia.
Una breve annotazione conclusiva, devo farla a proposito della data di chiusura, cioè di apertura, insomma, di entrata in vigore della Legge Merlin, che fu il 20 settembre 1958 – una data coincidente con quella di annessione al Regno d’Italia dello Stato Pontificio, e che fu tale ovunque, in tutto il territorio nazionale, e quindi anche a Civitavecchia e che non fu anticipata al 16 settembre (la nostra Via XVI Settembre) come per l’altra volta!

FRANCESCO CORRENTI
