UNA RIFLESSIONE SULLE BASI CULTURALI DELL’ECOLOGIA INTEGRATA
di CARLO ALBERTO FALZETTI ♦

La lettura del saggio “Nessi e Connessi”mi sollecita nel tentare qualche riflessione sul tema trattato in modo esaustivo e chiaro dalle due autrici Annalisa Corrado e Rossella Muroni
La Natura non è una semplice cornice, uno sfondo, all’interno del quale le azioni umane si svolgono. L’uomo è parte della Natura e tutti i suoi elementi sono interconnessi. La visione “olistica”non è concetto recente. La si rintraccia nel neoplatonismo, nella “Natura naturata” di Spinoza, nell’Anima Mundi, in Bruno. Ma anche(limitatamente al rispetto) nella grande tradizione francescana (e della enciclica Laudato sì).
Esiste un equilibrio prevedibile nella biosfera rintracciabile nella ciclicità del tempo siderale, nei movimenti planetari e, dunque, nell’alternarsi della luce e della notte, nelle stagioni. Tutto questo permette l’espletarsi della vita basata sulla regolarità dei fenomeni, sulla ciclicità del tempo, sulla prevedibilità.
Ma l’interconnessione fra i vari elementi conduce anche ad una stretta dipendenza di ogni fenomeno che accade dalle” condizioni iniziali”. Questo principio espresso da Lorenz e poi chiarito da Touring esprime il fatto che lievi variazioni iniziali possano nel tempo condurre ad effetti macroscopici (il notissimo effetto farfalla). Dunque, esiste all’interno dell’equilibrio biosferico la possibilità del disordine.
L’equilibrio che ci permette la vita è minacciato in ogni momento da una propensione verso il caos, verso il disordine. In altri termini, i processi che accadono non sono “lineari”(dunque facilmente esprimibili attraverso equazioni lineari),non sono deterministici (dunque sono probabilistici), non sono statici (dunque, dinamici).
Il “Paradigma della Ecologia Integrata”mira ad evitare la visione parziale, a considerare il pianeta come “la casa comune”, a pensare che l’equilibrio è sempre minacciato da uno squilibrio, ad evitare sempre il fallace “riduzionismo”, ad affrontare i problemi in termini di complessità (un sistema non è mai riducibile alla somma dei suoi aggregati).
Senza una visione di insieme, olistica, sistemica siamo destinati a cedere il passo all’”entropia”, al dissolvimento, alla dissipazione, al prevalere del caos rispetto all’ordine(Bertalanffy).
L’interconnessione conduce così all’esigenza di disporre di una cultura ecologica integrata. Questo significa che la conoscenza dell’uomo non può più essere affidata al solo “raziocinio”(analisi spinta fino alla super specializzazione), ma l’uomo conosce anche attraverso l’integrazione dei saperi (come ci ha insegnato la vicenda Covid), attraverso il sentimento, la memoria storica, l’emozione, soprattutto la relazionalità fra gli esseri.
Che fare, allora, a fronte di un equilibrio minacciato? (Chaos contro cosmos).
La transizione ecologica è la sola alternativa alla possibile deriva entropica.
Ma un passaggio epocale come questo significa il superamento e la rimozione di ostacoli culturali oggi immensi.
Vorrei esporre due ostacoli il cui superamento è fondamentale. Ma ci si accorgerà che non bastano per questo incontri internazionali, accordi firmati, encicliche mirabili come quella di Francesco, articoli e libri interessanti .
Il primo ostacolo è il macigno che ricorda la dannazione di Sisifo.
Si tratta di uno sforzo che sembra destinato alla continua ripetizione di esso : contrastare e superare il principio che il mercato sia il “luogo della verità”!
Per procedere lungo questo impervio tracciato si deve partire da un mito moderno : l’antropologia dell’uomo come homo homini lupus ( Hobbes) , ovvero pensare il consorzio umano come polemos, la vita come naturale lotta, l’uomo come essere insocievole che solo un artificiale “contratto sociale” può riuscire a porre sotto controllo. Teoria, questa, che dissolve la socialità naturale dell’uomo (Aristotele: uomo come “naturale” uomo politico e sociale).
Conseguenza di questo mito è il concetto di economia come agone sostitutivo della guerra , lotta per assicurare il migliore, regno dei mezzi efficienti al di là delle conseguenze etiche, valoriali. L’economia vista come sola efficienza allocativa , dominio dello scambio di equivalenti (il contratto) e, dunque, lasciata in pace di agire, senza ostacoli “valoriali”.
La politica, si dice, deve fissare i fini da perseguire ma sarà l’economia a stabilire , essa sola, come raggiungere quei fini. Il mercato è l’anfiteatro dove gli “animal spirits” sono liberi di estrinsecarsi.
Comprendiamo bene, allora, che cosa significa tutto questo sulla nostra biosfera!
Aiutata dalla tecnologia trionfante l’economia è riuscita, oggi, ad inglobare anche i fini oltre che i mezzi. E’ l’economia, ora, a stabilire i fini da perseguire e non solo i mezzi: padrona dell’efficienza è ora padrona anche dell’efficacia (Heidegger, Galimberti).
Ma è possibile un pensiero alternativo a questo?
Forse.
In linea teorica certo. In linea pratica l’ottimismo della volontà dovrebbe far aggio sul pessimismo della ragione.
In linea teorica come accennato, l’epidemia Covid ci ha insegnato il superamento del “riduzionismo”, grazie anche al superamento, da parte degli scienziati, dello “scientismo” (l’idea che le fondamenta della scienza siano solide e non “falsificabili”) . Ogni sapere, dunque, necessita di essere contaminato dall’altro così come i fenomeni del mondo sono collegati in una interconnessione olistica. L’economia non può essere “lasciata sola” per agire al meglio : “effetto serra, effetto guerra”( Mastrojeni, Pasini).
In linea teorica non è il bene totale che la comunità umana deve perseguire ma il bene comune. Bene totale è la sommatoria dei beni individuali. Ma l’umano consorzio, costituito da esseri “sociali”(persone non massa, né individui economicamente motivati a massimizzare l’utile) dovrebbe poter conseguire il bene comune, quel denominatore “comune a tutti”. Un esempio aritmetico chiarisce la differenza. Il bene totale agisce secondo la logica della “sommatoria”: il totale è la somma dei singoli, non importa che uno abbia tutto e gli altri niente. Il bene comune agisce sotto la logica del prodotto: basta che uno dei fattori sia zero che si azzera l’intero prodotto (Zamagni).
Pensate per un momento a poter introdurre nel mondo contemporaneo la logica moltiplicativa rispetto all’attuale logica addittiva!!
La seconda considerazione da fare riguarda “l’etica della responsabilita” verso il prossimo, prossimo che non è solo quello vicino ma riguarda anche le future generazioni alle quali dovremmo consegnare un pianeta nello stesso modo con il quale lo abbiamo trovato (Jonas).
Un ultima considerazione frettolosa perché lo spazio non consente di andare oltre.
Attualmente esistono due principi regolativi che tutti condividono. Il principio dello scambio di equivalenti attraverso cui si regge il mondo globalizzato (il contratto che certifica il “valore di scambio” della merce).
Il secondo principio è la redistribuzione attraverso cui lo Stato (non il mercato) provvede con la fiscalità alla equità (almeno ci prova, ogni tanto, ma non oggi in Italia!).
Mercato e Stato, valore di scambio e redistribuzione. Può bastare?
Se vogliamo davvero (con l’ottimismo della volontà ) pensare alla vittoria dell’ecologia integrata la risposta è NO!
Senza un principio terzo, quello di reciprocità, non potremmo andare tanto lontano. Reciprocità significa non solo mercato, non solo Stato ma associazionismo, corpi intermedi, famiglia (allargata o come si vuole), reti di solidarietà, capitale sociale, cultura diffusa, umanismo integrale, ecologia interpretata non solo come “green”.
Tutto questo ha un nome: economia civile (non solo economia di mercato e Stato).
Ma qui mi fermo anche se il discorso sarebbe interessante e ci condurrebbe dalla gelida Scozia di Adam Smith alla grande solare stagione italiana del Settecento ( Genovesi, Verri, Filangeri, Beccaria, Romagnosi…)che abbiamo drammaticamente ignorato a favore del pensiero anglo-americano “business is business.”( Becchetti, Bruni, Zamagni).
Però, ricordiamolo sempre, c’è Nemesi, la Dea sempre pronta a realizzare la sua missione, anche se a lunga distanza!!
. . .
In termini simbolici tutto questo può essere descritto attraverso il simbolo dell’ Uroboros o attraverso lo stretto legame tra il microcosmo ed il macrocosmo .Una sapienza antica, quella dell’Anima Mundi, dissolta dal pragmatismo anglo-sassone a cui è sottoposta la nostra età.
CARLO ALBERTO FALZETTI

