IL SEGRETO DI DANTE
di CARLO ALBERTO FALZETTI ♦
Donne ch’avete intelletto d’amore,
io vò con voi della mia donna dire….
Donne e donzelle amorose, con vui
chè non è cosa di parlarne altrui (XIX,4 e 6)
Il Nostro non parla di donne pur appellandosi alle donne!
La donna è simbolicamente l’anima nel profondo di sé. Una finzione letteraria per esprimere la cautela in un epoca che risentiva del sangue cataro sparso nelle contrade della Linguadoca e di Occitania.
In tal maniera i confratelli di una setta, a cui apparteneva Dante, tentavano il riparo. Donna come prototipo della psichè umana. E Maria , a sua volta, quale prototipo di ciascuna anima.
Vergine Madre, figlia del tuo figlio,
umile alta più che creatura,
termine fisso d’etterno consiglio….(Par. XXXIII, 1-3)
E Beatrice? E, forse lei, quella Bice Portinari figlia di Folco marritata in de’ Bardi? Ancora una volta l’allegoria prevale: Beatrice, un nome dietro cui si nasconde la Teologia, la Sophia che solo può garantire immersione nella Luce.
Disseminare falsità, ingannare gli ingenui tentando di confonderli ponendoli senza cibo nei flutti del gran mare aperto, sperare di aggirare l’ Inquisizione.
Io ho messo in galea senza biscotto
l’ingrato vulgo, e senza alcun pilota
Lasciato l’ho in mar a lui non noto (così Boccaccio riferendosi alla Vita di Dante).
Setta iniziatica, dal tono esoterico costretto ad un linguaggio segreto. I versi , in particolare di Dante, sono fatti il più delle volte per ingannare ma , soprattutto, non sono per tutti: come appare a chi lo intenda ( Vita Nuova). Tutta la grande produzione dantesca deve esser letta attraverso 4 chiavi (come per le Sacre Scritture): senso letterale (il più usato didatticamente), senso allegorico (il più abusato), senso morale (dominio clericale). Ed il quarto senso?
IL quarto è un “sovrasenso”. E’ il Segreto!
Il Segreto che si nasconde dietro il termine “anagogico”, termine, questo, che risale al neoplatonismo e che costituisce la “risalita” dal sensibile all’intellegibile, dalla terra al cielo.
Esercizio pericolosissimo quello di trovare Dio in sé. Azione mortale quella di porre di lato Santa Madre Ecclesia per trovare l’Assoluto nel profondo dell’animo trascurando i precetti, le liturgie, i sacramenti, la Tradizione, le Autorità Apostoliche.
Una Confraternita che operava fra le menti più eccelse del momento: Guido Cavalcanti, Dante, Petrarca, Cino da Pistoia…..
Ma non solo. Legami profondi riunivano la Confraternita dei Fedeli d’Amore con i trobar clus della lingua d’oc (i trovatori del XII sec.).
Ma ciò che più meraviglia è l’assonanza con il mondo del sufismo arabo (in particolare con Ibn Arabì) e con il misticismo ebraico della Kabbalah. E’ probabile che il legame con i Templari fosse più stretto di come si è supposto.
Ma che ne è rimasto di tutto ciò? Che prove, quali indizi, documenti?
Qualcosa esiste alla portata del nostro sguardo.
Firenze, via del Proconsolo, poco prima di giungere, dal lato di Santa Maria del Fiore, al Bargello.
Ecco sulla sinistra il Palazzo dell’Arte dei Giudici e dei Notai (meta certo non frequentata dal turismo attratto da obiettivi ben più notevoli).
Una parete. Un disegno : è il ritratto di Dante e quello di Boccaccio assieme ad allegorie femminili (Retorica, Teologia, Dialettica). Perché questi affreschi? Perché i notai ed i giudici in buona parte erano affiliati al Fedeli d’Amore: Cino da Pistoia, Giovanni Gherardi, Domenico da Prato….
Ma un ulteriore documento ci conduce ancor di più sulla via della Confraternita: i Documenti di Amore di Francesco da Barberino, vero manuale della setta. Un disegno colpisce: i gradi di iniziazione d’Amore. A destra e sinistra i vari gradi ed al centro un personaggio con due teste (maschio-femmina, quello che poi sarà l’androgino di Jung, animus-anima) che rappresenta alchemicamente il Rebis. La Ragione e l’Intelletto raggiungono l’armonia nella cosidetta morte del bacio che attualizza quello che nel Cantico dei Cantici (Salomone e la Sposa, la Sulamita) avviene: “mi baci con i baci della tua bocca”.
Mi fermo qui. Limitandomi a dire quanto le parole” io (Dante) ho messo in galea senza biscotto l’ingrato vulgo e senza alcun pilota lasciato l’ho in mar a lui non noto” siano ben riferibili a certi politicanti nostrani.
CARLO ALBERTO FALZETTI
Che bel contributo, Carlo!
Il grande Dante che mai cesserà di dispiegare le le possibili letture della sua opera eccelsa
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Carlo Alberto, che gran piacere averti ritrovato, grazie a SpazioLibero, tu, che ci riporti dal sensibile al sovrasensibile.
Ti rivedo su quel palchetto in via Cencelle, quando ti presentasti per la carica di Sindaco, con il tuo bel parlare, forse “savonaroliniano” per gli appetiti di coloro che erano stati addomesticati con il biscotto del tuo avversario. Che dire, pienamente con te come androgina ,per attraversare perigliosamente in galea il processo dell’ intelletto che diviene ragione, che non è solo hegeliano, ma anche gramsciano.
Pienamente con te, con Sophia che genera Dio, con il codice dell’anima e l’assonanza con Ibn Arabi, con la Himma, l’ immaginazione creativa e il pensiero del Cuore.
Non dimenticare, non dimenticare e mettere in galea l’ ingrato vulgo.
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La grandezza di Dante, per certi aspetti ancora misteriosa ed esoterica, come fai brillantemente notare, lo rende appetibile proprio da chi non ha le chiavi di lettura plurime (oltre alle quattro della Lettera a Cangrande) per comprenderlo.. Grazie del tuo bel contributo Carlo.
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Non so se Dante avesse rapporti col catarismo (come pare avesse invece il suo amico Cavalcanti), di certo però era in grande sintonia con la poesia trobadorica e in particolare con Arnaut Daniel (che incontra nel Purgatorio). E i trovatori coltivavano una dottrina della redenzione affine a quella catara: la loro dispersione avviene subito dopo la crociata antialbigese.
Il tema è comunque affascinante e mostra quanto ancora l’opera dantesca debba essere studiata per coglierne i profondi significati.
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