“PESCI, PESCATORI, PESCIVENDOLI E CONSUMATORI” DI GIORGIO CORATI – – Tradizione e sostenibilità quali “beni di comunità”
di GIORGIO CORATI ♦
Tradizione e sostenibilità quali “beni di comunità”
Si parla sempre più spesso di eccessivo sfruttamento di specie ittiche da parte dell’attività della pesca, ma si parla molto meno di eccessi nel consumo. Tali eccessi sono riferibili a poche specie ittiche che compongono la domanda di prodotto della pesca, la quale è comunque strettamente connessa con l’offerta.

È un dato di fatto che, in molte Sub Aree Geografiche italiane (GSA) [aree geografiche di mare in cui è suddiviso il mar Mediterraneo] risultano situazioni di eccessivo sfruttamento oltre limiti biologicamente sostenibili (Mipaaf, 2022).1 La pesca si incentra specialmente su alcune specie ittiche. Le principali specie demersali catturate nel Mediterraneo occidentale [si intende compreso anche il mar Tirreno della costa nord del Lazio inserita nella GSA9] sono il nasello o merluzzo, la triglia di fango, il gambero rosso, il gambero rosa, il gambero viola e lo scampo (Reg. (UE) 2019/1022, punto 14),2 a cui possiamo aggiungere, a titolo informativo, una lista di specie indagate nell’area del mar Tirreno centrale e settentrionale e mar Ligure (Zona FAO 37.1.3.) nel periodo 2006-2016 in uno studio indagine (Maiorano, Sabatella, & Marzocchi (eds), 2019):3 si tratta di specie quali la busbana o cappellano, la pannocchia o canocchia, la sardina, l’acciuga o alice, il moscardino, il melù o potassolo, la musdea o mostella (Phyicis blennoides), il pagello fragolino, il suro o sugarello (Trachurus trachurus) e la triglia di scoglio. Inoltre, nello studio citato (Maiorano, Sabatella, & Marzocchi (eds), 2019), nel periodo 2006-2016 nella stessa area geografica marina sono risultati in sovrapesca il nasello o merluzzo, la triglia di fango, lo scampo, il gambero viola, la busbana o cappellano, la pannocchia o canocchia, la sardina, l’acciuga o alice, il melù o potassolo, la musdea o mostella (Phyicis blennoides), il pagello fragolino, il suro o sugarello (Trachurus trachurus), mentre tra le maggiori specie scartate4 dall’attività della pesca sono risultati il nasello o merluzzo, la triglia di fango, lo scampo, il gambero rosa e la sardina.
Le risorse del mare sono patrimonio di tutti e vanno salvaguardate attraverso l’uso e l’utilizzo sostenibili. La condivisione di valori e di conoscenze in merito, nonché dell’importanza che riveste la biodiversità marina delle zone costiere sono di supporto anche all’economia e alla cultura della comunità costiera locale di riferimento. Buone pratiche di consumo, inoltre, sono concretamente utili in tal senso, mosse anche dall’intenzione di promuovere, ad esempio, nuova originalità nelle preparazioni di piatti gastronomici della tradizione.
Pur ritenendo importante porre concretamente attenzione alla tradizione, rispetto alla gastronomia che si basa sul pescato non si può non seguire l’evoluzione del gusto e delle tendenze. Ciò è fattibile attraverso possibili innovazioni e trasformazioni. In tale visione, fermo restando il gusto e ciò che di tradizione e di cultura una ricetta evoca in sé, apportare delle trasformazioni di base può rendere maggiormente appetibile una ricetta gastronomica tipica sia in seno alla comunità sia per accogliere chiunque vi giunga. L’utilizzo di materie prime di qualità, la diversità nella tipologia di specie ittiche considerate e una ricomposizione delle qualità nutrizionali caratteristiche possono restituire, laddove fosse necessario, maggiore dignità e fama ai piatti della tradizione a base di pescato locale. Dunque, oltre a ridare nuova diffusione presso la ristorazione pubblica e sulle tavole delle famiglie, una possibile valorizzazione gastronomica passa attraverso anche una rivisitazione e declinazione in termini di utilizzo di pesci maggiormente versatili e gustosi. Non si tratta di stravolgere la lista degli ingredienti o delle materie usate, bensì di individuare e definire degli accorgimenti utili. In questo senso è importante una conoscenza approfondita delle materie prime e delle varie specie ittiche da cattura locale. La conoscenza della “stagionalità” di quelle specie ittiche, delle loro qualità organolettiche e nutrizionali e della loro capacità di essere sostituibili, in funzione di un utilizzo ottimale, può garantire maggiore biodiversità in mare e sostenibilità del consumo nel tempo.