Giovedì 15 alle ore 17.30 nel Teatro della Fondazione Cariciv a piazza Verdi
presentiamo il libro NESSI E CONNESSI di Annalisa Corrado e Rossella Muroni che affronta i temi della crisi e della transizione ecologica.
Una riflessione stimolante soprattutto in una città come Civitavecchia che ha da decenni al centro della sua attenzione i problemi energetici e ambientali.
Contiamo sulla tua partecipazione e ti inviamo i migliori saluti
SpazioLiberoBlog
Ass. Laudato Si’

Concordo, la “redistribuzione” non basta. L’idea che la legge del mercato possa essere bilanciata dalla redistribuzione non é sufficiente a combattere l’entropia del sistema che avanza galoppando. Occorre una decisa azione negentropica che possa riportare un virtuoso equilibrio nella società, purtroppo per noi non si vede oggi chi possa incarnarla né pare che la società sia disponibile alle radicali mutazioni che sono necessarie. É già tutto molto difficile anche con governi progressisti…. figuriamoci in quest’epoca che vede crescere l’onda liberista e la destra conquistare larghe fette di potere.
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Concordo, Carlo.
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Una riflessione circostanziata sulla relazione Uomo/Natura che attracversa la storia dell’uomo e il suo più profondo e ancestrale immaginario. Come sempre ci porti nel tuo codice espressivo ed ermeneutico intriso di scienza, mito e filosofia. Anche se sembri parlare di economia… 😉Grazie Carlo. 👏👏❤️
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