“AGORÀ SPORTIVA” A CURA DI STEFANO CERVARELLI – Avenue Lobanovoskj.

di STEFANO CERVARELLI

Indubbiamente nella storia e nella cronaca dei massacri che si stanno perpetuando in Ucraina quello che andrò a raccontare occupa un posto indubbiamente di secondo piano, in fin dei conti si tratta “solo” di un palazzo centrato, con “due soli morti”(stando alle prime notizie), mentre altre bombe sono cadute sulla via riducendola in un cumulo di macerie.

Niente di eccezionale dunque  all’interno d’un bollettino quotidiano che vede ben altri danni, ben altre catastrofi.

Si dà il caso però che quel palazzo si trovava in Avenue  Lobanovoskj al numero 6A.

Ora sappiamo  quanto i russi – gli ucraini non sono certo da meno – hanno uno spiccato senso di identificazione  con le vie e vivano  con queste in una specie di  affettiva  sintonia che li porta, oserei dire, a integrarle, farne partecipi della loro storia, un simbolo di distintivo quasi a sottolineare l’appartenenza, l’orgoglio di essere nati o di vivere in quella determinata via.

Di questo ne troviamo riscontri nei classici russi, dove è difficile non trovare che ai  nomi dei personaggi nella loro inquadratura storica – sociale non venga citata il nome di una via.

Via Lobanovoskj non  è per gli ucraini, e per gli abitanti di Kiev in particolare, una via uguale alle altre, no, si tratta di una via entrata nella storia della città a perenne ricordo e memoria  di Valery Lobanovoskj (1939- 2002) allenatore dell’URSS ma, più che altro, allenatore della mitica Dinamo Kiev e per gli abitanti di questa città era motivo di orgoglio, un vanto abitare lì, essere nati lì.

Credo che questo sia un sentimento che accompagni un po’ tutti noi; chi non è legato alla via dove è nato, dove ha mosso i primi passi, quella via che rappresentava tutto il mondo? E questa constatazione, insieme alle scene tristi degli sfollati, non può non portarci con il pensiero ai nostri concittadini che, nel bombardamento che colpì Civitavecchia, hanno visto venire giù le case della loro infanzia, i luoghi entrati nei loro affetti.

Lobanovoskj Avenue è una lunga via di Kiev,  a scorrimento veloce, con tre corsie per ogni senso di marcia: bersaglio facile per i russi. Infatti lì è arrivato uno dei primi sfregi inflitti alla città: strada colpita, palazzo distrutto, morti.

Come poi ripetuto in successive occasioni i russi hanno incolpato gli ucraini di essere stati loro a colpire il grattacielo specificando però – bontà loro – per sbaglio. Sarò di parte, e non lo nascondo, ma io credo più alla versione degli ucraini quando sostengono esattamente il contrario, ma non aggiungendo il…. “complemento di modo”.

Come detto prima non è quella una strada qualsiasi per gli ucraini; qualunque altra via, al di là del risentimento per la perdita di vite umane, non avrebbe suscitato la stessa reazione di rabbia accompagnata a quella d’impotenza per la distruzione  di QUELLA strada.

Valery Lobanovoskj era stato l’allenatore che aveva fatto grande la Dinamo Kiev e la nazionale dell’Unione Sovietica portando entrambe le compagini a grandi successi.

Nato proprio a Kiev, nel pieno del regime staliniano, si laureò in ingegneria al Politecnico   di Odessa, altra grande città che sta vivendo giorni angosciosi.

Lobanovoskj entrò poi nell’Armata Rossa raggiungendo il grado di colonnello; aveva del calcio una conoscenza ed un’interpretazione che andava oltre le nozioni di allora; fermo sostenitore dell’importanza della preparazione atletica sottoponeva i suoi giocatori ad allenamenti massacranti con ripetute, una metodologia di allenamento che consiste nell’effettuare più volte una determinata distanza (che può cambiare, secondo gli scopi) variando tempi di percorrenza, pause e recuperi; generalmente vengono effettuate in piano,  lui invece le faceva fare su  salite  con dure pendenze. Nelle sue squadre la forma fisica e la disciplina costituivano la prima forma di selezione, tanto che si diceva, applicasse ai giocatori le stesse regole dell’esercito sovietico.

Duro? Certo. Severo? Senza dubbio, ma con lui alla guida la Dinamo Kiev ha vinto due Coppe delle Coppe, una Supercoppa  Uefa ed un notevole numero di titoli nazionali

Ai suoi ordini sono cresciuti tre giocatori ucraini vincitori di Palloni d’oro: Bloklin, Belanov e Shevchenko.

Pur fermo  nella sua disciplina ferrea l’allenatore ucraino non  si isolava nelle sue idee, anzi..

Fu uno dei primi tecnici ad applicare al calcio la tecnologia e la matematica, in stretta collaborazione del professor Anatoly Zelentsov, Presidente dell’Istituto di Scienze Fisiche  di  Dnipropetrovsk.

Oggi restiamo ammirati a vedere il famoso “genpressing” attuato dalle squadre di Klopp ma già allora, mezzo secolo fa, Lobanovoski adottava quello stile di gioco facendo effettuare ai suoi un pressing ”alto” feroce,  ripreso, pochi anni dopo, dagli olandesi  con  il  loro famoso calcio totale.

Con lui alla guida i sovietici arrivarono alla finale dell’Europeo 1988, perdendo  proprio contro l’Olanda per colpa di Van Basten che realizzò in quella partita, a detta degli esperti,  il suo gol più bello: e di gol belli Van Basten ne aveva fatti!

Al tempo in cui il colonnello (così veniva chiamato) prese la guida della nazionale CCCP, venne forgiata subito una battuta: ”L’URSS è la Dinamo Kiev indebolita da qualche giocatore del resto dell’Unione Sovietica”.

Da tecnico ha vinto 33 trofei, diventando il terzo allenatore più vincente della storia; figura simbolo dell’Unione Sovietica, oltre che eccellente allenatore fu anche un ottimo propagatore del suo sport tanto che nel suo periodo alla guida della nazionale i ragazzi tesserati passarono da sei a trenta milioni contribuendo a fargli  meritare il titolo di più importante allenatore della storia del calcio sovietico.

Valery Lobanovskj è morto a 63 anni, nel 2002, a causa di un’emorragia celebrale.

Gli ucraini erano molto orgogliosi del loro allenatore perché, seppur essendo un territorio e un popolo che aveva fatto parte  dell’Unione Sovietica, avevano mantenuto inalterato il loro spiccato senso nazionalistico cosicché, quando acquistarono l’indipendenza, Valery Lobanovoski  divenne ”Il grande allenatore dell’Ucraina”, con tanto di via centrale a ricordarlo.

Dio non voglia che quel Paese riperda la sua indipendenza e sebbene ora Lobanovskj Avenue  non c’è più, ridotta ad un cumulo di macerie, la memoria, nonostante le bombe, non è andata distrutta, giace lì sotto, ma un giorno gli ucraini spaleranno via le macerie, rimetteranno la targa e torneranno ad identificarsi con quella via  perché Lobanovskj Avenue  sarà sempre la frontiera della loro libertà.

STEFANO CERVARELLI