Dall’Everest alla “felicità interna lorda” del Bhutan. Un discorso di “radici”
di PAOLO BANCALE ♦
Le religioni, queste diffuse credenze in miti etnici o cosmologici, hanno in genere anche imposto regole di vita derivate da precetti e massime contenuti nelle loro scritture canoniche, altrimenti dette con maquillage filologico “sacre”. Questo aspetto comportamentale o morale nel tempo è poi divenuto prassi, tradizione e forma mentis delle popolazioni interessate, giustificandone le rispettive differenti “storie”. Per esempio, l’Estremo Oriente ha fortemente assorbito il messaggio buddhista del “non attaccamento”, del superamento dell’Io, del riconoscersi negli altri, che ha modellato quei popoli. Quel narcisistico senso di gratificazione che noi occidentali troviamo nella fama, in privilegi, ricchezza e potenza personali, lì sono sentiti come disvalori che portano prima o poi a sofferenze o disagi interiori, precorrendo l’Inconscio freudiano.
Un caso emblematico è quanto avvenuto in Bhutan, dove volli andare scendendo l’Everest per esserne io stesso testimone critico: un piccolo antico regno di cultura buddhista appollaiato tra le cime dell’Himalaya ove il re, già monarca assoluto, si è spontaneamente auto deposto(!), dando al suo popolo una costituzione liberale ed un assetto di piena democrazia, lì finora ignoti. Egli, senza alcuna influenza dei filosofi utilitaristi inglesi, né degli illuministi francesi e tedeschi, né delle istanze marxiane , ma all’unisono, senza conoscerlo, col pensiero di Jeremy Bentham, ha ritenuto che la sua felicità dovesse corrispondere a quella dei suoi concittadini. Intervistato da un inviato del Financial Times egli ha detto (confermandolo poi anche a me in un nostro colloquio):”La felicità interna lorda è molto più importante del prodotto interno lordo”, spiegando che il potere del messaggio buddhista ricorda di continuo a se stesso il carattere transitorio di ogni cosa nel cosmo, incluso il micro-cosmo proprio, ed investe nel perseguimento empatico della “non sofferenza” altrui.
Non a caso, poi, si scopre che il Bhutan è il paese con il tasso di suicidi e di AIDS più basso al mondo.
E l’Europa? L’antica Atene “inventò” la democrazia, ma dopo l’avvento del cristianesimo, con le sue origini giudaiche, la credenza religiosa cristiana una volta preso il potere derivante da Roma, che tipo di imprinting dette ai popoli europei? Le loro scritture esibivano messaggi molto problematici: un dio giudaico che ordinava di ammazzare tutti gli abitanti di Gerico peggio di Marzabotto o Katin, ovvero di sgozzare un figlio, un semidio cristiano che divide e settarizza enunciando che chi non è con lui è contro di lui, e che lui è venuto non per portare la pace ma il fuoco e la spada! Questi ed altri precetti, anche molto crudeli, nei secoli hanno fatalmente costruito una data macchina psicologica del potere assoluto. Inizialmente Teodosio creò le premesse politico-confessionali per le tante crociate, massacri e feroci tribunali ecclesiastici, mentre in seguito l’Europa, la nostra civiltà, metabolizzerà il piacere della fama, dei privilegi, della ricchezza e del potere, producendo i tanti potenti, raffinati e assolutisti Filippo II, Enrico VIII, Luigi XIV, lo zar Ivan, il papa Borgia, con tutti i loro sfarzi, dispotismi, repressioni, disuguaglianze, ricchezze, guerre di conquista, colonialismo e tratta degli schiavi e innanzi tutto il loro potere “in nome e per volere del loro dio”. Come dire irrevocabile perché ontologico.
Anche tutto ciò fa ovviamente parte delle radici giudaico-cristiane dell’Europa. E il tutto sarebbe ancora in auge se quei philosophes del XVIII secolo non avessero costituito il turning point della storia culturale, etica, politica e giuridica dell’Europa con la riappropriazione dell’Uomo, dell’uomo qualunque moderno, del suo destino, un uomo e un umanesimo molto più apofatico che prescrittivo. Se le radici furono prima, ahimè, giudaico-cristiane-mediorientali, il riscatto, il salto di qualità liberale, democratico, umanistico si chiama Illuminismo, la vera “radice” di tutto il mondo occidentale moderno e di noi stessi.