Un contributo concreto alla sostenibilità è l’assunzione di una maggiore consapevolezza e responsabilità rispetto all’importanza del mantenimento di un “buono stato ecologico delle acque”5 e del mantenimento dell’equilibrio biologico delle specie ittiche sia nell’interesse comune sia nell’interesse dell’agire individuale, al fine di ridurre al massimo gli effetti negativi di un consumo alimentare che spesso ha caratteristica di insostenibilità.
Per quanto concerne il consumo di prodotti della pesca, per insostenibilità si può intendere quel comportamento caratterizzato da un eccessivo utilizzo di specie senza distinzione di tipologia alcuna, che, da un lato, contribuisce a determinare la perdita dell’equilibrio naturale o un disequilibrio tra specie, e, dall’altro, tende a negare la disponibilità in termini di tipologia, oltre alla possibilità di assicurare il mantenimento dell’equilibrio stesso tra specie e tra queste e l’ambiente naturale nel flusso del tempo.
Riguardo a modalità di consumo sostenibile, una buona buona pratica, ad esempio, è quella che privilegia specie ittiche, le cui popolazioni non sono in declino o in pericolo, minacciate o vulnerabili all’intensità di pesca, così come definite dall’Unione Mondiale per la Conservazione della Natura (IUCN). La minaccia alla capacità biologica delle popolazioni ittiche di riprodursi e di rinnovarsi nei tempi naturali deve essere motivo di ripensamento nel comportamento solito di consumo.
Dunque, maggiore consapevolezza e responsabilità consentono approcci che tendono ad assicurare la riproduzione naturale delle specie ittiche, un loro più rapido accrescimento e reclutamento ai fini dell’attività della pesca. La consapevolezza quale buona pratica di consumo può essere espressa con la scelta di specie ittiche cosiddette “minori” o meno note e di specie considerate di “scarto”, le quali possono assicurare qualità nutrizionali e organolettiche simili a quelle di specie considerate maggiormente “commerciali”, andando a sostituirle nell’utilizzo. La responsabilità quale buona pratica di consumo può essere espressa, privilegiando specie provenienti da catture locali e “pescato di stagione”, affinché le dimensioni delle popolazioni ittiche, su cui si incentra l’attività di pesca, si mantengano costanti ed entro limiti biologici di sicurezza importanti per la disponibilità del pescato. Tra le specie da privilegiare, senza dubbio, vi sono quelle che hanno un ciclo vitale naturale “breve” e quelle con taglia più che superiore alla taglia minima prevista per Legge.
GIORGIO CORATI

Bibliografia
1 Mipaaf. (2022). Programma operativo nazionale PO FEAMPA 2021-2027. Note in Tabella 1A, Obiettivo strategico2, Priorità1, Analisi SWOT, riquadro “Giustificazione (sintesi)”.
2 Regolamento europeo. (Reg. (UE) 2019/1022, punto 14). Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 giugno 2019 che istituisce un piano pluriennale per le attività di pesca che sfruttano gli stock demersali nel Mar Mediterraneo occidentale e che modifica il Reg. (UE) 508/2014. GUUE L 172 del 26 giugno 2019.
3 Maiorano P., Sabatella R.F., & Marzocchi B.M. (eds) (2019, pp.33-34). Annuario sullo stato delle risorse e sulle strutture produttive dei mari italiani. 432 pp..
4 Generalmente sono tali quelle specie non interessanti dal punto di vista commerciale o non commerciabili in quanto aventi taglia inferiore a quella minima prevista per legge oppure perché costituiti da individui non integri.
5 www. https://eur-lex.europa.eu. EUR-Lex: Strategia per l’ambiente marino. Sito web consultato il 10 maggio 2023: https://eur-lex.europa.eu/IT/legal-content/summary/strategy-for-the-marine-environment.html.