Sia detto grazie al on Liberty di Stuart Mill e a chi, anche per noi posteri, cantò vaticinando Liberté, Egalité, Fraternité.
PAOLO BANCALE
14 – maggio – 2022 (data non casuale)
🙏🙏🙏per il Buddismo.
Per il pensiero liberale propendo per l’egalite’.
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La Quarta Nobile Verita’ci indica l’Ottuplice Sentiero. Il terzo precetto del Sentiero è la Parola (Vaca) che ci invita ad evitare tutte le espressioni che possono produrre contrasti invocando la “compassione” (Karuna) quale partecipazione all’altrui dolore ma anche la partecipazione alla gioia altrui (Mudita) e , sopratutto, l’equanimità ( Upekka) ovvero il rispetto dell’altrui pensiero.
Sono con te in accordo circa il peso storico della “Chiesa la Piccola”.
Sono con te in accordo circa il dramma marcionita dell’invadenza veterotestamentaria.
Non sono con te in accordo circa il ruolo della “Chiesa la Grande” (rubo concetti tali da Margherita Porete, non a caso).
Esiste una filosofia perenne quale fiume carsico che in taluni momenti si fa visibile ma che scorre nell’ombra. Questo fiume non ha tempo che lo frammenta. Non ha spazio che lo differenzia. E’l’antico e perenne sforzo verso l’incognito, verso il mistero dell’esistenza.
Certo il fiume carsico ha vari rami ma nel punto della foce i rami si riunificano affluendo nel Grande Mare.
Proviamo a dare un nome alle derivazioni del fiume?
Plotino (En), Vedanta (Atman), Kabbalah (En Sof), Taoismo( Vuoto Supremo), Sufismo( Esistenza Assoluta), Mistica cristiana (Pneuma- Dio)..
Si deve constatare che ogni relativo per essere tale deve avere un assoluto. Ogni assoluto per essere tale deve avere un relativo.Ciò significa che come il relativo non può esistere senza l’assoluto così anche vale il contrario: ciò significa che all’inizio non può esser posto nè l’assoluto nè il relativo ma:
LA LORO RELAZIONE.
Un arguto osservatore potrebbe notare come nei rami del fiume sopra elencati non figuri il Buddhismo.
Certamente! Gautama inorridiva circa l’atman. Il suo credo è an-atman (anatta in pali).
Ma, detto questo,come non essere meravigliati ed in perfetto silenzio di fronte alla grandezza dell’etica del Tathagata che tanto richiama lo stupore kantiano.
Come sempre Amicus Plato, sed magis amica veritas!
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Ho letto con molta attenzione questo articolo che mi ricorda il mio viaggio del 1997 nel Nepal, nazione non molto lontana dall’Himalaya, nella Regione del Mustang, dove sono andata insieme ad un gruppo di turismo equo -solidale. In quei luoghi il buddhismo rappresenta non soltanto una religione ma soprattutto una filosofia di vita alla quale, dopo quell’esperienza mi sono avvicinata. Se è vero che il cristianesimo nasce da radici giudaiche, il messaggio di Cristo, diffuso anni dopo con i Vangeli, gli Atti degli Apostoli, insomma il Nuovo Testamento, ribalta la figura di un Dio punitivo, vendicatore e violento. Non sono convinta che” il narcisistico senso di gratificazione”, o la forte aggressività di noi occidentali nasca soprattutto da quelle lontane radici, basta indagare nella storia delle altre religioni, ma da un comune denominatore tra i più importanti dell’animo umano: l’istinto di sopravvivenza che nei secoli ed attraverso le religioni, è stato forgiato, indirizzato, modificato, dal desiderio e dalla ricerca dell’uomo verso il trascendente.
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l’Anonimo sono io, Marina Marucci
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